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“Il Grande Viaggio” by Antonella Caputo

Da Parolesemplici

befanaI miei inverni non sono attesa della neve. Al sud non nevica. I miei inverni hanno l’odore del vapore umido che mi bruciava i polmoni quando, da bambina, prima di cena, salivo sul terrazzo a spiare il cielo. Sì, il cielo!

L’inverno era attesa del mese di dicembre: il cielo, in quel periodo, prendeva vita. Lei cominciava il Grande Viaggio. Partiva chissà da dove, ma senza ombra di dubbio passava sulla mia testa, dovevo solo stare attenta a non lasciarmi sfuggire il momento, e chissà se non passava e ripassava più di una volta.Di sicuro volava solo all’imbrunire, era timida. E così salivo sul terrazzo a spiare il suo passaggio.

Quando ero piccola, io non pensavo a Babbo Natale. La nostra casa non aveva l’onore di ricevere in dono le sue attenzioni, da noi passava la Befana, ché i due si dividevano le strade, così ci era stato detto. Non mi spiegavo perché in alcune case si affacciassero tutti e due, i vecchiardi, ma evitavo di far troppe domande e di indagare altrove, nonostante fossi una bambina piena di curiosità, come se intuissi che la risposta avrebbe potuto non farmi piacere.  E insomma, l’attesa della Befana era un evento che mi metteva un’adrenalina addosso che cominciava settimane prima. E più si avvicinava il momento del suo arrivo più mi prendeva la smania d’incontrarla di persona in. Il colore del cielo sul terrazzo conserva ancora tatto il suo fascino antico. Quel pervinca scuro venato di nero. Ci stavo decine di minuti a scrutare le nubi, i cirri, gli svolazzi, la scia lasciata da un aereo, per scorgerne la sua attraversata. Guarda e guarda finiva che lo vedevo davvero un alitare di capelli sfuggiti al fazzoletto, una virata di coda della scopa, un piede penzoloni. Sì, li vedevo. E mi prendeva una gioia, un’euforia che mi mettevo a saltellare voleggiare gridare per chiamarla e ci credevo!, potesse sentirmi. E non avevo neanche freddo. Ma dopo me ne scendevo dal terrazzo dubbiosa, percorrevo le scale lentamente, mi prendeva la tristezza, salvo poi ripetere esattamente lo stesso copione la sera successiva e ancora e ancora, fino al cinque di gennaio. Ecco, non erano tanto i regali a far speciali quei giorni, ché non c’era una volta fossero quelli richiesti -la Befana dell’Aeronautica era povera, anche questo si diceva- quanto quell’attesa, quel catturare un’istantanea come un ladro che spia la sua preda.

Lo confesso: ancora adesso in certe sere di dicembre con quel cielo così rivolgo lo sguardo verso l’alto e lo lascio vagare tra le nuvole. Un rossore soffuso mi sale sulle guance ma lo so solo io che non sono gli aghi della tramontana.


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