Era il Libro delle fiabe incompiute che nessuno aveva più il coraggio di narrare. Annoiavano tutte quelle storie con il capo, ma senza coda. Non si può, si deve rispettare la fiaba nella sua interezza. Non è che uno si alza la mattina e scrive fiabe che non finiscono mai.
Doveva essere un autore annoiato quello che le scrisse, o forse le raccolse, girando tutto il mondo per cercare fiabe che non finissero. E non è nemmeno possibile che ne nascondesse il finale, perché nessuno, proprio nessuno, aveva mai sentito come andassero a finire quelle fiabe.
L’ultima delle copie, con quella polvere dei libri che non si leggono più. In fondo all’ultimo scaffale dell’ultima biblioteca dell’ultima cittadina dell’ultimo angolo di mondo.
Non pareva vero al povero bibliotecario che soffriva nel vedere quel povero libro abbandonato, ma come fare a trovare il coraggio di proporlo sapendo che avrebbe deluso? Come raccomandarlo a quelli che cercavano storie nuove per figli e nipoti sempre più annoiati?
Fiabe che non finiscono? Proprio non si può.
Un giorno l’aprì, giusto per spolverarlo e, ancora una volta, cercò “vissero felici e contenti”, ma trovò solo “e fu così che …” oppure “a quel punto …”, fiabe incompiute, nulla da fare. Eppure erano curate nei minimi particolari, con illustrazioni che avrebbero lasciato a bocca aperta il più smaliziato dei bambini e metafore che avrebbero colorato la grigia immaginazione degli adulti. Fantasia, non immaginazione, fantasia.
Chi aveva rubato i finali dalla penna dello scrittore? Oppure, perché li aveva lasciati nella penna? Inchiostro finito? Perché? Il bibliotecario, tra un prestito e un rientro proprio si crucciava, anche se ora la polvere non c’era più.
[... continua ...]