L’altro giorno, sulla pagina facebook luttuosa, ho postato un’immagine in cui mi sono imbattuta e che mi ha lasciata a bocca aperta. Si tratta di Tenax Vitae, una scultura di Rinaldo Carnielo (1853-1910) che ritrae un uomo abbracciato da uno scheletro. Da quello, mi è venuta voglia di cercarne altri – abbracci di scheletri o di quasi scheletri, molti riconducibili al tema “la morte e la fanciulla” –, e di raggrupparli qui, iniziando da quello che ho visto dal vero…
Barcellona, cimitero di Poblenou. Forse è meno noto dell’altro cimitero cittadino, Montjuïc, che sovrasta dall’alto la città. Ma è proprio lì che sono voluta andare per vedere da vicino una delle immagini funebri più potenti che avessi avuto modo di conoscere nelle mie ricerche online. El beso de la muerte (in castigliano) o El petó de la mort (in catalano) è un’opera del 1930 che dicono abbia ispirato Il settimo sigillo di Ingmar Bergman. In genere la scultura è attribuita a Jaume Barba, ma altri vi vedono la mano di un altro scultore, Joan Fontbernat. È collocata sulla sepoltura del produttore tessile Josep Llaudet Soler, e mostra un uomo che si abbandona tra le braccia di uno scheletro alato, colui che lo accompagna dall’altra parte. La carica erotica di questo lavoro è evidente. Lui, l’uomo, si affida completamente, si lascia andare chiudendo gli occhi e reclinando il collo. Ha il torace nudo, con la muscolatura ben delineata, desiderabile. La morte gli stringe un braccio e con l’altra mano lo sorregge sotto l’ascella. Le sue dita lasciano i segni nella carne. Il suo bacio è un ghigno. La statua è in mezzo ad altre tombe e lapidi, ma da alcune particolari prospettive i due amanti sembreranno quasi isolati dal resto del mondo. Loro due soli contro il cielo.
Noi latini siamo portati a pensare che la morte sia femmina, ma per altri no, è un uomo possente, col volto scavato e lo sguardo imperturbabile. Così avviene nella scultura Death and the Maiden realizzata nel 1912 da Elna Borch (1869-1950). A morire, questa volta, è una giovane donna. Il suo corpo morbido, nudo e sensuale si appoggia alla morte, dietro di lei, che cinge davanti a sé la falce, suo strumento di lavoro. La morte, in questo caso non sfiora il corpo della morente con le sue mani. Avviene il contrario. La giovane, infatti, stringe un avambraccio dell’uomo come se fosse il suo amante. L’altra mano è protesa in avanti, si appoggia proprio sopra la falce, rendendola quasi un’arma erotica e sensuale. L’opera è esposta a Copenhagen, nella Ny Carlsberg Glyptotek in Dantes Plads.
Pierre-Eugène-Emile Hébert (1823-1893) ha uno sguardo carico di sensualità nella sua Always and Never, conosciuta anche come Death and the Maiden. Figlio d’arte, mostra uno scheletro che abbraccia una donna nuda. Una mano sul ventre, l’altra su una gamba, sembra che la desideri con tutto se stesso, che più di ogni altra cosa voglia baciarla e possederla. Lei sì, gli risponde avvicinando le sue labbra. L’amore è corrisposto.
Non poteva mancare Giulio Monteverde (1837-1917), molte delle cui opere che si possono ammirare nel cimitero di Staglieno, a Genova. Famosissimo l’angelo della morte della tomba Oneto. E famosissima, anche, l’opera Il dramma eterno, realizzata per la tomba Celle. Qui la donna e la morte danzano insieme. Lei ha il busto nudo, i seni giovani, i capelli raccolti e una farfalla – simbolo di caducità? – posata sulla testa. La morte è tutta coperta da un drappo morbido e fine, che lascia intravedere ciò che si cela sotto di lui: uno scheletro, con le orbite scavate e il setto nasale in evidenza.
E poi c’è lui, Rinaldo Carnielo, quello da cui questo breve viaggio di uomini e donne abbracciati da scheletri è simbolicamente partito. Tenax Vitae è un lavoro bellissimo, potente, che ci distoglie dall’erotismo delle immagini viste finora per portarci un po’ altrove. La morte, qui, non bacia e neppure sembra intenzionata a farlo. Ghermisce, sorride, si curva sull’uomo quasi ad avvolgerlo, affinché lui possa intuirne la presenza. Lui, lui ha uno sguardo sconvolto, gli occhi li tiene spalancati come a voler resistere in questa lotta ad armi impari. Digrigna i denti. Sa che non ce la farà. L’opera è esposta a Firenze, nella Galleria Rinaldo Carnielo. Purtroppo pare che sia chiusa da anni. Il lungo restauro, iniziato anni fa, pare non sia ancora ultimato.