STORIE (Torino). 3 maggio 1949, 64 anni fa, si disputò l’ultima partita del Grande Torino, squadra invidiata da tutto il mondo che il giorno successivo andò incontro al suo destino sulla collina di Superga, alla trasferta definitiva come scrisse un giovanissimo Indro Montanelli, “Gli eroi sono sempre immortali agli occhi di chi in essi crede. E così i ragazzi crederanno che il Torino non è morto: è soltanto “in trasferta”. Nella sera struggente di Lisbona, all’Estadio Nacional, il Torino affrontò il Benfica per onorare il capitano Francisco Ferreira e uscì sconfitto per 4-3.
Molto è stato scritto della leggenda granata e molto è stato scritto di quanto avvenne il 4 maggio, molto è stato visto con i filmati Luce, le fiction TV ma per la prima volta con il documentario “Benfica-Torino 4-3″ realizzato lo scorso anno da Andrea Ragusa e Nuno Figueiredo e da oggi offerto in DVD ai lettori de La Stampa in collaborazione con il Museo del Grande Torino e della leggenda granata, è possibile raccontare la storia di quei giorni vista da Lisbona. Bacigalupo, A. Ballarin, Martelli, Grezar, Rigamonti, Castigliano, Menti, Loik, Gabetto, Mazzola e Ossola la formazione scesa in campo quel pomeriggio per l’ultimo appuntamento e come ricorda Wikipedia.it fu “Ossola, con la collaborazione di Grezar, Menti e Gabetto, ad aprire le marcature al 9′. Dopo dieci minuti i biancorossi prima pareggiano e poi con una doppietta di Melao e una rete di Arsenio chiudono il prima tempo in vantaggio 3-2 (il momentaneo 2-2 è di Bongiorni). Nel secondo tempo il Benfica allunga il passo con Rogerio e all’ultimo minuto Mazzola venne atterrato mentre si dirige verso la porta: l’arbitro decide quindi per il rigore, trasformato in gol da Menti. La partita finisce 4-3″ ma poco conta di fronte a quanto avvenuto nelle 24 ore successive.
Vittoria storica per i benfiquista che conservano ancora la foto del Grande Torino nella loro sede, alla notizia della tragedia migliaia di persone a Lisbona si riuniscono di fronte all’Ambasciata d’Italia, Francisco Ferreira (inconsapevole complice del destino con il suo invito) è segnato per la vita, in Alentejo – come hanno scoperto gli autori del documentario – nel sud del Paese, una squadra di Torrão cambia il proprio nome da Torpedo Torranense a Torino Torranense.
Struggente come il fado, il ricordo che ne esce: una prospettiva diversa di una tragedia.