E’ notizia di poche ore fa: l’agenzia americana di rating Moody’s ha cambiato l’outlook della Germania da “stabile” a “negativo”. Questo non significa la perdita della tripla A, giudizio di massima affidabilità sul mercato, ma vale in ogni caso come un forte avvertimento all’establishment tedesco. Dal punto di vista economico, questo significa che in futuro i Bund emessi dalla Germania potrebbero non essere più considerati un rifugio inattaccabile, posizione che hanno finora assunto sul piano finanziario internazionale. Come abbiamo già ripetuto più volte, e come ha ribadito il ministro delle finanze Schäuble nei giorni scorsi, un eventuale crollo dell’Euro o, più in generale, l’aggravarsi della crisi del debito sovrano, metterebbero anche l’economia di Berlino in seria difficoltà.
Il fatto è che ormai le vendite in borsa stanno colpendo l’Europa in quanto tale. Se è vero che si riferiscono a nazioni ben precise, negli ultimi giorni Italia e Spagna, è altrettanto vero che tutta l’Eurozona è vittima di una sfiducia generalizzata, che non può essere spiegata solamente nei termini di un “attacco speculativo”. Sarebbe assurdo negare che una simile dinamica esista, ma è evidente come la situazione dell’Europa in generale stia scoraggiando anche gli investitori “normali” a comprare titoli di Stato delle Nazioni in difficoltà. D’altronde, come si può sperare in una crescita della fiducia internazionale se gli stessi cittadini di Grecia e Spagna corrono alle banche per ritirare i loro depositi, come avvenuto nei mesi scorsi?
Più che sul piano strettamente economico, è sul piano politico che il giudizio di Moody’s è interessante. Esso è un’ulteriore conferma di come non sia più possibile quel confuso alzarsi di voci a proposito degli scenari futuri che l’Europa si troverà ad affrontare: non è pensabile che Draghi (presidente della BCE) dichiari che l’Euro è irreversibile e che non si ritornerà alle valute nazionali ed il giorno dopo Rösler (vice Cancelliere) affermi che la Grecia non riuscirà a tenere fede ai suoi impegni e sarà costretta ad uscire dalla zona Euro, senza peraltro causare grandi danni. In una prospettiva di politica interna si tratta di un’ulteriore conferma della completa inadeguatezza dell’FDP (partito liberale), di cui Rösler è presidente, a gestire la delicata situazione internazionale, oltre alla constatazione di come le posizioni che esprime siano spesso in contraddizione con ciò che la Cancelliera Angela Merkel afferma. In una prospettiva di politica estera, questo clima di totale incertezza si ripercuote negativamente sulla fiducia degli investitoti, rischiando di rendere poco efficaci (almeno nel breve termine) quelle misure di austerità che sono imposte ai governi, le quali hanno un tragico tornaconto a livello sociale.
I casi sono due: o si lavora affinché l’unione monetaria non diventi anche politica, il che significa in primo luogo che il debito sovrano delle nazioni più colpite deve essere condiviso da tutti i Paesi dell’Eurozona, o si dichiara il fallimento del progetto Europa e si torna alle valute nazionali. Nel primo caso, una simile presa di coscienza politica da parte dell’Europa porterebbe quasi sicuramente ad una enorme crescita della fiducia del mercati nei confronti della moneta unica, che sarebbe salvata dalla speculazione e dalla sfiducia di cui è ora vittima . Nel secondo caso, si aprirebbero le porte ad un futuro di instabilità mai visto prima, in cui il malcontento e la povertà che si diffonderebbero tra la popolazione potrebbero causare scenari imprevedibili. Forse è giunto il momento in cui, anche da parte tedesca, ci sia una chiara ed unitaria volontà di salvare l’Europa in quanto tale, nel nome degli illustri predecessori di Angela Merkel che hanno attivamente contribuito a crearla.
Riccardo Motti