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Il libro di Zǒng Báichī IV

Creato il 20 novembre 2011 da Marvigar4

Zong báichi 3

   Il danzatore Zhàměng era molto apprezzato, a corte presso l’imperatore, nelle case dei funzionari, nelle pubbliche piazze, il suo nome circolava da anni e la fama raggiunta gli aveva fatto guadagnare una discreta somma di danaro. Nel villaggio di Shù kǒu lo attendevano da giorni, il suo spettacolo Shénme shì tǎoyàn! era stato annunciato come un evento da non perdere e tutti non vedevano l’ora di assistere a questo grande avvenimento. Finalmente il banditore ufficiale si presentò vestito di porpora comunicando alla popolazione del villaggio che lo spettacolo di Zhàměng si sarebbe tenuto quello stesso giorno subito dopo il tramonto nello spiazzo adibito a mercato. Così fu. Spettatori vennero anche da altri luoghi vicini e l’arena che di solito risuonava delle voci dei pescivendoli, dei pizzicagnoli, dei verdurai e dei beccai divenne lo spazio di un’esibizione artistica. Un’ora e mezza di spettacolo con suoni celestiali eseguiti da una piccola orchestra composta da due suonatori di Èrhú, tre di Xiāo, uno di Húlúsī e uno di Xiaogu che accompagnavano le coreografie. Zhàměng era inoltre circondato da fiaccole accese che lo illuminavano, e le sue piroette, i balzi felini, i delicati movimenti e tutto ciò che serviva alla scenografia appassionarono il numeroso pubblico. Al termine dell’esibizione, il divino danzatore si rivolse al pubblico ringraziandolo e mettendosi a disposizione per incontrare chiunque volesse porgli delle domande o comunicargli qualcosa. In mezzo alla folla si alzò Zǒng Báichī, arrivato a Shù kǒu per assistere a Shénme shì tǎoyàn!: con calma raggiunse la scena dove si trovava il danzatore, si inchinò di fronte all’artista e iniziò a parlare. «L’aria che sentiamo fresca la mattina è invisibile, seppure ci sferzi e ci sembri presente come una persona che ci abbraccia. Il fuoco che riscalda le nostre intirizzite membra non può essere toccato se non a rischio della nostra morte. Questa terra che calpestiamo, coltiviamo, amiamo, ospita il mondo conosciuto da secoli e pare immortale. L’acqua della pioggia, dei fiumi, dei mari scende, scorre, si alza e si abbassa, e sempre sarà così. Ma l’uomo che crede di poter rappresentare aria, fuoco, terra e acqua non è ancora giunto e non giungerà mai. Qualcuno potrà imitare l’incedere della tigre, ma non avrà mai una tigre che con parole lo smentirà. Un altro vorrà sedurre facendo finta di essere materia plasmabile e mobile, ma sarà costretto a nascondere la sua reale natura. Chiamati ad apprezzare l’imperfetta imitazione di tutto ciò che esiste, ricordiamoci di avere dinnanzi l’illusione e la menzogna, non la verità che non necessita di essere recitata, danzata, musicata o quant’altro». Zǒng Báichī concluse facendo un inchino a Zhàměng e abbandonando il luogo dello spettacolo. Il suo discorso fu ricordato a lungo e riscritto fedelmente con il titolo Wúyòng de yìshù.



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