Chissà perché gli adulti si affrettano sempre a porre ai bambini, anche piuttosto piccini, la fatidica domanda: “Cosa vuoi fare da grande?”.
Di primi acchito, immaginata in un’ottica adulta, focalizzata sulla funzionalità, la responsabilità e l’efficienza, l’interrogativo mi ispira poca simpatia. Perché accorciare i tempi dell’infanzia, costringendo i bimbi a immaginarsi già al posto dei propri genitori, nonni, insegnanti?
Superando però il mio personale livello istintivo, credo che l’indirizzare, da parte dei piccoli, la fantasia verso una professione futura possa avere due valenze importanti.
La prima affettiva: il lavoro è qualcosa che appartiene ai genitori, alle figure di riferimento. Pensarsi quindi lavoratore fa sentire il bambino più vicino a mamma e papà, che ama, più simile alla maestra o al maestro, che magari ammira.
Si accosta al livello delle persone il cui bisogno di approvazione percepisce come vitale. Si sente con loro, prima ancora che come loro.
La seconda invece è legata al terreno del gioco e dell’immaginazione.
“Facciamo che ero” dice il bimbo e può, una volta pronunciata la formula magica, trasformarsi in qualsiasi personaggio desideri.
Ecco quindi che sognare un mestiere assume un significato simile a quello dell’immaginare tante vite e imprese diverse. Fantasticando si può toccare qualsiasi sponda del possibile e dell’impossibile e il lavoro si sveste del concreto – quel tran tran quotidiano che molti di noi conoscono bene – per abbracciare il terreno dell’avventura, dell’ideale, del divertimento.
Correggendo perfino quelle antipatiche storture che i bambini sono bravi ad osservare quando fanno da spettatori accorti della società adulta.
Credo che esattamente in questa visione si inquadri “Il grande libro dei mestieri”, albo scritto e illustrato da Eric Puybaret e appena pubblicato da Giralangolo nella bella collana Sottosopra, la quale offre una selezione di libri per l’infanzia i quali, oltre a essere di qualità, sono anche liberi da stereotipi di genere e veicolano messaggi di parità nel rispetto delle diversità.
Ancora oggi, purtroppo, ci sono professioni considerate da maschio e professioni considerate da femmine.
Il linguaggio stesso ne è testimone: molti mestieri, anche quando compiuti da una donna, continuano a essere nominati con il sostantivo al maschile.
Inezie? Niente affatto. Purtroppo come parliamo ci dice molto su come pensiamo e la declinazione di un nome nel genere appropriato può indicare che consideriamo parimenti appropriato il ruolo, cioè di valore sia che sia rivestito da un uomo che da una donna.
Piccola parentesi, la mia, per far notare che, sì, in quest’albo è stata prestata attenzione al linguaggio e che il testo, seppure breve, quando presenta un lavoro lo nomina al maschile e al femminile.
Allo stesso tempo, nelle illustrazioni, compaiono bambine e bambini affinché tutti si sentano legittimati sia a giocare con la fantasia per immaginare tante vite future possibili, sia, successivamente, ad impegnarsi in concreto, secondo i proprio personali talenti – e non certo a seconda del sesso d’appartenenza! – per percorrere la strada prescelta.
(Non pensiamo sia una problematica poco attuale. Basta purtroppo guardarsi intorno e ragionare su quanto, anche nei giocattoli che regaliamo ai nostri figli, sia insito un messaggio che orienta e che di fatto legittima la credenza che, ad esempio, i compiti di cura appartengano al genere femminile e quelli tecnici, avventurosi o rischiosi al genere maschile)
Sono temi che mi stanno a cuore ma farei un torto imperdonabile all’albo se mi fermassi a quest’analisi.
Ciò che in realtà mi colpisce in particolar modo di questo lavoro è il trionfo, gioioso, visionario, bizzarro e immaginifico delle illustrazioni.
Tavole ampie, di gran respiro, sulle quali lo sguardo, adulto o bambino che sia, può vagare felice, certo che ogni particolare possa accendere una fantasia, suggerire un indugio prolifico per l’immaginazione. Seguire una traccia, sviluppare una storia partendo dai ricchi dettagli, cogliere una citazione tra le varie disseminate tra le pagine, oppure bearsi dell’insieme, pieno, corposo, della pastosità dei colori, del movimento coinvolgente delle scene.
Sdraiati sul pavimento, col il libro ben aperto tra i gomiti, si viaggia in tanti mondi impossibili.
Si curano, in una sorta di ospedale da campo, animali riuniti a crocchio – giraffe fiduciose che cacciano fuori la lunga lingua, grossi elefanti occhialuti e perfino uno sventurato pellicano con la zampa ingessata – oppure si assemblano mastodontiche torte in una pasticceria affacciata sul golfo delle squisitezze.
E perché non guidare auto velocissime su piste ardite adatte a chi non soffre di vertigini o spingersi fin nel profondo dello spazio per far due chiacchiere con spilungoni omini verdi e visitare le loro strambe città?
La carrellata di mestieri abbraccia i più avventurosi e audaci, quelli che da sempre accendono la fantasia dei piccoli, ma non ne trascura altri, come quello dell’insegnante, che sono scelti per emulare i grandi di riferimento o per sognare di passare…dall’altra parte della barricata.
Ma ovviamente anche la scuola, nelle tavole sognanti di Puybaret, è “diversa da tutte le altre”. Non si entra in classe da una anonima porta ma ruzzolando giù da uno scivolo o arrampicandosi su per ripide scalette, non ci sono muri, si può giocare ed osservare le stelle.
Si è liberi, curiosi e felici, un po’ come gli uccelli che, al pari dei ragazzi, seguono la loro lezione sul tetto.
Gli animali, insieme ai bimbi, sono infatti i protagonisti dell’albo. Volatili, pesci, topi e ranocchie, ma soprattutto dei buffi lemuri (o forse procioni) dal muso affilato che figurano in ogni scena e che rappresentano gli aiutanti tuttofare dei piccoli, compagni d’imprese e di divertimento.
Un albo deliziosamente stravagante e travolgentemente fantasioso, come i sogni e i giochi dell’infanzia. Una piccola miniera portatile di avventure e luoghi fantastici dalla quale lettrici e lettori possono trarre spunto per ampliare i propri, confortati che alla parola mestiere, almeno per del tempo ancora, non farà eco concretezza e responsabilità ma soltanto possibilità e intrepide immaginazioni.(Agli amanti dei cataloghi folli e originali consiglio anche, sempre edito da Giralangolo, “Il libro dei regali straordinari” di N. Choux, E. Géhin, M. Sadat, R. Saillard, tanto più ora che sta arrivando il Natale)
(età consigliata: dai 3 anni)
Se il libro ti piace, puoi comprarlo qui: Il grande libro dei mestieri