Senza alcun dubbio, la versione cinematografica che oggi tutti conosciamo meglio è quella animata diretta nel 1967 da Wolfgang Reitherman per la Disney, ma già venticinque anni prima provvide l’ungherese Zoltan Korda a portare sullo schermo il libro di Rudyard Kipling ne Il libro della giungla, girato in technicolor e non a cartoni animati, bensì con attori in carne ed ossa.
Infatti, abbiamo il Sabu già visto nel 1940 ne Il ladro di Bagdad a incarnare il giovane Mowgli, cucciolo d’uomo allevato dai lupi nel cuore dell’India più misteriosa e i cui amici si rivelano essere la pantera Bagheera e l’orso Baloo.
Attenzione, però, perché, non trattandosi in questo caso della versione per bambini targata Zio Walt, soltanto i serpenti si manifestano dotati del dono della parola, mentre gli altri animali non parlano affatto, ma si limitano a essere protagonisti di una movimentata pellicola d’avventura che individua nella feroce tigre Shere Khan e nel crudele cacciatore Buldeo alias Joseph Calleia i nemici da sconfiggere per salvare gli abitanti della foresta e la popolazione degli uomini.
Candidato ai premi Oscar nelle categorie relative alla fotografia, la scenografia, gli effetti visivi e la musica per film drammatico, è DNA a riscoprirlo su supporto dvd con sezione extra costituita da manifesto originale, galleria fotografica, sinossi, schede e curiosità relative al lungometraggio.
La stessa DNA che, per cinefili doc propensi maggiormente a vicende più cupe e meno volte al facile intrattenimento da spettacolarità su celluloide, recupera dal dimenticatoio – con galleria fotografica quale contenuto speciale – anche Svengali di Archie Mayo, ovvero la migliore trasposizione cinematografica del romanzo Trilby di George L. Du Maurier.
Trasposizione datata 1931 che, immersa un contrastato bianco e nero, pone John Barrymore nei panni del musicista del titolo, dotato di poteri ipnotici e pazzo di una giovane modella; tanto da impadronirsi della sua volontà, da farne una cantante di fama e da spacciarla per sua moglie.
Man mano che ci si avvia verso un tutt’altro che positivo epilogo e che, al di là dell’impostazione piuttosto teatrale conferita in particolar modo dall’importanza che assumono le lodevoli prove degli attori durante lo svolgimento della vicenda, ad impreziosire l’insieme è l’atmosfera gotica che arriva a conferire un look quasi horror, complice la bella fotografia per mano di Barney McGill.
Francesco Lomuscio