Il grande peso in internazionale dell’economia italiana viene occultato dalla mafia dell’euro

Creato il 19 agosto 2013 da Nino Caliendo

Opinion maker come Eugenio Scalfari e Giovanni Floris fanno operazioni di «spudorato terrorismo», perché «spaventavano il pubblico dicendo che, fuori dall’euro, l’Italia avrebbe perso qualsiasi peso economico» e hanno usato espressioni come «finiremmo come il Marocco, o l’Egitto, quei posti lì». Sorvolando sul «retrogusto razzistoide» di frasi di quel genere, che possono far presa «solo su chi ha una totale ignoranza della realtà economica del nostro tempo, e in particolare sul peso specifico del nostro paese nel contesto internazionale», Claudio Martini ricorda che l’Italia «è un paese molto importante, ma sopratutto molto ricco». Peccato che, nell’immaginario collettivo di tanti italiani, il nostro paese resta «una provincia piccola e marginale», che presto sarà «scalzata dalla Thailandia», e che comunque «non può reggere il peso dell’avanzata dei paesi emergenti», quindi deve “fare gruppo” con i cugini europei per resistere alla preoccupante ascesa dei “negri”, membri dell’ex “terzo mondo”. «Corollario: se si esce dall’esclusivo club euro si finisce come il Nord Africa».

Qui non c’è di mezzo solo il classico auto-razzismo degli italiani, sostiene Martini in un intervento su “Il-main-stream”, ripreso da “Come Don Chisciotte”. «Qui gioca un ruolo la mancata consapevolezza dell’incredibile divario che separa i paesi ricchi da quelli poveri». Prendiamo il Marocco: secondo dati ufficiali Fmi aggiornati al 2012, il reddito nazionale lordo del Marocco è di 97 miliardi e mezzo di dollari, mentre quello italiano assomma a 2.014 miliardi. «Avete letto bene: il Pil marocchino è meno di un ventesimo di quello italiano. E non pesa qui il divario di popolazione, visto che i residenti in Marocco sono grosso modo i 3/5 di quelli in Italia (38 milioni contro 59)». E l’Egitto? Inserire questo paese nel novero di quelli “che crescono” sembra davvero improprio, visto l’attuale caos politico-economico. «In ogni caso, il Pil egiziano nel 2012 era di 256 miliardi di dollari: grossomodo un decimo del Regno Unito, e un ottavo dell’Italia – con una popolazione che, secondo stime recenti, supera i 90 milioni».

Il divario resta abissale, continua Martini, non solo tra le due sponde del Mediterraneo. La Francia, con 65 milioni di abitanti, gode di un reddito pari a 2.600 miliardi di dollari, mentre l’intera area ex-sovietica, comprensiva di tutte le repubbliche, incluse quelle del Baltico, ha un Pil complessivo di appena 2.550 miliardi, pur contando più di 270 milioni di abitanti. Altro esempio: due rampantissimi paesi emergenti, Turchia e Iran – quest’ultimo potenza petrolifera, e presto nucleare. «Ebbene, questi due paesi, la cui popolazione complessiva supera i 155 milioni, hanno in due un Pil non superiore ai 1.300 miliardi, non distante da quello dei paesi del Benelux (1.270 e spiccioli; però questi di abitanti ne hanno 28 milioni)». E i vituperati Piigs (più Cipro e Malta) insieme fanno 130 milioni di residenti, ma – nonostante tutto – ancora oggi presentano un Pil complessivo che supera i 4.000 miliardi di dollari. Cifra di poco inferiore (4.100) a quella di cui gode l’insieme dei paesi del continente sudamericano, dalla Colombia all’Uruguay. Sia tra i Piigs che tra i sudamericani, metà del reddito è detenuta da un singolo paese: da noi l’Italia, da loro il Brasile. Eppure, il Sudamerica ha più di 360 milioni di abitanti.

Infine, i due confronti più impressionanti: se si somma il totale dei redditi complessivi dei paesi dell’Africa nera – escludendo quindi l’intero Nordafrica arabo – si arriva a poco più di mille miliardi di dollari, esattamente 1.030: cifra che equivale alla somma dei Pil di Norvegia e Svezia. Solo che, mentre i due paesi scandinavi contano appena 13 milioni di residenti, le stime degli abitanti dell’Africa nera variano tra i 700 e gli 800 milioni. «E questo – sottolinea Martini – nonostante la “potenza emergente” rappresentata dal Sudafrica, o una potenza petrolifera come la Nigeria». Ma il gran finale lo riserva la Germania: insieme alla Svizzera e all’Austria (totale popolazione: 97,5 milioni) il reddito dei paesi germanofoni supera la somma dei Pil di India, Indonesia, Thailandia, Malesia, Singapore, Filippine, Pakistan, Bangladesh, Nepal, Sri Lanka, Vietnam, Laos, Bhutan e Cambogia, cioè tutta l’Asia meridionale e sud-orientale. Le cifre: 4.620 miliardi, contro una cifra compresa tra i 4.550 e i 4.600. «Giova ricordare che i paesi sopra considerati rappresentano un terzo della popolazione mondiale», vale a dire quasi due miliardi e mezzo di persone.

«In buona sostanza, se restiamo attaccati ai dati – conclude Martini – Floris e Scalfari ci hanno detto che, uscendo dall’euro, perderemmo il 95% del nostro peso economico», fino a “finire come il Marocco”, o tuttalpiù l’88% (cioè diventando come l’Egitto). «Affermazioni enormi, paragonabili a quelle di un medico che asserisca che trascurare l’acne porta inevitabilmente al cancro alla pelle». Vere e proprie assurdità, riconosciute però come tali «solo da chi ha una minima cognizione di geografia economica: chi ce l’ha sa che l’Italia, come del resto gli altri paesi europei di grandi dimensioni, è un vero gigante economico; un gigante che non ha avuto bisogno dell’euro per formarsi, e che non scomparirebbe tornando alla propria valuta». Naturalmente, «si può comunque continuare ad affermare che fuori dall’euro conteremmo quanto le Tuvalu». Questa, chiosa Martini, è una tipica profezia che si auto-avvera: «Alla lunga, rimanendo nella moneta unica, potremmo davvero perdere quote di reddito e di ricchezza tali da farci escludere dal novero dei paesi ricchi».

Da: Libre Idee

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