Love and Rockets turns 30
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Se il senso originario del punk è la rottura degli schemi precedenti (culturali, emotivi, affettivi, sociali, …), non è difficile comprendere quante e quali esperienze
L’arte è anche adeguamento a modelli precostituiti, in alcuni casi persino apologia di tali modelli, ma più spesso, quella che più facilmente ricordiamo come emblematica, quella che davvero segna e vediamo come rappresentativa di epoche e “movimenti artistici”, ha molto a che fare con l’avanguardia e l’innovazione, la rottura, il “punk”. Non era forse “punk” l’atteggiamento di Vincent Van Gogh? Non lo era quello di Leonardo?
Quando poi la dimensione iconoclasta e “antagonista” si manifesta in ambito fumettistico, gli esempi potrebbero essere talmente numerosi da far pensare che l’atteggiamento punk sia, in qualche modo, una pre-condizione alla rivoluzione. Se a ciò, a questa idea dell’arte e del mondo, si fonde il periodo storico in cui il punk come “movimento” culturale/sociale vero e proprio ha toccato il suo apice (o l’esordio della sua parabola discendente, momenti che spesso coincidono), nascono capolavori come Love and Rockets dei fratelli Hernandez.
La premessa anti-storiografica non sconcerti: al di là dei nomi con i quali ci piace etichettare periodi e movimenti, soggetti e opere, nella storia umana atteggiamenti e dinamiche si ripetono pressoché invariate in cicli ricorsivi. Cicli non identici a se stessi, ma, si potrebbe dire, con un continuo salto in avanti, un “gioco al rialzo” emozionante quanto spaventoso. Arte, uomo, cambiamento e immobilità, in fondo, su un piano esistenziale, potrebbero essere parole perfettamente intercambiabili, a seconda del punto di vista che si utilizza.
Parlo di modello perché il lavoro dei fratelli Jaime e Gilbert Hernandez rappresenta oggi, dopo trent’anni, un riferimento talmente forte e preciso, imitato, amato, cercato, studiato… da costituire una vera e propria istituzione culturale. Parlo di paradosso perché non c’è nulla del lavoro degli Hernandez che appaia superficialmente come completamente innovativo e, al contempo, di completamente già visto in opere che l’hanno preceduto. Ma la sintesi trovata da Jaime in un modo (con le sue Locas) e Gilbert in un altro (le storie di Palomar), segna un punto di non ritorno inequivocabile per il fumetto e la cultura statunitense e rappresenta soprattutto una delle cose più belle ed emozionanti nel fumetto del secolo scorso.
Il collega Solinas, in un altro articolo, parla di fluidità, liquidità, per approcciarsi a una riflessione critica su quest’opera. Se non si coglie e accetta questo concetto, non è possibile lasciarsi davvero coinvolgere e sommergere dalle emozioni e dalle dinamiche narrative di Love and Rockets. Ritmo sghembo, sviluppi obliqui della storia, ricorsività (di nuovo), incoerenze, confusione, … movimento (!) sono il materiale di cui sono fatte queste storie, e quello che trasmettono al lettore. Quando lessi le prime storie della “Zuppa dei cuori infranti” (della Palomar di Gilbert “Beto” Hernandez) molti anni fa non potevo credere a quello che era stato messo in scena su delle semplici pagine bianche. Un intero universo umano di emozioni, arroganza, violenza, sesso, dolcezza, asprezza mi scoppiò tra le mani, urtando la mia sensibilità di allora, facendomi davvero sentire impreparato. Non uso iperboli qui. Ricordo il disorientamento, ricordo la mancanza di riferimenti. O meglio, ero alla continua ricerca di riferimenti, per definire un pre-testo, per strutturare una cornice, ed ecco la rincorsa ad altri fumetti (più meno cronologicamente vicini a Love and Rockets), ad opere letterarie, a narrazioni musicali, ma tutto mi sfuggiva di mano, scivolava nella fragile rete che la mia mente aveva creato nel tempo.
Palomar è sconvolgente, per la semplicità con la quale nasce (
La vita procede in modo non lineare? In modo sincopato e disarmonico (si pensi a eventi shockanti e imprevisti come le malattie, il licenziamento da un posto di lavoro, le separazioni amorose, la morte…)? Ed ecco che la narrazione di Beto ne riproduce queste caratteristiche, in una coralità di personaggi e situazioni che stordiscono. Il lettore può quindi impegnarsi nel grande sforzo di tenere a mente tutti i protagonisti, gli eventi e le relazioni, provando a prevederne destini ed evoluzioni (narrative), oppure può lasciarsi portare come da un mare impetuoso ma sicuro.
Il primo approccio è frustrante. Il secondo è entusiasmante.
Diverso ma complementare è l’impatto emotivo che producono le storie di Jaime Hernandez. Rivelerò apertamente che ritengo Beto il vero fuoriclasse della coppia, quello che maggiormente ha saputo reinventare l’approccio alla narrazione a fumetti, che ha reso un miglior servizio all’immaginario del lettore. Inquadrata vagamente la portata di Love and Rockets, vorrei salutare i lettori di LoSpazioBianco.it con una breve riflessione editoriale. Ne ho parlato per bocca di Harry Naybors in un articolo che riproporremo in questo speciale, ma è importante ribadirlo: Love and Rockets è invisibile agli occhi dei potenziali lettori. Al di là dei tanti omaggi e ricordi che nasceranno in questo periodo in rete, quello che più può dare giustizia a questo capolavoro, è renderlo facilmente reperibile per tutti i lettori attenti e curiosi che si trovano nella nostra penisola. Lettori che, ricordiamolo, non si nascondono soltanto all’interno del settore di nicchia del mondo del fumetto. Love and Rockets è lì a dimostrare che il fumetto può e deve essere un linguaggio universale, per tutti.
“Non fidarti di chi ha più di 30 anni” di Liz Prince (Clicca per ingrandire) “Le tre muse ispiratrici” di Walter Chendi (Clicca per ingrandire)
L’omaggio di Vincent Filosa (Clicca per ingrandire) Etichette associate: Puoi leggere anche: Condividi:
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Ma poiché parliamo di livelli artistici altissimi, non è possibile liquidare l’opera di Jaime come secondaria.
Tanto è inquietante, per il sottoscritto, la visione di Beto, tanto è eccitante quella di Jaime. Le sue Locas sono scoppiettanti, imprevedibili, dinamiche, volubili, tragicomiche. L’autore porta a precipitazione tutti i fenomeni relazionali ed emotivi tipici dell’adolescenza per osservarne le estreme conseguenze, senza perdere (quasi) mai la misura, e smuovere l’interesse dei lettori più smaliziati. Jaime ha una forza immaginativa senza freni, gioca in modo aperto, spericolato, con i tanti topoi del fumetto popolare statunitense, ma a differenza del gioco meta-fumettistico tanto usuale in questi anni (sia in ambito mainstream che indipendente) non ha l’obiettivo di smontare il giocattolo per far vedere come è fatto, per ridicolizzarlo e, se possibile, rimontarlo in modo inedito.
No, Jaime gioca con il lettore senza rompere il processo di identificazione e la sospensione dell’incredulità. In questo senso, il suo progetto è meno ambizioso, ma più complesso e divertito. Ma soprattutto il lavoro di Jaime è drammatico, tocca tutte le sfaccettature del dramma, usando i tanti espedienti a sua disposizione (il suo talento visivo è innegabile) per coinvolgere il lettore, appassionarlo, legarlo. Da Locas ho raramente ricevuto quelle intuizioni di cui ho fatto riferimento per la saga di Palomar, ma mi sono divertito tantissimo.Omaggi
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