Anna Lombroso per il Simplicissimus
“Ora che la pioggia è riuscita nell’impresa in cui aveva fallito il sindaco Piero Fassino, ossia lo sgombero del campo nomadi abusivo sul Lungo Stura Lazio, mi auguro che il comune provvederà all’identificazione di tutti gli irregolari che vivevano in quel campo”. Lo dichiara il deputato della Lega Nord Davide Cavallotto. “Se questo non dovesse accadere, e i nomadi dovessero rioccupare abusivamente quell’area – aggiunge in una nota – la responsabilità sarà solo del sindaco. I torinesi vogliono meno salotti radical chic e meno zingari irregolari”.
Troppe volte e anche su questo blog mi è capitato di scrivere degli orrori sepolti che questo governo ha saputo estrarre da noi: diffidenza, rancore, sessismo, omofobia, xenofobia, razzismo.
Si c’è un gruppo di persone che si sono collocate più in alto di noi, dichiarate per legge al di sopra di ogni giudizio. Investite in quanto tali, per ciò che sono non per ciò che possono aver fatto, del privilegio dell’impunità.
Ce ne sono altre più numerose ma razzialmente delimitate, separate dagli onesti cittadini da un confine etnico e naturalmente colpevoli. Pre- giudicati, irregolari, clandestini. Ai primi non si guarderà mai in tasca nemmeno se colti in flagranza di reato. Ai secondi si prendono fin da piccoli le impronte, li si fotografano, perquisiscono. Presi e spostati, schedati, controllati come i delinquenti abituali recidivi, fisiologici.
Non perdonerò mai a questi governanti di aver distrutto definitivamente la solidarietà e insieme ad essa l’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, l’universalismo dei diritti, per riportarci a una società di caste: universi sociali separati e gerarchicamente sovrapposti. Convincendoci che è bene così, che è legittimo, che è giusto, che è necessario. Per difendere i nostri beni, i nostri privilegi, i nostri principi, sempre più miserabili e meschini, se bastano altri colori, altre parole in altre lingue, altri piatti a odiare qualcuno che le pronuncia, che li mangia, che le implora, per farci respingere, cacciare, deridere, rinchiudere.
Certo Maroni non è Goebbels, né per fanatismo né per cultura. E nemmeno il signor Cavallotto lo è, tratta i rom come sottouomini non per convinzione o per ragioni genetiche ma per ragioni pratiche. Non perché sono razzialmente inferiori ma perché disturbano i suoi elettori. E così secondo la nuova etichetta del vivere disumano contagiosa e epidemica, negano un tratto comune di umanità a una parte dell’umanità. Mettono un pezzo di umanità al di fuori dell’umanità, tracciano in discrimine, una gerarchia, attraverso aberranti dispositivi di esclusione e discriminazione. Le privazioni economiche e sociali che colpiscono una parte della popolazione crescente, si convertono in privazione morale, che fa accettare il sopruso dagli intoccabili, quelli che stanno in alto, e negare i diritti a chi non vogliamo nemmeno che ci tocchi, quelli che stanno in basso.
C’è chi parla di una “malattia dei territori”, della perdita di eticità per perversa secolarizzazione di un’era senzadio, delle mutazioni dell’invidia sociale, che trasforma uomini onesti e probi in fautori del linciaggio, nella sopraffazione di individui ridotti a simbolo, prima di tutto del nostro fallimento civile. È qualcosa di più profondo, credo, di più spaventosamente rimosso che sale in superficie, quando anni di accettazione, di condivisione vengono spazzati via dall’ordinaria amministrazione comunale o da nevrasteniche e ottuse politiche nazionali.
E d’altra parte c’è un largo consenso nel mettere ai margini, nel condannare certe vite “inutili”, spogliate di potere d’acquisto, buone per essere stoccate come scarti, occultate ai nostri occhi benpensanti. Non ci è stato dato di vedere vasta riprovazione per il caso del Campo Barzaghi di Milano, per quello del Ctp di Torino, per quella catena di episodi a Roma, al Casilino 700 o a via Gordiani, a Brescia, a Parma, a Napoli. La paura e la volontà di potenza e prepotenza dei molti, si misura sulle vite “ignude” dei pochi, su quei corpi estranei e stranieri da confinare e conferire in discariche feroci per viventi.
Io non voglio quel volto sfregiato, infingardo e ributtante che ci stanno plasmando addosso. Non voglio vergognarmi di essere “umano”. Già una volta gli zingari sono stati i capri espiatori della nostra perversa modernità, passando silenziosamente per il camino ancora più ebrei degli ebrei. Non facciamo che si ripeta se ancora siamo in tempo.