Gli italiani (almeno una buona parte di loro) fanno presto a innamorarsi del Savonarola di turno. Girolamo Savonarola alla fine del 1400 s’era presentato al popolo fiorentino come il moralizzatore di una chiesa corrotta e simoniaca. Immoralità e corruzione erano per il Redentore di Firenze anche le espressioni del plutocratico predominio mediceo non meno corruttore della Chiesa.
La riforma savonaroliana consisteva anche nel fustigare coloro che tra le sue file ambissero al potere. Il “profeta disarmato”, come lo definì quel gran volpone di Machiavelli, voleva persino far erigere “roghi della vanità”, che bruciassero tra le fiamme gli oggetti di lusso, le opere d’arte che esaltavano la bellezza corporea, o i libri che avvelenavano le menti.
La sua riforma politica mirava a che si instaurassero leggi per le quali “nessuno più per l’avvenire possa farsi capo… nessuno si facci tale che gli altri abbino ad inchinarsi a lui come un superiore”.
Per un certo periodo, il popolo fiorentino s’entusiasmò per questa campagna moralizzatrice, presto però si stancò di questo piagnone che voleva eliminare dalla terra ogni suo naturale piacere. Un giorno, una folla assaltò il convento di San Marco, dove risiedeva il frate, e lo gettò in carcere. Nel maggio del 1498, assieme a due confratelli, Girolamo Savonarola venne processato, impiccato, e bruciato come eretico. E così ebbe termine l’esperienza moralizzatrice del frate toscano.
Per quale ragione il popolo, che fino a un certo punto lo aveva seguito, all’improvviso gli voltò le spalle? Credo che siano stati i suoi eccessi di moralizzazione a convincere il popolo fiorentino ad abbandonarlo al suo infausto destino.
M’è venuto in mente la sorte di questo tragico personaggio perché oggi nella rete e nel paese s’aggira un altro moralizzatore, non della Chiesa, ma della politica, che vuole fare strame di tutti i privilegi della casta evitando accuratamente di lasciarsi contaminare da ogni tipo di contatto. Questa ondata moralizzatrice alla Savonarola l’ho letta persino nel commento che una di loro, capogruppo alla Camera dei Deputati, ha fatto davanti allo sfarzo del Quirinale: troppo lusso, pare che abbia detto.
Ovviamente, come è noto, la storia si ripresenta in due modi: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa. I nuovi savolaroniani, che lottano contro una casta politica corrotta e immorale, finiranno un giorno per essere tutti scritturati alla nuova Commedia dell’Arte Italiana, recitando su un canovaccio sorprendente con un pubblico pronti a fischiarli e a gettar sul palcoscenico pomodori e verdura. Sarà il loro modo di voltare spalle agli eccessi moralizzanti del neosavonarola.
Discorso di Girolamo Savonarola
Abolite i Parlamenti (1495): http://cronologia.leonardo.it/poe/predic04.htm