La Gazzetta Ufficiale di mercoledì 15 febbraio ha pubblicato il decreto del ministero dello Sviluppo economico che ha posto il quotidiano Il Manifesto in liquidazione coatta amministrativa nominando tre commissari liquidatori: Mauro Damiani, Raffaele Cappiello e Licia Polizio.
Intanto il giornale, che prosegue il battage (auto)pubblicitario sull’edizione cartacea, su quella online e sui social media, ha reso noto che dai primi dati sulle vendite che stanno arrivando in redazione la campagna per il salvataggio della testata sta iniziando a dare i suoi frutti. Dal 10 febbraio a oggi, infatti, le vendite medie in edicola sarebbero aumentate del 50% per circa 10.000 copie in più nonostante il periodo climaticamente poco fortunato (con la buifera di neve che ha paralizzato una parte dell’Italia) e la decisione di Poste Italiane di sospendere i voli postali verso le isole – con i quali veniva solitamente recapitato anche Il Manifesto, che così negli ultimi tempi ha dovuto fare a meno della diffusione in Sicilia e Sardegna.
E’ solo un primo passo, ovviamente, verso la possibile salvezza della testata. Fondamentale, nel breve periodo, sarà infatti l’eventuale rifinanziamento del fondo per l’editoria 2012 (che copre i rimborsi per oltre 90 testate italiane – tra cui anche il quotidiano diretto da Norma Rangeri – per alcune delle spese sostenute nel 2011), sul quale il sottosegretario alla presidenza del consiglio con delega per l’editoria Paolo Peluffo si è detto possibilista annunciando “entro pochi giorni” l’adozione da parte del governo degli atti amministrativi necessari.
Si tratterebbe di 53 milioni di euro complessivi stanziati dal ministero dell’Economia (-75% rispetto al budget dell’anno precedente) per tutte le testate beneficiarie. Questi fondi, mediamente, dal 2006 al 2010 hanno rappresentato circa il 24% dei ricavi del Manifesto: della restante parte di torta annuale il 58% arriva da vendite in edicola o abbonamenti, il 7% dalle sottoscrizioni speciali che il giornale lancia periodicamente nei momenti di maggior difficoltà e solo l’11% entra nelle casse del quotidiano comunista dalla pubblicità.
Anche aumentando le vendite in edicola oppure online, dunque, servirebbe comunque uno sforzo davvero imponente dei lettori per arrivare a colmare la lacuna lasciata dall’eventuale soppressione – ora o in un futuro prossimo – dei finanziamenti pubblici all’editoria. Senza contare, oltretutto, che proprio lo stesso sottosegretario Peluffo ha parlato esplicitamente di una riforma nell’erogazione di contributi adottando come criteri i parametri delle copie effettivamente vendute, dell’effettiva occupazione professionale dei giornalisti e dei poligrafici e degli investimenti della testata nell’online. Tre parametri che, ora come ora, mettono a serio rischio la continuità editoriale del Manifesto.