«Hai distrutto l’albero e non hai pietà?»
«Non conosco questa parola. Io cado e non posso sapere dove.»
«Così dicono tutti.»
«E tu credi di non essere nociva?»
«Io faccio crescere l’erba e do vita alla vegetazione…»
«Ma se non hai controllo distruggi tutto e anneghi le persone…»
«Posso spegnere anche l’incendio che hai causato…»
«Non sei diversa da me, allora perché ti ostini a cercare il male nelle mie azioni?»
Zǒng Báichī fin qui aveva ascoltato in silenzio il dialogo tra la pioggia e il fulmine. Intervenne.
«Nessuno di voi due è colpevole. Date vita e morte insieme o alternativamente, però sta a noi accettare o meno il fatto di essere in balia della vostra forza. Possiamo anche attutire il pericolo e il danno da voi causato, ma solo rispettando la potenza che esercitate. Ci siamo anche messi a veicolare il vostro prodotto, illusi di saperlo usare… No. Non siete colpevoli, smettetela di litigare e di accusarvi a vicenda. Guardateci piuttosto, considerate cosa abbiamo fatto. Uccidiamo più di voi, con il gusto di trovare delle giustificazioni o un disegno divino. Il fuoco lo abbiamo preso per annientare, non solo per scaldare o cuocere i cibi. L’acqua ci è servita per scopi non nobili e ne abbiamo sprecata in abbondanza rendendo arida la terra. Non biasimatevi, rivolgete il vostro sguardo al solo ladro, al solo assassino che è sceso quaggiù… Lui sa di esserlo e finge di poter essere meglio di tutti, mentre è soltanto un uomo, una creatura debole che ha paura.»
Dopo le parole di Zǒng Báichī il fulmine e la pioggia si guardarono e si sorrisero. Da quel giorno non hanno più litigato.