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Il Maestro Buono

Da Sharatan

Il Maestro Buono
"Io ti ringrazio, mio Dio, perché hai compiuto meraviglie;per la polvere e per la creatura d'argillamanifestando la tua potenza molto e poi molto.(Inno di Qumran)
Nel Vangelo di Matteo si racconta che Giuseppe e Maria fuggirono in Egitto per salvare Gesù dalle persecuzioni di Erode il Grande. Sappiamo che rimasero lontani da Betlemme fino alla morte del re che avvenne nel 4 d.C. Le fonti apocrife dicono che la Sacra Famiglia durante il soggiorno in Egitto fu protetta e aiutata dagli Esseni. Sappiamo che vissero presso i monasteri di Wadi-el-Natrun, di Mataria detto “Giardino delle Erbe” e presso Al-Moharraq. Quei monasteri erano degli esseni, che Filone (13 a.C.-45 d.c.), attesta fossero circa 4-5.000 anime.
Filone dice che questi uomini erano dei devoti che seguivano tre precetti basilari: l’amore di Dio, l’amore della virtù e l’amore verso gli uomini. L’amore per Dio veniva attestata dal loro astenersi dal giurare e dal mentire. Essi credevano che da Dio viene ogni bene e non può mai venire alcun male. L’amore per la virtù la dimostravano con il disprezzo per le ricchezze, per la gloria e per i piaceri terreni.
Amavano la frugalità, la modestia, la gioia, la semplicità, la pace, l’obbedienza alla regola e l’equilibrio del carattere e del comportamento. L’amore verso gli uomini lo attestavano con il loro amore per l’uguaglianza e la vita in comune. Non accumulavano alcun patrimonio o bene personale, perché ogni bene era considerato come un possesso di tutta la comunità che si riuniva in confraternite.
Vivevano in villaggi perché aborrivano le impurità delle città. Alcuni lavoravano la terra oppure facevano altri mestieri per rendersi utili a se stessi e al prossimo. Non amavano le ricchezze ma ricavano dai loro beni solo il necessario alla vita della comunità. Questo raro tipo di devoti, nota Filone, non fabbrica armi o macchine militari ma fabbrica solo oggetti che non possono fare del male.
La schiavitù era considerata un'empietà che offende il precetto divino che prescrive la completa uguaglianza di tutti gli uomini, perciò i padroni vengono considerati degli empi. Tutte le ricchezze erano messe in comune e venivano usate per accudire i malati che erano assistiti a spese della comunità quando non potevano più produrre. E anche gli anziani erano accuditi in modo comunitario e amorevolmente dai figli e dai parenti.
Di loro si diceva che erano degli uomini virtuosi, delle persone indipendenti e libere di natura che facevano vita in comune. La virtù che dimostrano è superiore a qualsiasi elogio che se ne possa fare, perciò sono la chiara dimostrazione di una vita perfetta e supremamente facile, dice Filone. Il peso che esercitava la confraternita era grande ed è testimoniato da Giuseppe Flavio vissuto tra 37 d.C. e fine del 1° secolo d. C.
Nella sua opera “La Guerra Giudaica” scritta tra 75 e 79 d.C., parla delle sette degli Ebrei dicendo che hanno tre forme. Ci dice che, i seguaci della prima forma sono i farisei, quelli della seconda sono i saducei e quelli della terza forma sono gli esseni che hanno fama di grande santità. Questi ebrei per nascita sono legati tra loro da mutuo e reciproco affetto. Sebbene disprezzino il matrimonio adottano i figli degli altri nell'età in cui sono recettivi ai loro insegnamenti.
Li trattano come se fossero loro parenti e li modellano secondo i loro costumi. Nel vestiario mostrano la massima semplicità, infatti usano delle semplici tuniche bianche e dei sandali. E la loro pietà per la divinità ha una forma molto particolare, dice Giuseppe Flavio, poiché salutano il sorgere del sole con alcune preghiere che rivolgono al sole per ringraziarlo di essere sorto. Dopo il saluto al sole, vanno alle loro occupazioni.
Si ritrovano all’ora quinta per pranzare in comune e, più tardi, cenano nella stessa maniera insieme agli ospiti che fossero venuti in visita. Nelle loro case non c’è rumore o lite, ma c’è silenzio e pace. Nel parlare, si cedono reciprocamente la parola e, uno dopo l’altro, vengono tutti ascoltati. Non fanno nulla senza avere prima il consenso del sovrintendente, ma ci sono due cose in cui sono totalmente liberi, cioè l’assistenza e la compassione: su questi due temi hanno libero arbistrio.
Ogni parola che danno è più forte di un giuramento perché dicono che è perduto chi non crede se Dio viene preso a testimone. Giuseppe Flavio dice che gli esseni studiavano come guarire le malattie con le erbe e con le proprietà delle pietre, e questi esseni particolari erano chiamati Terapeuti. E poi c'era il gruppo di esseni che vivevano lungo le coste del mar Morto, di cui parla Plinio il Vecchio. Nelle questioni giuridiche erano molto giusti e accurati, infatti giudicano in assemblee di cento persone perciò le loro sentenze erano irrevocabili.
