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Il giovane Holden di Matteo Colombo

Creato il 26 ottobre 2014 da Thais @la_traduttrice
Il giovane Holden di Matteo ColomboAnche stavolta una premessa: avevo intenzione di scrivere un post confrontando attentamente alcuni passaggi delle due traduzioni principali del giovane Holden, quella di Adriana Motti del 1961 e quella di Matteo Colombo del 2014. Poi però, mentre leggevo, sono stata completamente rapita e quindi buonanotte, ho scritto soltanto un post sul libro in generale, che ho pubblicato sull'altro mio blog, Solo libri belli. Lo incollo qui perché si parla anche di traduzione.

Il fatto che un capolavoro come Il giovane Holden, con tutto l'immaginario che rappresenta, sia stato quest'anno ritradotto da Matteo Colombo è una notizia tutt'altro che trascurabile.

Ritradurre i classici è sempre una sfida e un pericolo, ma tanto di cappello a Colombo: ha centrato in pieno l'obiettivo. Lo dico senza mezzi termini: la sua traduzione è limpida e necessaria.

Avevo letto Il giovane Holden nella traduzione di Adriana Motti intorno ai 13-14 anni, rubandolo a mio fratello e rimettendolo esattamente nello stesso posto sul suo scaffale prima che tornasse a casa, la sera. A tappe forzate quindi, senza potermici abbandonare quando ne avevo voglia, ma forse con un valore aggiunto dato dal sotterfugio (ma non glielo potevi chiedere? mi direte voi, e no, rispondo io, avevo 13 anni, chi li capisce gli adolescenti).

Ecco, chi li capisce? Holden, ovviamente, perché con i suoi sedici anni è ancora un adolescente, un ragazzone alto, già con i capelli bianchi su un lato, stufo di tutto, ma con i timori e le frustrazioni tipiche della sua età. La trama penso la conosciate tutti: Holden Caulfield viene cacciato dalla sua prestigiosissima scuola perché è stato bocciato in quasi tutte le materie (tranne che in inglese, perché gli piace un sacco leggere e via dicendo), ma non può ancora tornare a casa perché i suoi genitori non lo sanno. E così si trova a vagare in una gelida New York, sotto Natale, tra bar squallidi, alberghi, telefonate a vecchie conoscenze - che immancabilmente lo deludono - e solitudine estrema. Solo la sua sorellina Phoebe è all'altezza delle sue aspettative: arguta, intelligente, sicuramente bambina ma anche un po' mamma, affezionata al fratello quanto lui lo è a lei. Holden non sa cosa vuole, non sa cosa gli piace, ma guai a farglielo notare, perché si deprime facilmente. Un adolescente fatto e finito, insomma. La sua avventura è tragicomica, amara ma divertente, vivace ma serissima.

E il bello è che Matteo Colombo l'ha reso davvero un ragazzo di oggi, anzi, senza tempo, senza tutte le espressioni datate della prima traduzione, come il celebre "e vattelapesca", anche perché - mentre leggevo ho sbirciato sia la traduzione di Motti sia l'originale - Holden non parla affatto in modo ricercato. I vari "e via discorrendo", "e vattelapesca" erano espressioni semplici come "and all". Semplicemente ha le sue manie linguistiche, come tutti gli adolescenti usa spessissimo certe espressioni cui è affezionato (prontamente riprese dalla sorellina, che, è il caso di dirlo, mi fa morire).

E quindi questo "nuovo" Holden è davvero giovane, davvero fragile, davvero unico e allo stesso tempo universale, fresco e vivido come se fosse vissuto l'altroieri anziché nel 1951. A tratti è commovente, dolcissimo, altre volte è scontroso e incomprensibile, ammette di comportarsi come un dodicenne ma non riesce a farne a meno. L'Holden che avevo letto quand'ero io stessa adolescente mi aveva affascinata, ma non era così vicino, così immediato, così vero. Era un ragazzetto snob e ricco di famiglia, che si lamentava di tutto e parlava in modo artificioso.

Unico appunto: anziché spendere soldi in fascette, io avrei messo il nome del traduttore in copertina. A parte questo, come dicevo avrei voluto analizzare la nuova traduzione, ma non ce n'è bisogno: molte parole sono già state spese su questa riuscitissima operazione, e mi limito a segnalarvi gli interventi più interessanti:

Divertente carteggio tra Matteo Colombo e l'editor Anna Nadotti
Intervista a Colombo su Il Mucchio
[...] Ogni tanto mi rompo di sentirmi dire che devo comportarmi come uno della mia età. Certe volte mi comporto come se fossi molto più grande, giuro, solo che a quello la gente non fa caso. La gente non fa caso mai a niente. Intervista a Colombo su rivista Studio
Confronto fra le due traduzioni su Linkiesta

Spero davvero che gli adolescenti di oggi abbiano voglia di mettersi nei panni di Holden, almeno per un pochino, perché non sono poi così diversi dai loro.


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