La decisione del Governo ucraino di interrompere i negoziati di avvicinamento all’Ue ha colto di sorpresa i burocrati di Bruxelles e i rappresentanti di molte cancellerie europee. Ma com’è possibile, avranno pensato costoro, che qualcuno si rifiuti di entrare nel nostro immenso paradiso comunitario? Forse, proprio perché il presunto Eden europeo è un inferno in rovina dove chi entra deve lasciare fuori ogni speranza.
I dati sulla situazione economica dell’Ue sono impietosi, all’orizzonte non ci sono che recessione e disoccupazione, a causa di scelte scellerate, finanziarie e politiche, che stanno minando le basi di ogni sistema-paese facente parte dell’edificio comunitario. Si salvano in pochi da questo abisso di crisi e di depauperamento sociale e quei pochi che resistono non sono disposti a dare una mano a quelli che arretrano ed arrancano. Telefonare in Grecia e chiedere di Atene per “sconsolarsi”. Tuttavia, ci è difficile immaginare che i caporioni europei abbiano realmente creduto, anche soltanto per un istante, d’imbarcare Kiev sulla bagnarola comunitaria senza sparare almeno un colpo d’avvertimento. Non avrebbero spaventato nessuno ma almeno sarebbero stati più credibili. Si è trattato soltanto di una pesante provocazione contro Mosca la quale mai e poi mai si sarebbe lasciata strappare una costola della sua storia per vederla apparire sulla bandiera più brutta del mondo in forma di stella gialla e su uno sfondo blu.
Diciamo la verità, il gran rifiuto se lo aspettavano eccome, ma si voleva cogliere l’occasione per gettare altro fango sul potente vicino russo, la cui prevedibile opposizione sarebbe diventata un’altra occasione per stigmatizzare le sue mire imperiali, quelle che impedirebbero a tutto il Continente di vivere in pace e democrazia come Dio d’Oltre atlantico comanda.
Eppure, la considerazione dei fatti e degli avvenimenti del passato, un po’ di studio della geografia, nonché l’analisi dei rapporti di forza, avrebbero aiutato i nostri leader ad evitare l’ennesima brutta figura. Ma non si può pretendere di più da certi somari teleguidati a distanza di Oceano. Ricordate la Merkel che durante una visita al liceo Friedensburg-Oberschule di Berlino cercava come una disperata sulla carta geografica la capitale tedesca arrivando a collocarla in Russia, facendo ridere grandi e piccini? Questo è il livello dei capi europei, poi però l’impresentabile è Berlusconi che almeno è in grado di cogliere le differenze tra una giovane figona ed una culona inchiavabile.
Ecco, questi sarebbero i migliori leader che passa la fase, quelli che senza conoscere lo spazio in cui vivono si ergono ad esperti di geopolitica. Siamo nelle mani di incapaci che ci porteranno alla rovina. Ma torniamo all’ingenuità di cui sopra. Come scrive Zbigniew Brzezinski “senza l’Ucraina, la Russia cessa di essere un impero, ma con l’Ucraina resa subalterna e poi subordinata, la Russia diventa automaticamente un impero”. Con questi presupposti, soltanto minacciando una guerra o ricorrendo ad una pioggia di missili, si poteva pensare di sottrarre Kiev all’egemonia di Mosca. Se questo non è stato un passo da dilettanti o, peggio ancora, da autentici provocatori non so cos’altro possa esserlo.
Qualcosa di quel paese posso raccontarla, essendoci stato ed avendo sposato una bellissima donna di Donetsk, grande città della parte orientale dell’Ucraina. La nazione è praticamente divisa a metà, ad est parlano russo e si sentono legati alla cultura russa, parlano anche ucraino, ma come seconda lingua e non così bene come ci si aspetterebbe, tanto che quando abbiamo preparato i documenti per il matrimonio, da compilare appunto in ucraino, ci siamo fatti assistere da una sua connazionale della parte ovest.
L’Ucraina per loro è la “Piccola Russia”, gli “orientali” non ritengono il nomignolo offensivo, anzi ne vanno fieri, al contrario della gente di Kiev che è più gelosa della sua autonomia ed identità. Da quel che mi raccontano, ai tempi della rivoluzione arancione, nelle zone dell’est quel colore era bandito e chi lo indossava anche per sbaglio rischiava di essere malmenato. Insomma, più o meno possiamo farci un’idea, la stessa che è sempre sfuggita agli euroburocrati, della complessità di quel popolo e dei problemi che avremmo scoperchiato portandolo nell’UE così rapidamente, soprattutto ci saremmo inimicati la Russia (che è pur sempre un partner strategico per noi), senza alcun vantaggio evidente. Piuttosto, c’è da augurarsi che l’unione doganale, sulla quale ha scommesso l’entourage di Putin, per coordinare le economie degli ex satelliti dell’URSS, si rafforzi e si espanda per il benessere di tutta l’area eurasiatica. Sarebbe un ottimo contraltare alla visione Occidentale che è la causa principale dell’attuale insicurezza globale, generata dal troppo potere di una sola nazione, gli Usa.