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A Mosca il 7 ottobre si è svolta la presentazione del rapporto "Il Caucaso del Nord: difficoltà di integrazione" preparato dal Gruppo di Crisi Internazionale L'organizzazione indipendente di esperti "Gruppo di Crisi" è specializzata nello studio dei conflitti armati in tutto il mondo e dopo l'analisi delle cause elabora una lista dettagliata di raccomandazioni per il superamento dei contrasti.
Il progetto del gruppo per il Caucaso del Nord include una serie di rapporti dedicati a diversi problemi. La questione nazionale, la clandestinità armata, il ruolo delle strutture armate, la crisi di fiducia nel potere, i problemi dell'autogoverno locale – gli autori non solo descrivono ciò che si verifica adesso in ogni concreta repubblica, ma seguono anche le fonti di tensione.
Il voluminoso studio conta più di 200 pagine. Nel corso di un anno e mezzo gli autori del rapporto hanno raccolto materiale in tutte le repubbliche del Caucaso del Nord. I dati statistici, i lavori scientifici, i documenti ufficiali e la parte più importante dello studio – le interviste con centinaia di persone in tutta la regione – hanno permesso di fare un lavoro importante e necessario. Necessario proprio ora, quando 20 anni dopo l'inizio del conflitto armato diventa sempre più evidente: con i soli metodi basati sull'uso della forza non si ferma la contrapposizione armate.
La causa principale del conflitto civile nel Caucaso non si cela nell'estremismo e nel terrorismo, ma nella mancata soluzione di problemi religiosi, politici ed economici, il superamento dei quali dipende direttamente dalla volontà politica del centro federale, – sono convinti gli autori.
Pubblichiamo alcuni estratti del rapporto* e anche una piccola intervista al capo della rappresentanza del Gruppo di Crisi in Russia Ekaterina SOKIRJANSKAJA sulle ultime iniziative legislative sul Caucaso.
Al giorno d'oggi il conflitto nel Caucaso del Nord resta il più sanguinoso in Europa. Nel 2012 ne sono state vittime non meno di 1225 persone (700 uccise, 525 ferite) e nella prima metà del 2013 come minimo sono state uccise 242 persone e 253 ferite. Il livello di violenza più alto è in Daghestan, lo seguono Cecenia e Inguscezia (in quest'ultima la situazione è peggiorata nel 2012).
La crisi del modello di amministrazione "In pratica il modello di amministrazione del Caucaso del Nord si è trasformato in quello che molti abitanti del luogo chiamano "neocolonialismo", in cui il territorio è amministrato da élites designate, che rendono conto ai propri capi, ma non agli elettori locali. Queste assicurano la sottomissione della regione al centro e i risultati necessari alle elezioni e garantiscono alle strutture armate lo svolgimento senza ostacoli di operazioni che sono tra l'altro accompagnate da un uso indiscriminato della forza. Un grande esperto russo di federalismo spiega: "Tutti i distretti federali sono amministrati in modo coloniale, ma quando si aggiungono differenze etniche la sensazione di colonialità si rafforza. Ma una colonia è un luogo da cui si traggono risorse e nel Caucaso si versano enormi mezzi finanziari. Perciò qui vediamo non un sistema coloniale nell'aspetto classico, ma un sistema di amministrazione super-centralizzato che cerca di risolvere i problemi del Caucaso del Nord con un'inondazione di denaro". "Le regioni del Caucaso del Nord si trovano in stato di forte dipendenza finanziaria dal centro. Ma al contempo gran parte delle entrate fiscali vanno al bilancio federale, attraverso cui sotto forma di sussidi si ridistribuiscono nelle regioni. L'ex presidente Medvedev ammise che l'eccessiva centralizzazione fiscale e di bilancio è un serio problema e nel suo ultimo messaggio sul bilancio invitò a compiere una riforma. Allo stesso tempo la centralizzazione formale coesiste con un'autonomia non ufficiale e la spesa dei mezzi finanziari è spesso controllata scarsamente".
