Guardo la locandina del film e già mi commuovo. Sarà che ho il cuore di ricotta ma non posso farci niente: se le mie orecchie sentono nominare Leopardi, mi sciolgo. Mi concedo al dubbio durante l’estenuante attesa, accompagnata da tanti minuti di pubblicità: “forse questo film farà schifo”.
Si spengono le luci e tre bambini, i fratelli Leopardi, iniziano a correre sullo schermo; comincia la catarsi. Martone trascina me e tutto il pubblico nella già poetica vita di Giacomo, l’amico pessimista che nessuno vorrebbe avere. Il rapporto conflittuale con i genitori, i fratelli, Silvia, il Giordani, la fuga dalla stretta Recanati, i salotti intellettuali, l’amicizia con Ranieri e la bella Fanny. Non manca nulla a questo film biografia, neppure un Elio Germano che recita, con sincera passione, i componimenti più belli e significativi di Leopardi (tra i quali spiccano L’infinito, Il dialogo della natura e dell’islandese, La Ginestra). Il linguaggio ottocentesco si sposa perfettamente con l’attualissima colonna sonora (Apparat, ragazzi, Apparat!) creando un connubio inatteso, ma senz’altro gradito. Uno spaccato dolce e preciso del percorso leopardiano, poesia nella poesia. Grazie a questo film si riscopre un Leopardi ribelle e vittima dei pregiudizi dell’epoca, oltre che della rigida morale famigliare. Il giovane favoloso desidera ardentemente venir fuori dalla gabbia, un po’ come tutti noi, ed è forse per questo che riscuote un inaspettato successo.
Tempo ci è voluto ma alla fine si è scoperto che la gente ama Leopardi, e lo ama sinceramente, per via di quella sua innata capacità di descrivere con eleganza cosa risiede davvero nell’animo umano. Insomma, in una distesa infinita di maxi-produzioni hollywoodiane, di pellicole indipendenti e intellettualoidi, di “sovraumani silenzi”, spunta dal nulla una biografia che non lascia lo spettatore con l’amaro in bocca. Il consiglio è di non perdervelo, piuttosto perdetevi nell’infinità del giovane favoloso.
E se state ancora storcendo il naso e le ossessioni scolastiche non vi hanno abbandonato, vi ribadisco i tre concetti fondamentali: Leopardi + Elio Germano + Apparat. Detto francamente, non dovrebbe servirvi altro.
Il nostro voto: