Sarebbe anche bello il lungomare di Pattaya. Il suo marciapiedi largo dove poter camminare, correre o sedersi a osservare la baia, le sue file di palme, la colorata baraonda multietnica alle spalle. Persino la scarsa profondità della spiaggia, lunga soltanto pochi metri, da questo punto di vista diventa un elemento azzeccato nella composizione della foto: chi guarda il mare si gode l'ingannevole impressione di un piano orizzontale mono-fase che, seppur venato e striato da increspature e sfumature, nel quadro dei macroelementi (acqua, cielo, promontori, colline) appare comunque omogeneo, con tinte che a seconda dell'ora e delle condizioni meteorologiche vanno dal nevischio sporco alla corazza di rinoceronte, passando per le varie tonalità standard di vetro di fiasca e cielo estivo alpino.Sarebbe anche bello, appunto. Invece è una delle zone più decadenti (se non degradate) di Pattaya, che dal canto suo è una delle città più decadenti del sud-est asiatico. Chissà perché le autorità hanno deciso di allentare a tal punto la presa, di sbattersene quasi completamente, quando esistono già altre zone a luci rosse, dedicate a vizi di vario tipo, e quest'area potrebbe essere l'habitat naturale della fetta più innocente del turismo in città.Non che voglia lanciare una crociata contro la decadenza, per carità, certi scorci anzi hanno sempre esercitato sul mio lato più oscuro un certo magnetismo, una sorta di fascino sinistro, Baudelaireiano, se mi si passa il parallelo alquanto pretenzioso. Infatti vengo spesso anche qui a osservare il carosello di prostitute free lance sedute accanto alle aiuole, quelle che non vogliono, ma spesso anche non riescono a trovare un lavoro nei go go bar o nei bar beer di Soi Buakhao, Beach road o Walking street, o magari che il lavoro ce l'avevano e per chissà quale ragione (meglio non indagare troppo) l'hanno perso. I loro clienti che si avvicinano con circospezione, forse titubanti, come se passassero di lì per caso e fossero stati attratti da una vetrina in cui hanno visto il nuovo modello del loro telefonino preferito. I ladyboy più osceni della Thailandia orientale. Gli spacciatori di pastiglie placebo, fieno sminuzzato e grattate di intonaco. Quelli di roba autentica che magari dopo aver piazzato una bustina si rivendono il pollo di turno al poliziotto con cui stanno in combutta, col quale si spartiranno la somma estorta alla vittima per fargli evitare la trafila giudiziaria. Gli accattoni all'ultimo stadio (soprattutto quello della scala dell'igiene personale). Gli impostori dalle specialità più bizzarre. I venditori di zuppe puzzolenti. Tutto ciò mi intriga. Spaccati di società corrotta, spremute di vizio, liquame sociale con cui tampono le ferite all'anima provocate da dosi troppo pesanti di sofisticazione, perbenismo, etica da etichetta, patine asettiche e politicamente corrette. Una miscela nauseante e corrosiva che mi intacca gli strati metafisici più superficiali e che devo assolutamente diluire con un po' di sana, genuina schifezza.Non propongo assolutamente di cancellare tutto ciò quindi, si dà il caso però che oltre a essere un libertino soft io sia anche un liberale tollerante, convinto che a questo mondo ci sia spazio per tutti. Visto che ci sono già vari gironi infernali sparsi per la città non vedo perché si debba fottere anche il lungomare alle famiglie coi bambini, a chi vuole portare a spasso il cane, alle coppiette che si vogliono godere il tramonto, a quelli a cui piace passare ore seduti a leggersi un libro a pochi passi dalla battigia (tra questi ci sono anch'io, i miei interessi sono infatti molteplici e polimorfi).Tra l'altro la faccenda si fa ancora più sordida quando si scopre che il lungomare di Pattaya è anche il centro delle operazioni di una cricca di farabutti italiani (e chissà di quante altre nazionalità): disperati senza alcuna prospettiva che vivono di espedienti e restano a galla nello scarico di fogna in cui si dimenano (affossandosi anche l'un l'altro) raggirando i loro connazionali, quelli più vulnerabili, alla loro prima visita, appena arrivati, viaggiatori solitari (e molto soli), un po' avanti con gli anni, che non parlano l'inglese e prima di attraversare l'Acheronte asiatico non erano mai usciti dalla propria provincia. Ne avevo sempre sentito parlare, ma erano accenni, mezze frasi borbottate, informazioni ottenute per sentito dire, di terza o quarta mano. Poi un giorno ho incontrato E che mi ha raccontato...ma fermiamoci pure qui, questo infatti sarà l'argomento di un altro post della serie Italiani in Thailandia.