Le elezioni e la crisi di legittimità "Nel marzo 2013 la Duma di Stato rifiutò il ritorno alle elezioni dirette dei governatori, facendo riferimento al potenziale destabilizzante delle elezioni e trasmise il potere di designare i capi dei soggetti della Federazione ai parlamenti delle regioni, compresi sette soggetti dello SKFO [2]. Né la cultura politica, né il rischio di destabilizzazione sono motivi sufficienti per l'abrogazione della riforma più importante, che eleva la democratizzazione a livello regionale. L'insufficiente legittimità e la mancanza di controllo sul potere con maggior probabilità porteranno una maggiore destabilizzazione che elezioni locali libere e oneste. Nel Caucaso del Nord il federalismo per molti versi ha perso senso. I processi democratici sono stati sostituiti da loro imitazioni e le élites regionali e locali sono state private di autonomia politica e finanziaria. In mancanza di elezioni democratiche la società ha poche leve di influenza sul potere. Molti abitanti ritengono di essere discriminati, che si rivolgano a loro come a cittadini di seconda categoria, insufficientemente sviluppati per scegliersi i leader. Anche se il ristabilimento delle elezioni dirette è in grado di attivare alcune frizioni interetniche, i rischi possono essere ridotti al minimo con un supporto supplementare da parte del centro federale e della società civile. Il ritorno delle elezioni dirette sarebbe un passo importante nella direzione giusta, nella tappa iniziale sarebbe possibile attirare alla partecipazione moderatori competenti, che aiuterebbero i gruppi di interesse ad accordarsi". "La perdita di fiducia nelle procedure democratiche e l'assenza di diritti si riflettono più acutamente sugli specialisti di talento, che lasciano la regione. La "fuga dei cervelli" indebolisce ancor più la capacità delle élites locali di risolvere i numerosi conflitti. Il rifiuto dell'elezione diretta dei capi dei soggetti della Federazione probabilmente causerà di nuovo una forte disillusione. A causa dei brogli alle elezioni per la Duma i partiti politici federali nella regione hanno quasi cessato di giocare un qualche ruolo significativo e non possono aiutare l'integrazione della regione con la parte restante della Russia. I brogli alle elezioni municipali soffocano l'autogoverno locale". "Le elezioni dei parlamenti locali e degli organi di autogoverno sono rimasti l'unica procedura concorrenziale per dei posti nel Caucaso del Nord. Durante le ultime campagne del 2012 le comunità locali si sono mobilitate e in alcuni casi si sono contrapposte con successo alle autorità, cercando di influenzare i risultati delle votazioni. Gli abitanti del Caucaso del Nord sono inclini a ritenere più vicine a loro le autorità municipali e la loro capacità di risolvere i problemi di tutti i giorni legati alle infrastrutture, alle terre o alla sicurezza sociale ha un grande significato". "Le persone che hanno ottenuto l'accesso alle risorse politiche ed economiche sono interessate al mantenimento dello status quo. Molte altre si astengono dalla partecipazione civica e ignorano le elezioni. Ci sono quelle che cercano vie alternative di autogoverno basate sulla religione e sul diritto consuetudinario e si consolidano nelle proprie convinzioni nazionaliste e islamiste. Nonostante il fatto che alla clandestinità si dia una minoranza, la mancanza di canali legali per la partecipazione politica e la falsificazione delle procedure politiche aiutano la crescita della popolarità di sistemi alternativi di amministrazione, alimentano il movimento estremista e aiutano l'estraniazione del Caucaso del Nord dalla parte restante del paese. Un innalzamento significativo della qualità dell'amministrazione, un indebolimento dei contrasti e una riduzione del potenziale di protesta (condizioni necessarie per una soluzione duratura del conflitto) sono difficilmente possibili senza il ritorno alle procedure democratiche, alle elezioni concorrenziali a tutti i livelli e al decentramento. La sfiducia nelle istituzioni chiamate a garantire la supremazia del diritto è perfino più forte dei dubbi sulla prontezza delle autorità regionali ad attuare un'amministrazione di qualità. Il principio della supremazia del diritto è stato sacrificato fin dai tempi della prima e della seconda guerra cecena [3]. Allora i rappresentanti dello stato commisero gravissime violazioni dei diritti umani, comprese sparatorie e bombardamenti indiscriminati, le sparizioni con l'uso della violenza e la creazione di prigioni segrete, le esecuzioni extragiudiziali e l'uso di squadroni della morte. Secondo i dati della Procura Generale della Federazione Russa il numero di persone scomparse senza lasciare traccia supera le 5000 e "accertare dove si trovino queste persone oggi è praticamente impossibile".
