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Il giovane maschio gay italiano omologato

Creato il 09 agosto 2012 da Marvigar4

giovane gay italiano omologato

 

   Chi è il giovane maschio gay italiano omologato? È un soggetto nato nella seconda metà degli anni ’80 e prima metà dei ’90, ha quindi un’età che va dai 17 ai 27 anni. Figlio del disimpegno berlusconiano e del fallimento politico dell’associazionismo gay del nostro paese, non possiede quella carica rivoluzionaria e provocatoria dei ragazzi gay degli anni ’70 e ’80, che avevano davvero fame di cambiamento e avvertivano la possibilità di incidere sul tessuto sociale con la protesta, con la trasgressione. Poi, si sa come sono andate le cose dall’89 fino all’entrata in campo del Cavaliere…

   Oggi l’esercito di queste nuove leve gay si adagia su pose e mode organizzate da altri, dai manager dell’entertainment gayo italiano, ai facitori di tendenza che giocano a livellare stili, fogge, abiti, atteggiamenti, persino i costumi sessuali (se si può definire sesso l’offerta attuale…). Il giovane maschio gay italiano omologato non ha molto da innovare, nasce indolente, viziato, di buona famiglia, profondamente ignorante su tutto ciò che riguarda la cultura omosessuale e politicamente è qualunquista. Se non si perde per strada rischia di diventare un soggetto pericoloso, una mina vagante, un borderline ambiguo, anaffettivo. Gli appetiti sessuali di questi ragazzi non risplendono per originalità, se si facesse un’indagine scientifica sulla loro condotta erotica ne verrebbe fuori un quadro sintomatico e inquietante di quest’epoca: lontani dal fermento intellettuale che li ha preceduti, essi tendono ad essere perlopiù passivi, anche nel ruolo sessuale, a non prendere molte iniziative nella cosiddetta drague, volgarmente traducibile con il verbo “cuccare”, a lasciarsi rimorchiare, o perlomeno a godere del corteggiamento altrui. Talvolta non combinano niente, non “trombano”, però si perdono volentieri nella virtualità rassicurante delle nuove tecnologie che li protegge e li intorpidisce.

   Entrare in uno dei locali gay alla moda equivale ad incontrare i cliché che contornano questi giovani gay omologati: kitsch nell’architettura e negli arredi, Drag Queens a profusione, spettacolini di basso profilo, vezzi en travesti piuttosto grossolani, ragazzi a torso nudo che esibiscono un po’ di palestra, checche cubiste che si dimenano e se la tirano, PR reclutati secondo il dettame asfittico del manager, ossia bella presenza, abbronzatura perenne, fisico in vista, disinvoltura affettata ed eloquio elementare. E poi, in questo ghetto postmoderno, non resta che osservare il comportamento dei veri e propri giovani gay italiani omologati. Si fotografano molto con l’Iphone, con il cellulare, per pubblicare il tutto sul proprio profilo facebook ed avere i “mi piace” con relativi commenti degli “amici”; talvolta si fanno anche irretire e trascinare in qualche sfregamento momentaneo, in qualche effusione in pubblico, convinti di aver trovato la libertà e la trasgressione che cercavano. Purtroppo, una volta usciti da quei contesti, ritrovano il mondo reale, per niente glitter, tornano a casa, dai genitori, ai quali raccontano frottole, oppure a scuola, contornati dalle solite amichette e da qualche bullo omofobo che li apostrofa con gli usuali “finocchio”, “frocio”, “checca”.

   Il giovane gay italiano omologato non ha la libertà di decidere, nemmeno in ambito sessuale, a parte i video porno che può vedere e scaricare da Internet, gli è mancata del tutto un’impostazione che lo ha reso consapevole della propria identità. Come uno zombie vaga nei locali, nei siti di incontri (gayromeo, me2, gaydar), nei social network, ignaro di un senso da dare a ciò che è, o crede di essere. Non ha un “io” e, quel che è peggio, non ha nemmeno un “noi”. Si diverte a pubblicare immagini vaghe o sognanti o anche qualche foto sconcia, tipo quelle fatte davanti allo specchio del cesso, dice di essere alla ricerca di persone “solari”, ama farsi cliccare, collezionare “visite” sul proprio profilo, promettere incontri che poi non farà mai, dando buca al malcapitato di turno, e si atteggia a stronzo credendosi “figo”. Può essere emo, parodia dei vecchi dark; clubbista, caricatura delle antiche frocie modaiole; sincretico, imitando più stili antichi rivisitati e ammucchiati alla rinfusa. Non fa comunità come gli antichi pederasti o i giovani omosessuali anni ’70 e ’80, è fondamentalmente solo, accompagnato da qualche suo simile o da fan femminili coetanee che lo hanno scambiato per una sorella un po’ eccentrica. Anche i gusti musicali del giovane gay italiano sono stereotipati, eterodiretti: Lady Gaga, l’inossidabile Madonna, le cantanti italiane o straniere, le mielose voci che inducono al torpore emotivo e all’inazione. È mediamente istruito, legge poco e quel poco lo legge male, viene ancora affascinato da The Picture of Dorian Gray, da quell’aura misteriosa che promana dalla scrittura di Wilde, però non conosce il retroterra che ha partorito quell’opera e naviga in superficie attratto dall’insolita, e non sempre ben riuscita, miscela wildiana.

