Di questo mondo sempre in cammino, nel quale la carta viene progressivamente sostituita dalla pagina virtuale, “Il grattacielo” di Francesco Capasso, racconto lungo più che romanzo, è rappresentante pieno già nella difficoltà di darne i dettagli che lo rendano identificabile; infatti è un libro virtuale, privo di codice ISBN e viene proposto come autopubblicazione in vendita su Amazon al prezzo lancio di 0.89 euro.
Privo in apparenza, pertanto, di ogni caratteristica che ne possa fare un romanzo di grido, quale potrebbe essere il marchio per un vestito, la grande marca per un elettrodomestico, la nota casa editrice per un libro, lo sponsor importante per uno spettacolo, siamo costretti a farcene un giudizio attraverso delle caratteristiche ad esso intrinseche: forma e, soprattutto, contenuti.
Strano vero, in questo mondo in cui l’immagine e l’apparenza dominano?
Il racconto di Francesco Capasso, alla seconda opera di narrativa dopo “Il silenzio profanato“, è altamente simbolico.
Il protagonista, Gabriel, per poter pagare una multa deve recarsi all’interno di un grattacielo. Nella disperata ricerca dell’ ufficio preposto, Gabriel, grazie a una narrazione veloce ed essenziale e lesto di gamba e di mente, si ritrova molto presto al 91esimo piano.
Da questo momento, ad ogni piano incontra strani personaggi: l’uomo uccello, l’ex impiegato di banca, il collega della morte, la ragazza della concezione, l’uomo che cerca un cane nuovo, l’uomo invisibile, l’inventore, l’invalido, fino a giungere all’epilogo che in realtà è solo l’epilogo del romanzo, ma non l’epilogo della storia.
Gabriel mostra notevoli capacità di ascolto e attenzione: la maggior parte delle persone che incontra sembrano essere destinate a
Sempre sullo sfondo il tema della morte, intesa più come morte dell’anima, delle relazioni interpersonali e dell’interesse verso gli altri che come decomposizione del corpo.
L’autore non si perde in inutili parole, ma va subito al nocciolo delle storie narrate dai personaggi e di ciò che rappresentano, offrendoci ritratti senza colori, come dei disegni a penna, che sarà il lettore a dover colorare, se lo vorrà.
Un libro che non è possibile definire con aggettivi: “bello” o “brutto”, “interessante” o “insignificante”, descrivono concetti che qui non hanno senso: credo, infatti, che l’intenzione dell’autore non fosse quella di provocare l’altrui piacere, quanto un altro più sottile e intrigante: il proprio piacere di indurre il lettore a pensare; e in questo Francesco Capasso è pienamente riuscito.
Written by Annalisa Soddu