Gli agenti delle strutture armate come parte del conflitto "Per più di un decennio Mosca ha risposto alle minacce terroristiche con dure misure di forza, perseguendo i sostenitori dell'Islam fondamentalista e provocando così la diffusione dell'attività della clandestinità armata nella regione". "Gli agenti delle forze dell'ordine riportano come in precedenza le maggiori perdite, inoltre lo stress permanente esercita una forte azione psicologica e per alcuni la vendetta diventa un motivo importante per l'attività professionale. Anche il fatto che un numero significativo di poliziotti russi abbia passato come minimo sei mesi in Cecenia influenza seriamente la situazione delle forze dell'ordine in tutto lo stato. Per la riabilitazione psicologica e clinica degli agenti che hanno prestato servizio nei punti caldi del Caucaso sono necessari programmi speciali e anche nuovi centri di riabilitazione. Tutti gli agenti che sono rimasti feriti, come pure i familiari dei caduti devono ricevere i risarcimenti stabiliti per loro dalla legge senza eccessivi ostacoli burocratici. La lotta con la violenza nel Caucaso del Nord non può essere demandata solo alle forze dell'ordine. E' necessaria una strategia complessa, che metta in moto tutti gli elementi del sistema statale e sia indirizzata allo stabilimento della supremazia del diritto, allo sviluppo economico e alla riforma del sistema dell'amministrazione statale. Solo un approccio complesso e duraturo può collaborare a cancellare le cause principali della formazione della clandestinità armata, come pure dei conflitti interetnici della regione legati ad esse, che finora non si riesce a superare".
I metodi di lotta con il terrore "Al momento presente nel Caucaso del Nord si usano due metodi fondamentali di lotta al terrorismo. Uno, attuato principalmente in Cecenia, non differenzia i membri della clandestinità ed è indirizzato al pieno sradicamento dell'ideologia salafita anche tramite l'uso di duri metodi di forza contro i guerriglieri e in parte anche contro i loro fiancheggiatori. Il modello che sottintende una politica religiosa più aperta è stato approvato in Daghestan. Questo combina i metodi di forza ai meccanismi non violenti, offre una grande libertà religiosa, presuppone il dialogo tra diverse parti della società, compresi i salafiti moderati, come pure il ritorno degli ex guerriglieri alla vita civile". "Le possibilità di un dialogo tra le autorità e i salafiti che non ricorrono alla violenza, che aiuterebbe a superare il conflitto e servirebbe alla loro integrazione, esistono come in precedenza. Le commissioni per l'adattamento dei guerriglieri create nelle repubbliche del Caucaso del Nord negli anni 2010-2012 sono un meccanismo per mezzo del quale si può lavorare con i guerriglieri. Queste possono anche aiutare gli ex guerriglieri che hanno scontato le pene carcerarie e hanno bisogno di sostegno per la reintegrazione economica e sociale nella vita civile, per non permettere il loro ritorno alla clandestinità. Tuttavia il lavoro delle commissioni causa obiezioni in alcune strutture armate e, com'è stato notato sopra, in Daghestan l'organo è stato soppresso e sostituito da uno nuovo con un mandato più ampio e una procedura non chiara. Al contrario, si sarebbe dovuto rafforzare i poteri delle commissioni, tra cui il ruolo dei rappresentanti della società civile in esse". "Quasi vent'anni di abusi delle strutture armate hanno privato i cittadini di fiducia nella supremazia del diritto e hanno spinto alcune vittime della