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Immaginatevi un paese di campagna con la piazza principale, strade e stradine animate, i negozi, l'andirivieni della gente, i saluti quando ci si incontra, le donne sull'uscio di casa che spettegolano, i ragazzi che ritornano da scuola, gli animali che attraversano la strada, i carri che trasportano le cose, lo struscio al tramonto; sul lago Inle non manca niente di tutto questo, solo che tutto succede.... sull'acqua, le case sono palafitte, i carri sono barche, le biciclette sono canoe e i campi galleggiano.
Solo a nord il lago Inle è naturale, a sud si è formato artificialmente in seguito alla costruzione di una diga nel 1965. La diga ha ridistribuito le acque ed ha permesso l'erogazione di elettricità al paese, ma per la gente dei luoghi è stata una tragedia, hanno perso terreni e villaggi ed hanno dovuto completamente cambiare la loro economia, da coltivatori di riso sono diventati pescatori. Siamo a 1200 metri di altezza, al mattino l'aria è frizzante, il lago è poco profondo, due-tre metri, al massimo cinque nel periodo delle piogge. In certi punti sembra un corridoio d'acqua fra giacinti d'acqua, canne ed alghe; queste ultime fungono da fertilizzante per le culture, praticamente dei campi "galleggianti" trattenuti sul fondo del lago tramite pali di bambù. Tra le isole e penisole dei campi galleggianti, fertilissimi, si è formata una rete di canali, le principali vie di trasporto per gli abitanti.
Nella zona del lago, quasi cento monasteri e più di mille pagode, antiche e da restaurare, naturalmente ne abbiamo fatta indigestione, ma ne valeva la pena, perché diroccate e non "rifatte" secondo la mentalità locale, ci risultavano più autentiche, raccontavano una vecchia storia. I 17 villaggi su palafitte del lago ed i villaggi limitrofi alle falde delle montagne circostanti sono popolati per la maggior parte dall'etnia intha. Gli intha sono grandi lavoratori e si caratterizzano per il modo in cui spingono sulle acque del lago le loro imbarcazioni dal fondo piatto; stanno in piedi a poppa reggendosi su una gamba, mentre con l'altra tengono il remo Sbaglio o è lo stesso metodo dei nostri gondolieri veneziani? I pescatori intha utilizzano reti a forma di cono su telai di legno e bambù per pescare una specie di carpa ed altri pesci di acqua dolce, non so la loro fatica, ma erano magici a vedersi.
Il "viaggio" sul lago Inle è un viaggio in tutti i sensi. Ti senti trasportata nel cuore di una realtà a te sconosciuta, eppure accogliente. Tutto parla una lingua antica, senza le coordinate del tempo: i dedali dei canali, i giacinti, le ore dei pescatori immobili davanti all'acqua, il verde delle montagne intorno, i pinnacoli degli stupa erosi dai secoli, le culture galleggianti, l'operosità della gente.
A costo di sembrare ridicola, faccio dell'antropomorfismo e dico il mio pensiero, da queste parti persino i gabbiani sembrano sorridere, anche loro buddhisti? Al mattino lancio sempre del pane e loro accompagnano la nostra lancia che scivola sull'acqua. Sarà che con i popoli slavi ho qualche difficoltà per via della loro durezza, ma niente a che vedere con l'aggressività dei gabbiani del Volga, sul lago Inle ognuno aspetta il suo turno e non litiga con gli altri, di pane ce n'è per tutti.
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