In tutte le storie, spesso, il confine tra realtà e finzione si avvicina, si allontana, si sfiora, sembra intersecarsi e non è chiaro dove finisca la verità e dove inizi la fantasia.
Il libro segreto di Dante. Il codice nascosto della Divina Commedia (Newton Compton Editori, 2011) non fa eccezione e Fioretti mescola la vita di Dante con elementi di pura invenzione, affiancando personaggi realmente esistiti ad altri di fantasia.
La vicenda inizia in medias res dopo la morte di Dante e ruota intorno alla scomparsa degli ultimi tredici canti del Paradiso. Tutta la faccenda sembra avvolta nel mistero e molti particolari non quadrano: il poeta è stato ucciso o è morto a causa di una malattia?
La figlia Antonia, nel frattempo diventata suora, il figliastro Giovanni da Lucca e Bernard, un ex templare, indagano sulla morte di Dante e sul presunto mistero dei templari custodito all’interno della Divina Commedia.
L’intreccio si infittisce, quando scoprono che due finti frati hanno tentato di avvelenare il poeta. Chi è il mandante? Chi desidera la morte del sommo poeta?
Giovanni e Antonia cercano una risposta a queste domande e, durante l’indagine, imparano a conoscersi e a volersi bene: la donna diventa “soror” e “sororcula”, cioè suora e sorella, per il medico di Lucca, presunto figlio di Dante.
Un libro che si addentra nella vita personale e politica del “padre” della lingua italiana.
Ma chi è davvero Dante? Un sommo poeta, un custode del segreto dei templari, un truffatore, uno scrittore mediocre, un traditore? Alcuni lo amano, altri lo odiano. La prospettiva cambia a seconda del soggetto: ognuno vede Dante in modo diverso, ma, nel bene e nel male, il poeta occupa comunque una posizione privilegiata nei pensieri dei familiari e dei nemici.
La figlia lo ama ed è stata una delle poche ad averlo realmente compreso; la moglie Gemma ha sempre provato affetto per lui, ma tra lei e il marito è comunque rimasta una barriera invalicabile; Giovanni ha provato un tale rispetto per quest’uomo che ha considerato suo padre ideale, prima ancora che padre biologico; ser Mone ha odiato Dante e ha tentato di non far pubblicare la sua opera, ritenendola la prova dell’infatuazione della moglie Beatrice per il poeta; Bernard vede Dante come un maestro che ha nascosto il segreto dei templari.
Fioretti ha realmente scoperto un codice apparentemente misterioso all’interno della Commedia e l’idea di scrivere un libro su Dante è nata proprio dopo aver colto questo presunto enigma. Il fatto che all’interno dell’opera dantesca vi siano coincidenze numerologiche è risaputo: il trentatré domina in tutte le tre cantiche e l’intero poema è colmo di allegorie, sembra quasi che dietro ogni verso si nasconda qualcosa di troppo importante per essere rivelato.
Questo libro, sulla scia de Il Codice Da Vinci di Dan Brown, è consigliato a tutti gli appassionati di Dante e dei romanzi storici che contengono enigmi irrisolti. Fioretti descrive in modo accurato la situazione familiare del poeta e inserisce ritratti interessanti dei figli Pietro, Jacopo, Antonia e della moglie Gemma, una figura fragile che spesso è messa in secondo piano a causa di Beatrice, la musa ispiratrice della Divina Commedia.
Tuttavia, per coloro che non amano il poeta e i misteri storici, il romanzo di Fioretti potrebbe risultare noioso e poco accattivante, specialmente in quei passaggi in cui l’autore cerca di ingarbugliare la trama con scarsi risultati e, in corrispondenza di descrizioni che si dilungano troppo, è facile perdere l’attenzione e l’interesse.
Un barlume di speranza serpeggia nel finale del libro, che mette in scena uno speziale che assiste all’incontro tra Antonia e Boccaccio, che vuole aggiungere l’aggettivo Divina al titolo della Commedia.
“Ma a cosa serviranno mai tutte quelle parole, sia pure in rima…” è la frase dell’ingenuo speziale, simbolo del pensiero popolare, che non può nemmeno immaginare che tutte le parole in rima scritte da Dante verranno lette e studiate ancora oggi.
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