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Il Giro, la neve e Charly Gaul: com’eravamo e come siamo messi

Creato il 24 maggio 2013 da Giannifalcone @gianfalco

neve al girorepubblica.it

Lo sconvolgimento meteo che ci aggredisce da troppo tempo ha causato perfino l’annullamento di una tappa del giro d’Italia per troppa neve.
Giusto così, niente da dire: i tempi dono cambiati e il ciclismo ha smesso di essere uno sport epico (malgrado l’epo…), ma non posso fare a meno di ricordare un pomeriggio di giugno del ’56.
Stavamo preparando l’esame di maturità e si studiava in gruppo.
La controra giù da noi era già torrida, e mica incoraggiava a compulsare diritto e scienza delle finanze.
In un’altra stanza la radio andava, crepitando la cronaca del giro d’Italia, la voce del cronista concitata, drammatica…
Lassù – sul Bondone, cima a noi sconosciuta – nevica, una tormenta e un tormento senza fine.
Ci accostiamo all’apparecchio, proviamo a immaginare e oltre la grata dell’altoparlante riusciamo a scorgere con la mente quest’omino piccolo salire, pedale dopo pedale, penetrando gli aghi di ghiaccio che gli urtano contro.
E via, fino all’arrivo solitario e noi ancor più strabiliati e increduli nel sentire che oltre il traguardo non può più scendere dalla bici e due poliziotti debbono prenderlo di peso, ghiacciato com’è, e ficcarlo in una vasca di acqua bollente.
Era Charly Gaul, e dopo di lui giunsero solo 44 degli 87 ciclisti che al mattino erano partiti. Fantini arrivò secondo dopo otto minuti; Fiorenzo Magni – terzo a dodici minuti – tagliò il traguardo con una spalla fratturata e tenendo il manubrio con un laccio tra i denti.
Basta guardarsi intorno: oggi di gente così in giro non se ne vede. E non solo nello sport.


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