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Il Giovane Holden, un Mito d’Altri Tempi

Creato il 31 gennaio 2012 da Dietrolequinte @DlqMagazine
Postato il gennaio 31, 2012 | LETTERATURA | Autore: Marina Alario

Il Giovane Holden, un Mito d’Altri TempiEra il 1951 quando in America veniva pubblicato The Catcher in the Rye di J. D. Salinger (la versione italiana, frutto del lavoro di Adriana Motti, pubblicata nel 1961 da Einaudi, fu intitolata “Il giovane Holden”, a causa dell’intraducibilità del titolo originale). Ebbe immediatamente un insperato successo che durò per molti anni. La storia è semplice, senza colpi di scena spettacolari. Si parla di un ragazzo che è stato espulso, per scarso rendimento, da una prestigiosa scuola vicino New York. Dopo il litigio con il suo compagno di stanza, decide di lasciare l’istituto qualche giorno prima delle vacanze di Natale, per “prendersi una pausa” prima di dovere affrontare i suoi genitori. Alloggia in una stanza di un albergo della Grande Mela e per un fine settimana vagabonda per la città. Si ubriaca, ha un approccio con una prostituta che non va a buon fine, esce con una sua amica e le propone di fuggire lontano, nel Connecticut e iniziare una vita insieme. Ciò che più colpisce del romanzo è il linguaggio. Salinger riesce a riprodurre lo slang tipico di un adolescente negli anni Cinquanta, facendo però in modo che sia efficace anche dal punto di vista letterario. Holden ripete in maniera quasi ossessiva dei modi di dire e degli aggettivi. In particolare, definisce phony (fasullo, pallone gonfiato) tutti quelli che si danno delle arie, che sono assoggettati alle regole della società borghese e non fanno niente per uscirne. Nell’altra faccia della medaglia ci sono i nice (simpatici, dolci), impersonati il più delle volte da bambini, che usano la fantasia e non vengono meno a loro stessi. Ciò che spicca maggiormente nel carattere del protagonista è la sua spiccata sensibilità. Holden non si ferma all’apparenza delle cose, ma cerca di indagare in profondità. Ci sono parecchi esempi di questo nelle 248 pagine del libro: pensando al lago di Central Park, si chiede dove vadano a finire le anatre quando in inverno l’acqua diventa ghiaccio; o quando incontra Sunny, una giovanissima prostituta, diventa maledettamente triste pensando alla vita sventurata della ragazza.

Il Giovane Holden, un Mito d’Altri Tempi

Holden è stato per decenni l’icona di generazioni che non volevano fermarsi in superficie, che avevano voglia di rompere con la società borghese e con le sue regole. C’è da chiedersi, però, se sia un mito ancora ai giorni nostri. Quando ho letto il libro, in verità, mi sono riconosciuta più nei phony. Ho pensato che Holden si può permettere di giudicare e disprezzare le università prestigiose, i vecchi professori, i professionisti che pensano solo a fare soldi, perché il suo status (è figlio di un famoso e ricco avvocato) glielo consente. Si lamenta della falsità degli adulti quando lui stesso non è in grado di fare un discorso sincero con nessuno (a parte la sorellina Phoebe). Ad un certo punto del romanzo Holden dice che un libro è un capolavoro se quando finisci di leggerlo vorresti che l’autore fosse un tuo amico per potergli fare una telefonata. In questi anni chissà quanti, dopo avere letto l’ultima frase de Il giovane Holden avrebbero voluto fare quattro chiacchiere con Salinger. Gli avrebbero chiesto se Holden era lui, se avrebbe davvero voluto fare “l’acchiappatore nelle segale” (traduzione letterale del titolo inglese), se sapeva dove andavano le anatre di Central Park quando il lago è gelato. Purtroppo l’autore non era molto interessato al suo pubblico e dal 1953 alla sua morte, avvenuta nel 2010, si è rinchiuso in un totale isolamento e dagli anni Sessanta non ha più pubblicato nulla. Un personaggio ed uno scrittore, quindi da leggere e da capire, in un romanzo che, al di fuori del mito, resta, e lo sarà per sempre, un capolavoro.



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