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Il libro di Zǒng Báichī XX

Creato il 28 giugno 2012 da Marvigar4

Zong báichi 1

   Nei suoi viaggi lungo tutto il paese Zǒng Báichī amava incontrare gli animali, provava una speciale simpatia per quelli che non avevano un anno a loro dedicato. Se scorgeva una volpe rallentava il passo rivolgendosi con il tono di voce più dolce e rassicurante. La volpe si avvicinava dimenticando la sua diffidenza. «Hai il manto più prezioso e lo sguardo più pungente, ma ti considerano nociva e preparano tagliole per fermarti. Io ti dedicherò il primo anno del mio calendario.»

   Quando una mosca gli si posava sulla mano Zǒng Báichī non la cacciava, le sussurrava piano piano: «Gli uomini inventano qualsiasi marchingegno pur di ucciderti e ti considerano sporca, forse perché frequenti ciò gli uomini sono e diventano… A te dedicherò il secondo anno del mio calendario.»

   A un mulo carico di fieno un giorno Zǒng Báichī carezzò la testa e mormorò: «Se il tuo padrone conoscesse la tua fatica avrebbe più rispetto per il tuo sudore. Ma lui porta un fardello più grave del tuo, l’ingratitudine, e non lo sa. Tu avrai il terzo anno del mio calendario.»

   Tutte le volte che ascoltava il merlo Zǒng Báichī sorrideva e applaudiva il suo canto: «Intoni degli inni migliori dei nostri, che sono pieni di vane frasi e devoluti a incensare odio e falsità. Per questo ti ho dedicato il quarto anno del mio calendario, perché tu doni la vera pace senza parole.»

   Attraversando un campo Zǒng Báichī rischiò di calpestare un lombrico. Si fermò e lo raccolse: «Perdonami se per poco non ti schiacciavo. Questa terra ha bisogno di te, tu le dai nutrimento spontaneamente e non hai bisogno di pensarci. Tuo sarà il quinto anno del mio calendario in offerta alla tua generosità.»

   In un giorno d’estate, guatando un fiume, Zǒng Báichī avvistò dei salmoni e alla loro danza consacrò un pensiero: «Ho visto tanti umani provare a librarsi, a scintillare, ma era tutto un calcolo, un artificio. Oggi io sono vostro spettatore, ma non mi avete cercato. Vi darò il sesto anno del mio calendario per il regalo squisito che da voi ho ricevuto.»

   Mentre riposava in un’aia di un villaggio Zǒng Báichī si mise a osservare una gallina che beccava del frumento: «Insensati sono gli uomini che si nutrono dei tuoi frutti e ti considerano stupida. Toglierei volentieri loro ciò che tu offri. Io invece ti ringrazio e ti dedico il settimo anno del mio calendario.»

   Giungendo nelle zone desertiche e secche del paese Zǒng Báichī riconobbe dei cammelli in sosta e li salutò: «Amo l’andamento del vostro incedere e la vera grazia del vostro ruminare. L’ottavo anno del mio calendario vi spetta come omaggio al ritmo della vita che voi rappresentate magistralmente.»

   Davanti all’orribile spettacolo degli orsi in gabbia, usati per estrarre la bile, Zǒng Báichī pianse e si rammaricò di non poter impedire questo scempio: «Rinuncerei volentieri a ciò che sono per sbranare i miei simili e salvarvi dalla crudeltà degli uomini… ma temo che sbranati mille, mille torneranno e continueranno a torturarvi… farò quel che posso, intanto vostro è il nono anno del mio calendario.»

   Al pappagallo che ripeteva le parole delle persone in cambio di qualche seme, Zǒng Báichī disse: «Credono di ascoltare l’imitazione di quello che hanno appena detto, non sanno che le loro parole sono sempre e solo un gioco senza senso che tu sbeffeggi. Per la tua ironia ti darò il decimo anno del mio calendario.»

   Sulla riva del mare un granchio solitario girellava intorno al piede di Zǒng Báichī, che amabilmente affermò: «Se ostacolo il tuo cammino sono pronto a spostarmi, ma sappi che non me la prenderò nel caso tu mi volessi pizzicare con le tue chele. L’undicesimo anno del mio calendario è tuo, creatura dalla robusta morbidezza.»

   Rientrando nel suo modesto alloggio Zǒng Báichī veniva accolto dal gatto che restava a vigilare sui pochi effetti domestici rimasti incustoditi. «Anche stavolta mi hai fatto trovare tutto in ordine e pieno di vita. La mia gratitudine è infinita, per quel poco che vale ti dedico l’anno finale del mio calendario, l’anno del ritorno e della casa.»



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