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Il lungo canto di Lorenzo Calogero

Creato il 06 novembre 2011 da Editoredimestesso

Il lungo canto di Lorenzo CalogeroA conclusione delle celebrazioni per gli anniversari della nascita e della morte del poeta Lorenzo Calogero al Teatro Belli di Roma il Gruppo Sperimentale Villanuccia presenta l’opera video-teatrale di Nino Cannatà “Città Fantastica. Il lungo canto di Lorenzo Calogero”, per ricordare e restituire al pubblico un importante e complesso autore la cui voce è purtroppo ancora avvolta nel silenzio.

 

Una vita trascorsa a rincorrere la Poesia e la Morte. Lorenzo Giovanni Antonio Calogero nasce il 28 maggio 1910 nel piccolo centro di Melicuccà, in provincia di Reggio Calabria. Inizia a scrivere i primi versi durante gli anni trascorsi a Napoli a studiare medicina, segnati da un lato da una grande vitalità creativa, dall’altro dalla comparsa delle prime patofobie, che lo porteranno in breve tempo ad un progressivo isolamento e a diversi tentativi di suicidio.

Di formazione vagamente cattolica segue la scena letteraria che si raccoglie intorno a “Il Frontespizio”, di Pietro Bargellini e Carlo Betocchi, ai quali invia le prime composizioni poetiche con la speranza di una pubblicazione. Invece i suoi versi gli vengono restituiti. Pubblica allora a sue spese nel 1936 il volume “Poco Suono” con Centauro Editore, con scarso successo di critica e di lettori. Inizia quindi un lungo periodo di silenzio letterario durante il quale nel 1942 tenta per la prima volta il suicidio. Ricomincia a comporre versi solo nel 1946, con esiti ancora una volta deludenti. Nessuno sembrava accorgersi di lui, critici, editori, poeti e uomini di cultura. Nel 1954 invia alcuni inediti alla casa editrice Einaudi, da cui però non riceve risposta. Decide pertanto di partire per incontrare personalmente l’editore, ma va a Milano e sbaglia redazione. Sfiduciato ma ancora combattivo, pubblica ancora una volta a proprie spese il suo secondo volumetto di poesie intitolato Ma questo… e ne spedisce una copia a Leonardo Sinisgalli, con la preghiera di scrivere la prefazione al suo terzo libro “anche se dovesse dirne tutto il male che si può immaginare”. Per la prima volta, invece, dopo innumerevoli rifiuti e stroncature qualcuno sembrò accorgersi della qualità e dell’importanza delle sue poesie. Sinisgalli, infatti, non solo scrisse la prefazione di Come in Dittici, ma si impegnò anche a diffondere gran parte delle poesie che seguirono, probabilmente le migliori della sua intera produzione.

Tra il 1956 e il 1958 Lorenzo Calogero scrisse le novantanove poesie della raccolta Sogno più non ricordo e i 35 Quaderni di Villa Nuccia, così come li intitolerà Roberto Lerici, editore di “Opere Poetiche”. Nonostante tutto, non riuscì mai in vita a raccogliere i frutti del lavoro di una vita. Trascorse infatti gli ultimi anni nel suo paese natale da solitario e sventurato poeta consacrato alla sua Poesia. Il 25 marzo 1961 nell’ultima pagina del quaderno appoggiato sulla sua scrivania fu ritrovato quella che presumibilmente è il suo ultimo componimento: 

 

Inno alla morte

 

Ma non m’interessa piú della vita.

Oggi mi curo della morte.


Fra poco e alla svelta morrò,


perché anche tu con me sul lago

verrai domani. E la pelle è adunca


o si screpola oppure sbadiglia.


Con te tergiversare non vale una lunga pena.


Poco mi interessa ella;
ora vergine sbadiglia


e il sangue è fluido o è la medesima cosa.


Tu come un giunco fresco


un narciso hai messo alle nari.

 


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