L'Italia ha tutte le potenzialità per risanarsi e rilanciarsi sul piano economico e sociale: vanno quindi respinti rassegnazione e pessimismo.
Dobbiamo far leva sui giovani, sulla nostra storia e cultura, sulle tantissime eccellenze. Occorre fare del merito, della trasparenza, della responsabilità e della solidarietà i valori inderogabili di riferimento delle nostre azioni individuali e collettive.
L' Italia ha bisogno di classi dirigenti che sappiano incarnare ed interpretare tutto ciò e, con credibilità, proporlo al Paese.
Noi dirigenti avvertiamo questa esigenza e siamo pronti a fare di più e meglio la nostra parte per dare concretezza ad un "Progetto Paese" fondato su questi valori che consenta a tutti di guardare con fiducia al futuro. Chiediamo di essere considerati risorse professionali e valoriali per un Paese che vuole essere più giusto, inclusivo, moderno e competitivo.
Per questo rifiutiamo l'immagine che si dà di noi attraverso generalizzazioni: troppo spesso vengono etichettate come dirigenziali figure che tali non sono o che hanno come esclusivo merito l'appartenenza a una parte politica: i veri dirigenti nascono da processi di selezione e valutazione basati su merito e competenze e su questo sono incentrate le nostre politiche sindacali.
Le aziende che hanno più successo, innovano e meglio competono sui mercati globali, sono quelle in cui la cultura imprenditoriale e manageriale convivono, si integrano, si esaltano. Le funzioni pubbliche più efficienti ed efficaci sono quelle in cui la “politica” non interferisce con l' azione dirigenziale.
Sminuire il ruolo dirigenziale significa minare la competitività delle imprese e del Sistema Paese, rinnegare quella cultura meritocratica che è alla base di ogni sano progresso economico e sociale, significa allontanare le migliori intelligenze. C’è bisogno di cultura dirigenziale diffusa, sacrificio, competenze, etica e sobrietà; di una cultura che sappia porsi al servizio della crescita delle imprese familiari, di imprese attente alla sostenibilità e al benessere delle persone che ci lavorano.
Noi rappresentiamo tutto questo, così come rappresentiamo migliaia di dirigenti in pensione che hanno contribuito a fare grande il Paese e, quindi, non meritano di continuare a essere destinatari di provvedimenti che stanno profondamente erodendo il potere di acquisto delle loro pensioni. Pensionati che vogliono e devono essere considerati una risorsa, pronti a svolgere un ruolo attivo per orientare i giovani nel loro approccio al lavoro.
Rappresentiamo dirigenti in attività e in pensione che attraverso la fiscalità e altri oneri realizzano con orgoglio, una solidarietà sociale che vorremmo venisse riconosciuta.
Questo è quello che siamo e siamo pronti a fare. Ma la classe politica deve fare la sua parte, con coraggio e visione del futuro: chiediamo una legge di stabilità con meno tasse e l'avvio di una azione riformatrice che sappia sciogliere i nodi che soffocano il Paese, la crescita, la voglia di fare impresa.
Chiediamo uno Stato più trasparente e più leggero che ridisegni il suo ruolo. Più concorrenza e semplificazione. Più ricerca, innovazione e formazione. Un fisco più equo e meno oppressivo. Politiche nuove in campo energetico, infrastrutturale, nel turismo, nella cultura, nell’agroalimentare. Un mercato del lavoro che realizzi le condizioni per favorire l’occupabilità premiando l’aggiornamento e la riqualificazione professionale.
Chiediamo di combattere evasione, corruzione e sprechi; politiche industriali che tutelino e valorizzino il made in Italy; chiediamo che le linee guida di "Destinazione Italia" diventino misurabili azioni di Governo su cui la dirigenza è pronta a collaborare.
Sentiamo l’orgoglio di essere parte di una classe dirigente produttiva e responsabile; sappiamo che occorre fare di più e meglio, avvertiamo l'onere di un ruolo al servizio di aziende e cittadini, ma pretendiamo anche il riconoscimento del nostro ruolo sociale.
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