violenza alla fuga nella clandestinità islamista. L'impunità ha portato a far entrare saldamente la violenza nella pratica delle forze dell'ordine anche nelle indagini sui reati minori. Le organizzazioni per la difesa dei diritti umani hanno documentato molti casi di scomparse con l'uso della violenza, torture ed esecuzioni extragiudiziali, tuttavia le vittime non trovano mezzi di difesa legale a livello nazionale. Per molti di loro l'ultima speranza di ristabilimento dei propri diritti resta la Corte Europea dei Diritti dell'Uomo (CEDU), dove la Russia è in testa per numero di denunce da esaminare". "Nell'insieme tutti questi fattori generano nella gente la sfiducia nelle istituzioni statali. Per buona parte della popolazione di questa regione prevalentemente musulmana leggi e regole dello stato laico si sono screditate, cose che aumenta l'attrattiva di modelli più conservatori fondati sul diritto islamico e consuetudinario e riduce a niente i timidi tentativi di ottenere l'appoggio degli abitanti del luogo nella lotta al terrorismo. Molti cercano metodi alternativi per l'organizzazione della vita delle proprie comunità. In particolare nelle repubbliche orientali del Caucaso del Nord, dove sia le comunità sufi, sia quelle salafite creano una realtà parallela con istituzioni alternative". "Il Caucaso del Nord è soffocato da istituzioni corrotte, da un'amministrazione inefficiente, da un'inosservanza delle leggi diffusa ovunque e da uno sviluppo economico ineguale, cose che nell'insieme creano un vuoto che parte della gioventù insoddisfatta cerca di riempire unendosi a gruppi che, come ad essa pare, si pongono scopi precisi. La debolezza delle istituzioni statali e del sistema economico mina gli sforzi di Mosca indirizzati all'integrazione della regione e la lotta alle manifestazioni di estremismo. Anche il superamento di questi problemi sistematici è una condizione imprescrittibile di una felice soluzione del conflitto". *Il testo completo del rapporto è disponibile sul sito: http://www.crisisgroup.org/en/
Ekaterina SOKIRJANSKAJA, capo della rappresentanza del Gruppo di Crisi Internazionale in Russia:
"Il fatto è che le madri corrono tra il cordone e i guerriglieri"
– Recentemente Vladimir Putin ha proposto una serie di emendamenti che inaspriscono la legislazione antiterroristica. Lei ritiene che il "giro di vite" renda più efficace la lotta al terrorismo?
– Le correzioni proposte introducono il principio della responsabilità collettiva, che contraddice i principi del diritto russo e internazionale. Secondo le correzioni i familiari dei guerriglieri e "altre persone vicine a loro" dovranno risarcire lo stato dei danni causati dagli atti terroristici e qualsiasi proprietà acquistata con "mezzi economici illegali" potrà essere confiscata dallo stato. Ma qualcuno proverà qualcosa? Ed è possibile provare che una proprietà è stata acquistata con mezzi economici derivanti dall'attività terroristica? Probabilmente questa norma sarà usata per distruggere le proprietà non solo dei familiari dei terroristi, ma anche dei semplici guerriglieri e dei loro familiari senza una sentenza di un tribunale. E questo acutizza ancora una situazione comunque tesa. – Le iniziative dei funzionari federali si possono spiegare con l'ignoranza dello specifico della situazione nelle regioni. Ma come si può comprendere la dichiarazione del presidente dell'Inguscezia Junus-bek Evkurov, che propone non solo di distruggere le case dei fiancheggiatori e dei familiari, ma anche di confiscarne le terre?
