il giusto nel suo mondo

Creato il 09 settembre 2010 da Vivianascarinci

[4 divagazioni sull’opera di Simone Pellegrini]

Un antico monaco zen Tan-hsia un giorno decise di bruciare un’immagine lignea del Buddha. Alla domanda se lo facesse per qualche scopo monacale, di preghiera o liturgia lui rispose che lo faceva al solo fine di scaldarsi. Il clima era freddo il fantasma è là. In quel fumo nero subito evaporato. Lo spettro del Buddha non è nella sua pancia o nella sua testa abnorme è in quel vapore, proprio come se la parola non stesse nell’ingranaggio meccanico delle lettere, quanto nella scia fonetica della sua pronuncia. Un luogo dell’anima. Il latrato del cane non è nelle sue fauci ma nell’aria che respiriamo in comune con la bestia. Luigi Cerutti, Fluore

Simone Pellegrini t. m. su carta cm 28×22

La mia esperienza di fronte all’opera di Simone Pellegrini è quella di un  dialogo tra due lingue diverse che arrivano con naturalezza a un tipo di comprensione reciproca tracimando ognuna il supporto della lingua di appartenenza. Nel dialogo con l’opera, ciò che accade è una sorta di Babele compiuta da un miracolo inverso. Questa è la prima eresia che certi segni evidenziano ancor prima che una visita accurata li realizzi significare una teoria di anfratti metafisici che raramente si riesce a vedere elencati così minuziosamente su carta.

Nella coralità delle realizzazioni magniloquenti di Jus si avvera l’alchimia che trapela lo studio di un mezzo con cui rendere evidente  non un linguaggio  grafico ma la resistenza di una lingua che è in atto da prima del segno che la dice. Si vede un atto creativo che rispettandosi allo stremo, non permetta al proprio stremo di forzare l’opera. Ciò che l’artista traccia è qualcosa di estremamente giusto nel suo mondo. Qualcosa come a divulgare la possibilità che ogni sé ha un innaturale allocato in quell’antro familiare e pochissimo rassicurante che chiamiamo natura. Pellegrini attraverso il suo segno ripristina una visione di questa natura in quanto stante  a prescindere, lasciando che una cosmologia introflessa la venga a determinare nel punto di appartenenza neutrale che possa dirsi di nessuno, neanche di chi la riproduce pur mantenendosi nella religiosa osservanza di quel credo ossesso che è la natura dell’artista.  

continua … 


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