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Il giovane favoloso (Mario Martone, 2014)
Creato il 05 novembre 2014 da Athenae Noctua @AthenaeNoctuaNel film ho colto lo spirito del pensiero di Leopardi, quella riflessione a torto e troppo sbrigativamente giudicata depressa, come se il pessimismo denotasse un desiderio di morte anziché un bisogno di costruire e cercare qualcosa di più bello, anche se solo nell'arte. In Leopardi e nel Leopardi di Germano-Martone c'è, invece, la vibrante vitalità di un animo represso nelle sale di un palazzo soffocante, dal bigottismo e dalla durezza della madre, dall'egoismo del padre, dall'ottusità di certa parte del suo pubblico (straordinaria, in tal senso, la scena ambientata nel Gabinetto Vieusseux con il sarcastico cammeo di Niccolò Tommaseo) e dalla costante frustrazione del suo bisogno d'amore, quel desiderio più intimo dell'uomo che Leopardi confida al maestro classicista Pietro Giordani (Valerio Binasco), ma che la sorella Paolina (Isabella Ragonese) e l'amico Antonio Ranieri (Michele Riondino) colgono soprattutto nei suoi silenzi e attraverso le pagine delle sue liriche e del suo Zibaldone.
Nonostante i tagli inevitabili di parti importanti della vita del poeta, come il viaggio a Roma, e un paio di scene di ambientazione napoletana forse evitabili, Il giovane favoloso si presenta come un buon film, particolarmente curato nella descrizione degli ambienti e dei costumi e visionario nel tradurre in sequenze quasi oniriche alcuni dei brani letterari, come accade con il Dialogo della Natura e di un Islandese, nel quale le sembianze dello sventurato viaggiatore sono attribuite a Leopardi stesso, come ho sempre immaginato leggendolo. A Michele Martone bastano alcune inquadrature, la rappresentazione di pochi gesti o il cenno ad un verso per completare la narrazione in modo indiretto: agli amanti del pensiero e della poesia leopardiana sorgono spontanee didascalie alle scene non commentate, ai silenzi, ai gesti di Teresa Fattorini (Silvia) che tesse alla finestra di fronte a quella dove Giacomo attende alle «sudate carte», agli sguardi che il poeta rivolge all'amata Fanny (Anna Mouglalis).
La pellicola è una nota di coloro che spicca nel panorama cinematografico italiano per la cura riservata alla ricostruzione del contesto storico (nonostante un'imprecisione poi rimossa) e alle ambientazioni, per il tenore della recitazione, per l'accostamento delle scene e la scelta coraggiosa di giocare sull'alternanza fra momenti di vita e momenti di pensiero, ricordo, allucinazione e sogno, come quando Giacomo, bloccato nel suo tentativo di fuga a Recanati, soffoca il suo spirito di ribellione che, però, urla dentro il suo animo. E poi c'è una colonna sonora perfetta (va bene, io avrei evitato l'inglese, ma non voglio esser pignola), delicata, essenziale, ma che descrive in maniera mirabile sensazioni e sentimenti.
Il giovane favoloso è un viaggio in una breve vita di cui forse nessuno può parlare bene ed efficacemente quanto Leopardi stesso, motivo per cui è particolarmente apprezzabile che il film si sviluppi in così stretta correlazione con le pagine del poeta: in una narrazione così strutturata la recitazione de L'infinito non è un mero ornamento o uno sfoggio di citazionismo, ma un complemento necessario, così come i bellissimi estratti del testo più toccante e profondo di Leopardi che si presentano come un congedo non solo dallo spettatore, ma dalla vita stessa. Nonostante lo spiacevole taglio della chiusa, con il suo accento vitalistico, i versi de La ginestra che ci accompagnano verso lo scioglimento concentrano tutto il senso di sofferenza di una vita tesa al raggiungimento di una felicità negata ma di cui non è mai deposta l'ultima speranza.
C.M.
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