La stagione escursionistica inizia con un tepore primaverile, proprio nell'ultimo dei tre giorni della merla, partendo dalla ligure Rapallo, nel Golfo del Tigullio. Si attraversa la passeggiata sul lungomare, osservando i riflessi cristallini e lo sciabordio delle onde che sembra volerci salutare, dopo la pausa autunnale. Sopra ad uno sperone di roccia, all'inizio della passeggiata Vittorio Emanuele, si erge il grazioso castello cinquecentesco costruito a difesa contro i pirati barbareschi.
Man mano ci si inerpica su scalinate che conducono dentro frazioncine che sono incorniciate da una rigogliosa vegetazione, fra cui spiccano splendide belle fioriture di mimosa, una vera e propria "esplosione" di colore giallo, come quella dei profumati limoni e dei cedri. L'itinerario prevede un giro fra i cinque campanili per giungere a Zoagli e rientrare nella località di partenza. Incantevole la chiesetta di Sant'Ambrogio, raggiunta dopo aver costeggiato piantagioni di ulivi e di castagni, un periplo nella lussureggiante macchia mediterranea, con piante di alloro e rosmarino che adornano ville e casali.
Difficile incontrare tracce di presenze umane al di là di qualche lavoratore addetto a mansioni di giardinaggio, si ode solo in lontananza il fastidioso rombo della automobili su un'autostrada,e il rumore dei passi cadenzati dei nostri scarponi sulle foglie secche e dei bastoni telescopi sulle rocce, che attenuano la fatica dei nostri ritmati movimenti.
Un palo di legno con due assi riporta la scritta rossa "Madonnetta" che affianca San Pantaleo. Prima di proseguire, lo sguardo staziona su statue e incisioni, riprese da ripetuti scatti fotografici. Ci si accorge che cadono gocce di pioggia e subito dopo anche leggeri chicchi di grandine che ci costringono a indossare le giacche a vento, pur con il sole che continua a risplendere. Come non pensare a un segnale divino in questo tour fra chiese che si ergono come muti baluardi di una civiltà che sembra essersi fermata a ritmi arcaici connotati dallo scoccare delle ore, tramite le assordanti campane. Probabilmente si avverte come un'intrusione questo passaggio di una cinquantina di novelli forestieri che profanano il luogo, non si sa bene a quale titolo.
Si giunge a Zoagli dopo che il cielo si è ammantato di un velo di grigiore che agita il mare a tal punto da inzuppare alcuni temerari che si erano avvicinati per carpirne l'intenso profumo intriso di salsedine. Già nell'Ottocento era un centro turistico ambìto da personaggi illustri, come Friedrich Nietzsche, Ezra Pound e il pittore Vasilij Kandinskij.
La prima cosa che si nota arrivando è uno strano edificio, un po' villa un po'fortezza medieval, si tratta del castello Sem Benelli, l'autore del dramma "La cena delle beffe". All'inizio del Novecento, egli troppo fiducioso del successo ottenuto, decise di costruirsi questa eccentrica dimora dilapidando il patrimonio e finì col vivere nella dependance dopo averlo venduto.
Si prosegue per la Chiesa di San Martino e poi per San Pietro di Rovereto. Lo sguardo si perde in lontananza per ripagare la fatica con suggestioni visive e olfattive. Ogni tanto si notano qua e là fiori insoliti, veri e propri tesori di una natura generosa e creativa.
Dopo le località di Costa e Oliveto, si giunge a Cerisola, dove la chiesa sembra essere un simbolo di noi ritrovati viandanti ed è opportunamente consacrata a San Pellegrino.
Il tempo non sembra più promettere nulla di buono quando si arriva a Semorile e alla Chiesa di San Giovanni Battista. Si stenta a credere come possano essere state edificate tutti questi simboli della cristianità in fazzoletti di terra incastonati fra terrazzamenti e pendici boscose.
Dopo aver oltrepassato le località dal bizzarro nome di Sexi Alto e Sexi Basso si giunge, alquanto affaticati, alla cappella di Santa Maria Maddalena.
Il tratto finale di un percorso chi si è snodato su un dislivello di circa 790 metri e una lunghezza di 16,30 chilometri viene percorso sotto una pioggia insistente, per ritrovare Rapallo in una dimensione cupa e spettrale.
Si parte per fare rientro a casa, con alcuni di noi che recano in mano un fascio di ulivi, simbolo di quella pace interiore raggiunta con il giro fra i cinque campanili e, poco dopo averli lasciati alle spalle, ci si accorge che un emblematico chiarore illumina il cielo, esaltando con un fantastico gioco di colori, un tramonto di incommensurabile bellezza.