– Alcuni anni fa tali metodi furono usati attivamente in Cecenia, ciò non regolò il conflitto, ma lo ha semplicemente cacciato in profondità. E' necessario comprendere che la maggioranza assoluta dei familiari, in particolare i genitori dei guerriglieri, condannano le azioni dei propri figli e vivono di una sola speranza – farli tornare alla vita civile. Queste madri durante le operazioni speciali corrono intorno ai cordoni, sperando di convincere gli agenti delle strutture armate a permettere trattative e poi di convincere i figli ad arrendersi. Questi padri pubblicano su Internet filmati con appelli ai figli a tornare alla vita civile. Molti giovani si sono arresi alle autorità grazie agli sforzi delle persone a loro vicine. Dei familiari bisogna fare degli alleati e non dei nemici nella lotta al terrorismo. E' un esperimento pericoloso, gravido di conseguenze imprevedibili. L'introduzione di tale pratica porterà a un escalation della violenza e incrementerà l'andata alla macchia della gioventù. Inoltre probabilmente i guerriglieri inizieranno ad agire simmetricamente, attaccheranno i familiari degli agenti delle strutture armate e faranno esplodere le loro case. – Nel vostro rapporto quasi non si tocca il tema dell'Olimpiade di Soči. La preparazione ad essa ha influenzato la situazione del Caucaso del Nord?
– Prima dell'Olimpiade sono state dispiegate tutte le misure lievi per la lotta al terrorismo provate negli ultimi anni; è in corso un orientamento su metodi duri, di forza per la garanzia della sicurezza. In prospettiva a breve termine questo può avere un determinato effetto, tuttavia dopo l'Olimpiade probabilmente si può pronosticare una nuova ondata di violenza. – Recentemente Vladimir Putin è intervenuto con dichiarazioni dure all'indirizzo delle organizzazioni internazionali che lavorano nel Caucaso. Ha definito la loro attività "anti-russa" e ha chiamato le forze dell'ordine a non tralasciare di fare attenzione alle "accuse generalizzate" sulla "cosiddetta violazione dei diritti dei cittadini del Caucaso del Nord diffusa ovunque". Questo complicherà il vostro lavoro in questa regione comunque complessa?
– Non mettiamo questa dichiarazione sul nostro conto perché i nostri rapporti non contengono accuse generalizzate. Scriviamo molto sulle violazioni dei diritti umani, ma tutte le nostre conclusioni si basano su casi concreti, molto ben documentati. Noi stessi interroghiamo le vittime e rafforziamo i nostri articoli con riferimenti a pubblicazioni di note organizzazioni per la difesa dei diritti umani, alle sentenze della Corte Europea e a pubblicazioni dei mezzi di informazione di massa. Ritengo che il nostro lavoro e le nostre raccomandazioni possano essere utili alla leadership del paese, agli agenti delle strutture armate e ai capi degli enti responsabili della situazione nella regione. Senza la ricerca di una soluzione pacifica e duratura dei conflitti del Caucaso del Nord, senza una maggiore e migliore integrazione con le altre parti del paese la Russia non potrà svilupparsi come uno stato democratico ed efficiente. Lo scopo del nostro lavoro è aiutare nella ricerca di soluzioni mutuamente accettabili per i complessi problemi della regione. Spero che anche in seguito potremo continuare tranquillamente i nostri studi. Autrice: Irina Gordienko
Indirizzo della pagina: http://www.novayagazeta.ru/politics/60374.html
[1] Letteralmente "il bosco" (inteso come luogo in cui si nascondono i guerriglieri). Mi rifaccio all'espressione "darsi alla macchia". [2] Severo-Kavkazskij Federal'nyj Okrug (Distretto Federale del Caucaso del Nord). [3] I conflitti russo-ceceni degli anni 1994-1996 e 1999-2009.
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