Quando sentiamo parlare di popolazioni che vivono con meno di due dollari al giorno non sempre è chiaro ciò che questo significa. Un dato statistico spesso rimane soltanto un numero, che sì, fa impressione, ma rimane troppo distante da poter essere reso concreto. Il Laos è uno dei paesi che rientra in questa fascia, ma viaggiando per il paese ci si rende conto che le cose non stanno esattamente così. Qui, come è probabilmente in molti altri paesi dei paesi meno sviluupati, l’impressione è che quella media di due dollari al giorno a testa vada interpretata più come 100 per pochi e 0 per molti. Un buon 80% della piccola popolazione che occupa questo territorio racchiuso tra Cina, Vietnam, Cambogia, Birmania e Thailandia non è da rendere contabile nell’economia del denaro, in quanto vive di sussistenza, di ciò che riesce a coltivare
Negli ultimi quindic’anni la situazione è certo migliorata da queste parti grazie all’apertura nei confronti degli aiuti e degli investimenti provenienti dall’estero, ma non è ancora possibile considerare la qualità della vita dei Lao sopra il livello minimo. La prima causa di morte tra i bambini è la diarrea causata dall’acqua, l’aspettativa di vita gira intorno non supera i 60 anni e le cure mediche specialistiche sono disponibili solo per un gruppo ristretto di persone. Questa è la Repubblica Democratica dei Lao di oggi.
Guidando lungo le strade fratturate di questo calmo paese non appare tragica come suona la situazione odierna. Villaggi di baracche spuntano dopo ogni curva, i bambini sorridenti salutano i falang, le persone bianche, che ormai non sono più una novità e i commercianti appisolati non sembrano aver nessuna fretta di far pagare il conto. E viene spontaneo chiedersi come un paese dove il tempo non scorre, una società senza alcuna pretesa né molto da offrire e un territorio volutamente neutrale siano finite nella morsa del regime comunista guidato dagli stessi membri da ormai quarant’anni.
La storia racconta una storia interessante quanto insensata, che ha portato a due guerre, una civile e interna ed una “segreta” e americana, entrambe in nome di un’ideologia politica che con questa terra non mai avuto niente a che fare. Basta fare un passo indietro per cominciare a porsi qualche domanda.
Quello che è oggi il Laos era inizialmente nient’altro che un territorio occupato da decine di tribù, alcune presenti ancora oggi, sparse tra le colline e dipendenti dall’agricoltura. L’impero di Siam, quello che oggi chiamiamo Thailandia, è il primo ad occupare il territorio per evitare l’avanzamento dei francesi dal Vietnam. Una mossa senza effetto, la Francia entra in possesso di tutta l’area geografica che arriva al Mekong e nasce così il Laos, che prende il nome dalla principale etnia presente nella regione. Alla formazione dei primi movimenti comunisti in Asia meridionale, tra gli anni ’30 e ’40, il Laos era teoricamente immune al contagio. La classe proletaria era virtualmente assente, in quanto la maggior parte delle famiglie contadine ancora sparse tra le varie tribù lavorava su terreni di loro proprietà. La presenza Francese era vista da molti come una necessità, in quanto il Laos non era pronto a stare in piedi sulle proprie gambe senza supporto esterno, tanto meno a difendersi senza un esercito. Il primo movimento nazionalista di quel periodo, il Lao Issara, venne fondato da aristocratici, il principe di Luang Prabang per primo, che aspiravano a posizioni di potere piuttosto che a una vera e propria rivoluzione.
Come ci è arrivato allora il comunismo in Laos? Dopo un attacco fallito al governo supportato dalla Francia, i componenti del Lao Issara sono costretti a fuggire in Thailandia. Gli alleati (vedi americani) non sono però contenti di veder arrivare un partito di rivoluzionari e in breve anche la Thailandia respinge il gruppo, che viene accolto invece dai Vietnamiti con cui sono in contatto. Questo ha ovviamente un prezzo, ossia l’incanalamento dei sentimenti antifrancesi verso un piano comune, quello comunista appunto. Il Lao Issara si divide, con i fondatori che abbandonano non volendo accettare questa ideologia, ma il resto viene allenato, armato e supportato dai vietnamiti fino a formare il Pathet Lao, il primo vero e proprio movimento rosso. Viene formato un piccolo esercito che occupa il nord e il sud est, zone che si riveleranno di alto interesse per i vietnamiti del nord negli anni successivi, e il Pathet Lao inizia la sua propaganda dai villaggi di queste aree e si espande rapidamente in buona parte del territorio.
Quando la Francia decide di abbandonare il territorio, le varie nazioni si riuniscono a Ginevra per stabilire il punto della situazione. Il Laos viene dichiarato ufficialmente territorio neutrale, viene richiesto di formare un governo rappresentativo di tutti i partiti, di deporre le armi al Pathet Lao, e di evitare alcun coinvolgimento nella politica interna da parte degli altri stati. Il Laos è per la prima volta un paese indipendente. Non per molto.
Sono due i paesi che non rispettano il trattato di Ginevra: gli americani e i vietnamiti. I vietnamiti continuano a supportare il Pathet Lao che non depone le armi, mentre gli Stati Uniti iniziano a finanziare segretamente il governo ufficiale prima e la guerra civile dopo. La CIA forma eserciti mercenari tra i villaggi Hmong, una delle etnie più diffuse dopo i Lao, e tramite finti progetti di supporto entra sempre di più nelle decisioni del governo ufficiale. Allo stesso tempo il Vietnam comunista comincia a sfruttare la ormai occupata fascia orientale laotiana, creando quello che sarà conosciuto come l’Ho Chi Minh Trail, ossia un tracciato nascosto nella foresta che permetteva il passaggio inosservato dal nord al sud del Vietnam. Questo per gli americani non è accettabile, e dal 1965 iniziano i bombardamenti a tappeto in Laos, che continueranno ininterrotti fino al ’73. Questo periodo è conosciuto come la “guerra segreta”. Questo periodo ha trasformato il Laos nel paese più bombardato della storia. Per una storia con cui non aveva niente a che fare.
Alla fine della guerra, i Pathet Lao hanno preso potere sul territorio. Dopo un primo decennio di fallimenti ed isolamento hanno deciso di aprire a investimenti esterni. Una piccolissima parte di questi investimenti oggi arriva alla popolazione, e se questo non bastasse ogni volta che un contadino decide di arare un terreno rischia di saltare in aria per una bomba inesplosa.
Il governo del Laos ha dichiarato di voler uscire dal gruppo dei Paesi meno sviluppati entro il 2020.