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Sarebbe anche bello il lungomare di Pattaya. Il suo marciapiedi largo dove poter camminare, correre o sedersi a osservare la baia, le sue file di palme, la colorata baraonda multietnica alle spalle. Persino la scarsa profondità della spiaggia, lunga soltanto pochi metri, da questo punto di vista diventa un elemento azzeccato nella composizione della foto: chi guarda il mare si gode l'ingannevole impressione di un piano orizzontale mono-fase che, seppur venato e striato da increspature e sfumature, nel quadro dei macroelementi (acqua, cielo, promontori, colline) appare comunque omogeneo, con tinte che a seconda dell'ora e delle condizioni meteorologiche vanno dal nevischio sporco alla corazza di rinoceronte, passando per le varie tonalità standard di vetro di fiasca e cielo estivo alpino.Sarebbe anche bello, appunto. Invece è una delle zone più decadenti (se non degradate) di Pattaya, che dal canto suo è una delle città più decadenti del sud-est asiatico. Chissà perché le autorità hanno deciso di allentare a tal punto la presa, di sbattersene quasi completamente, quando esistono già altre zone a luci rosse, dedicate a vizi di vario tipo, e quest'area potrebbe essere l'habitat naturale della fetta più innocente del turismo in città.Non che voglia lanciare una crociata contro la decadenza, per carità, certi scorci anzi hanno sempre esercitato sul mio lato più oscuro un certo magnetismo, una sorta di fascino sinistro, Baudelaireiano, se mi si passa il parallelo alquanto pretenzioso. Infatti vengo spesso anche qui a osservare il carosello di prostitute free lance sedute accanto alle aiuole, quelle che non vogliono, ma spesso anche non riescono a trovare un lavoro nei go go bar o nei bar beer di Soi Buakhao, Beach road o Walking street, o magari che il lavoro ce l'avevano e per chissà quale ragione (meglio non indagare troppo) l'hanno perso. I loro clienti che si avvicinano con circospezione, forse titubanti, come se passassero di lì per caso e fossero stati attratti da una vetrina in cui hanno visto il nuovo modello del loro telefonino preferito. I ladyboy più osceni della Thailandia orientale. Gli spacciatori di pastiglie placebo, fieno sminuzzato e grattate di intonaco. Quelli di roba autentica che magari dopo aver piazzato una bustina si rivendono il pollo di turno al poliziotto con cui stanno in combutta, col quale si spartiranno la somma estorta alla vittima per fargli evitare la trafila giudiziaria. Gli accattoni all'ultimo stadio (soprattutto quello della scala dell'igiene personale). Gli impostori dalle specialità più bizzarre. I venditori di zuppe puzzolenti. Tutto ciò mi intriga. Spaccati di società corrotta, spremute di vizio, liquame sociale con cui tampono le ferite all'anima provocate da dosi troppo pesanti di sofisticazione, perbenismo, etica da etichetta, patine asettiche e politicamente corrette. Una miscela nauseante e corrosiva che mi intacca gli strati metafisici più superficiali e che devo assolutamente diluire con un po' di sana, genuina schifezza.Non propongo assolutamente di cancellare tutto ciò quindi, si dà il caso però che oltre a essere un libertino soft io sia anche un liberale tollerante, convinto che a questo mondo ci sia spazio per tutti. Visto che ci sono già vari gironi infernali sparsi per la città non vedo perché si debba fottere anche il lungomare alle famiglie coi bambini, a chi vuole portare a spasso il cane, alle coppiette che si vogliono godere il tramonto, a quelli a cui piace passare ore seduti a leggersi un libro a pochi passi dalla battigia (tra questi ci sono anch'io, i miei interessi sono infatti molteplici e polimorfi).Tra l'altro la faccenda si fa ancora più sordida quando si scopre che il lungomare di Pattaya è anche il centro delle operazioni di una cricca di farabutti italiani (e chissà di quante altre nazionalità): disperati senza alcuna prospettiva che vivono di espedienti e restano a galla nello scarico di fogna in cui si dimenano (affossandosi anche l'un l'altro) raggirando i loro connazionali, quelli più vulnerabili, alla loro prima visita, appena arrivati, viaggiatori solitari (e molto soli), un po' avanti con gli anni, che non parlano l'inglese e prima di attraversare l'Acheronte asiatico non erano mai usciti dalla propria provincia. Ne avevo sempre sentito parlare, ma erano accenni, mezze frasi borbottate, informazioni ottenute per sentito dire, di terza o quarta mano. Poi un giorno ho incontrato E che mi ha raccontato...ma fermiamoci pure qui, questo infatti sarà l'argomento di un altro post della serie Italiani in Thailandia.
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