Sappiamo che, per entrare nella loro setta era richiesto un periodo di almeno tre anni di "apprendistato" e di prove che mostrassero l’attitudine dell’aspirante. Disprezzavano i pericoli e superavano il dolore con la riflessione, perciò non temevano la morte e preferivano una morte gloriosa ad una vita vergognosa. E potevano morire tra le più atroci torture senza perdere la loro serenità ma, anzi, furono visti trattare ironicamente i loro carnefici
La testimonianza di Plinio il Vecchio che morì nel 79 d.C. a Pompei, descrive la pianura del Giordano che scende tortuosamente verso il Mar Morto, e si cita la fonte termale di Calliroe davanti a Qumran. Dice che gli esseni non amavano quel luogo malsano perché erano virtuosi e ammirevoli molto più di altri. Avendo abbandonato la vita mondana attraevano tutti quelli che erano rimasti delusi dal mondo, perciò le loro fila furono sempre numerose.
Sotto il loro dominio era fiorita la città di Engaddi che, per ricchezza e fertilità non fu inferiore a Gerusalemme, ormai ridotta in macerie. Più avanti c’era la fortezza di Masada costruita sulla rupe, presso il Mar Morto, e ridotta anch'essa in rovina. Ma le fonti non chiariscono il mistero del loro nome che, alcuni collegano a hesen o hasajja, ossia a santo o venerabile, ma l’etimologia resta incerta. Altri pensano che gli esseni venivano da un ceppo di missionari buddhisti giunti in Egitto dopo le conquiste di Alessandro Magno morto nel 323 a.C.
Alla morte del Buddha i discepoli si divisero in due sette: Theravadin e Sarvastivadin, perciò si pensa che i Terapeuti provengano dai primi, e i Sampsaean del Mar Morto dai secondi. Steiner dice che gli esseni erano un ordine occulto dalla regola severa che dimostrava di voler eliminare ogni indegnità e impurezza con rigorose pratiche di purificazione. Il nome della setta, secondo Steiner deriva dall'ebraico essin o assin che significa "pala" o paletta, perchè il loro distintivo simbolico era una piccola pala
Steiner conferma l’affiliazione di Gesù e del Battista alla confraternita degli esseni. Nel “Quinto Vangelo” dice che il battesimo nel Giordano di Giovanni Battista purificava con l’acqua perché era il rito preparatorio al battesimo di fuoco che avrebbe imposto il Messia. Gli esseni aspettavano un Messia "politico" che li liberasse dai romani, perciò credevano nell’avvicinarsi dei Giorni della Visitazione. Ma fu proprio il problema della salvezza spirituale che allontanò Gesù dagli esseni.
Gesù disapprovava le dottrine che non mostrassero la possibilità della salvezza per tutti gli uomini. Steiner dice che Gesù mentre era tra gli esseni ebbe la visione di molti demoni infuriati che fuggivano lontano da quei virtuosi. I primi insegnamenti che erano stati impartiti a Gesù venivano dalla confraternita, e anche gli insegnamenti del Battista erano esseni, ma Gesù capì che gli esseni non mostravano la santità che gli veniva attribuita.
Essi pensavano solo alla loro salvezza personale, notò Gesù perciò ebbe sgomento e “si sentiva solo, isolato e taciturno.“ Sentiva che non ci si deve isolare dalla comunità umana, perché non tutti gli uomini riescono a diventare puri come gli esseni. Cosa diventiamo, si disse, se ci salviamo e restiamo soli? Questa fu la domanda che sentì sorgere nel cuore. Dobbiamo vivere e agire nella comunità umana e dare il nostro amore al prossimo. Che senso avrebbe una salvezza che ci lascia da soli?
L’errore degli esseni era l'isolamento dal mondo e la vita santa che compartava l'aumento del dolore di molti altri uomini. Se i demoni capivano che non potevano corrompere gli esseni diventavano furiosi, fuggivano e sfogavano la loro rabbia sugli uomini che incontravano. Così, la salvezza di "pochi" veniva ottenuta a spese di "molti" che restavano indifesi davanti all'attacco del male. Gesù comprese che la salvezza non si ottiene a spese degli altri
Gli esseni causavano l'infelicità, perché credevano che gli uomini devono essere sempre infelici. E infatti essi lo credono affinché gli sia possibile affermare la loro diversità e superiorità: solo così possono distinguersi dai peccatori. Gli esseni si salvavano a spese della dannazione di molti uomini, e sono felici di sfuggire da Lucifero e Arimane. Ma, in realtà, hanno la superbia di credersi migliori e dimostrano di essere felici anche se altri soffrono
Buona erranza Sharatan

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