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“Il Kosovo aiuta chi è in difficoltà, perché Cremona no? Siamo in Italia o in Africa? Perchè non posso parlare con Amore?” La storia di Bajram, metalmeccanico kosovaro

Creato il 06 luglio 2013 da Cremonademocratica @paolozignani

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Lo Stato sociale muore nella vergogna di una città di provincia che non trova cento o duecento euro al mese per le famiglie in difficoltà economica.
Neanche Redzepi Bajram, kosovaro venuto in Italia a causa della guerra, sta trovando sufficiente aiuto. È in difficoltà, senza lavoro e con una serie di bollette da pagare. Il canone Aler a casa sua è di 250 euro al mese. Ha un documento da rinnovare, uno stato di famiglia, dopo aver rinnovato il permesso di soggiorno familiare semestrale.
“Ho chiesto di parlare con Amore, mi è stato risposto che non è possibile” dichiara. Si è presentato ai servizi sociali di corso Vittorio Emanuele II con tutte le bollette, l’Isee, ma “l’assistente sociale Michela mi ha detto no, non ci sono soldi. Non capisco. Perché assumono un’assistente sociale? per farle dire che non ci sono soldi? In Kosovo lo Stato aiuta chi ha bisogno. Qui siamo in Europa o in Africa?”
Le bollette da pagare con scadenze ravvicinate si accumulano e l’unica persona che ha trovato lavoro in famiglia (sei persone) è uno dei figli, un ragazzo che lavora per un’impresa di pulizie, 600 euro al mese con un contratto part-time.
Una storia di dignità ferita. Bajram, come metalmeccanico, ha lavorato per 23 anni in Kosovo. Poi quella guerra di cui alcuni italiani si vergognano, altri no, sostenendo che “se no si combatterebbe ancora adesso”. Prima è venuto in Italia un figlio di Redzepi nel ’99, poi la moglie nel 2001 quindi lui, Redzepi, nel 2003. Ora vivono in una casa Aler realizzata grazie al contratto di quartiere di una decina di anni fa, con finanziamento regionale.
Una nuova nascita è attesa fra quattro mesi.
Bajram ha lavorato dal 2009 al 2011 con la cooperativa city service vicino a Cremona, per la fabbrica di pasta Nevlat. La cooperativa è fallita e il lavoro è stato rilevato dalla Dharma. Per Bajram non c’è stato posto.
“Io però ho lavorato a Cremona tre anni – continua – ho fatto qui un corso di saldatore, cerco un lavoro, non assistenza. Ora ho bisogno di aiuto, perché mi dicono di no? Se c’è qualcosa da fare sono pronto, dico di sì. Ho lavorato in questo periodo per il gruppo volontari del verde, qui a Borgo Loreto, quel che posso fare lo faccio”. Un’entrata modesta è arrivata (37 euro per cinque ore al mese), ma la figlia che ha concluso un corso per parrucchiera di quattro anni non trova lavoro.
Pare incredibile. Circolano miliardi in borsa, le aziende maggiore realizzano utili netti elevati, un metalmeccanico pare che non serva! Storia fra le tante, ma ascoltate una per una ti insegnano quanto è feroce, sottile e legalizzata l’ingiustizia. Sono risorse umane inutilizzate, inascoltate, trascurate, dimenticate. Vedi auto nuove costose circolare per le strade e il Comune non ha soldi, la Caritas non ha soldi.
La moglie di Redzepi lavorava in una clinica in Kosovo. La guerra ha stravolto la loro storia.
Anche la Caritas di Cremona ha detto no. “Ho chiesto a don Antonio, mi ha risposto no, non possiamo aiutare una famiglia più di una volta l’anno”.
Gli evasori fiscali, gli stipendi alti ci sono a Cremona e provincia, solo in città il totale è due milioni di euro per i dirigenti: i dati sono pubblici. E la Caritas non ha più soldi! Che cosa puoi pensare?
La parrocchia di Borgo Loreto ha dato una mano al kosovaro, ma non nominate l’Aem a Bajram: “No, niente Aem e niente teleriscaldamento” e mostra la caldaia a gas aggiungendo “grazie Enel che mi fai pagare a rate, non voglio l’Aem. Su 500 euro cinque rate, non ho debito con Enel, per questo mese però non posso pagare”.
I 600 euro guadagnati dal figlio, appena ricevuti, sono stati usati per pagare debiti in arretrato.
Al box auto ha rinunciato, costava troppo.
Ci sono 1319 euro di debiti da pagare dal luglio scorso. Fotografo le bollette, i documenti, fotografo Bajram. Nel quartiere dicono di lui che è persona per bene, molto sensibile. Possibile che non trovi un lavoro? “Per sei anni non mi hanno dato un centesimo a Cremona, ma qui ho lavorato e voglio lavorare”.
Un dettaglio significativo: 127,50 euro per il permesso di soggiorno familiare, più 14,60 per la marca da bollo, più 30 per la consegna postale a Roma. Ora il certificato di stato di famiglia costa 15 euro. Invece di imprenditori che investono nel lavoro (la manutenzione, le riparazioni forse non vanno fatte?) succede il contrario. Imprenditori messi in difficoltà, o dediti alla Borsa, lavoratori in croce e bolli su bolli per un disoccupato. Ha un senso?
“E perché la Consumit mi ha telefonato ogni giorno per chiedermi se posso pagare un debito? Gli ho dovuto mandare i documenti”. No comment. Comsumit è una carta di credito. Non fallirà certo.

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