   Alcuni di questi giovani gay italiani omologati possono essere persino nerd, specie gli introversi che scelgono gli studi classici e pedagogici, ma la maggior parte intasa i licei artistici, gli istituti d’arte con l’intento di diventare in seguito stilisti, ideatori di mode (che non ideeranno mai in modo originale), di accessori (il moderno bric-a-brac, Everest del nulla), ecc.. Questi ragazzi amano fare lo shopping, affezionarsi a tutto ciò che è inutile ma costoso, fermarsi davanti alle vetrine di negozi di tendenza, abbigliamento, calzature, ecc., scovare boutique specializzate in eccentricità, in stravaganza, in pacchianeria, sognando di indossare (e talvolta lo fanno) abiti femminili per sentirsi “diversi”. Non sono pochi quelli che cercano di sfondare nel mondo dello spettacolo: un tempo avrebbero cercato di diventare attori, essendo stati il cinema e il teatro italiano il luogo privilegiato per adottare i piccoli pederasti, adesso invece sperano di andare ad Amici o altri talent show come cantanti, ballerini, performer e partecipano ai provini con la benedizione delle famiglie (che fanno la stessa cosa con la figlia aspirante “velina”).

   Tornando alle preferenze sessuali, la passività di questi giovani è una corda tesa verso una terra di nessuno insidiosissima come le sabbie mobili. Le famiglie hanno fallito clamorosamente (e quando mai hanno avuto successo?), non sono mai state pronte ad affrontare il caso di un figlio adolescente che presenta queste caratteristiche, sperano di poterlo scaricare in seguito dopo averlo parcheggiato a scuola o chissà dove. Gli danno i soldi, la paghetta, e credono così di levarselo dalle palle. I genitori di questi piccoli gay italiani pensano ancora a quello che dirà la “gente”, si deprimono e si inalberano di fronte alle menzogne raccontate per coprire uscite serali “equivoche”, però non fanno niente per ascoltare e per venire incontro alle problematiche esistenziali (ammesso che vi siano) del figlio twink. Un tempo si assisteva alla decisione drastica di buttare fuori di casa il ragazzo gay, di rifiutarlo, di considerarlo defunto, oggi si preferisce tenerlo in casa e far finta che non esista. Lo si uccide con l’indifferenza e lo si prepara in modo esemplare alla futura morte sociale. Non ho dimenticato di dire che ne è del famigerato coming out. Non credo che la maggioranza di questi giovani gay si dichiarino, se lo fanno è con quelle poche persone (le note “amiche”) che considerano innocue, ininfluenti, complici. Non ce la farebbero ad affrontare una realtà a viso aperto, costerebbe loro troppa fatica e troppe rinunce. Preferiscono tacere, mentire, sollevare la questione o procrastinarla nella speranza che si risolva da sola.

   Perché abbiamo questo disastro, come mai il futuro di molti giovani gay italiani è così problematico e per nulla rassicurante? A questi ragazzi mancano modelli di riferimento forti, quelli che hanno durano una stagione al massimo; la società che li circonda non li considera e se lo fa cerca di rimuoverli; sono dei senza patria, dei paria a cui qualche imprenditore marpione regala un po’ di spazio per guadagnare soldi alle loro spalle, e sono i soldi dei genitori che si ingannano e vengono ingannati all’infinito (e ben gli sta!). Malauguratamente molti di questi giovani finiscono nelle mani degli sfruttatori che li usano come oggetti per poi rimpiazzarli, sono i nuovi pescecani sparsi nel mondo della moda, dei locali, del mondo dello spettacolo, ecc.. Non parliamo poi degli escort, le nuove puttane, che per permettersi le stronzate sono disposti ad andare anche con i vecchi grassi e ripugnanti, e non parliamo degli “slave” in costante aumento, che lo fanno gratis pur di farlo e sentirsi trattare per ciò che sono, un deserto masochistico di affetto e di empatia.

   Non è un bel ritratto quello che emerge dall’analisi di questo giovane maschio gay italiano omologato, si ha la sensazione che il massacro a cui vanno incontro tutti questi ragazzi non è percepito seriamente da nessuno come un’autentica tragedia nazionale. D’altronde, dopo aver distrutto le famiglie, aver demolito l’economia, aver annientato le speranze, il Regime non ha certo interesse a occuparsi di questi ragazzi, e se ne frega, come fa di solito. Per il Regime essere giovane gay o etero non ha importanza, ciò che conta è spazzare via una generazione e governare ancora per vent’anni o più…

Marco Vignolo Gargini



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