Ieri è stata una di quelle sere d’estate dove congiunzioni planetarie quinquennali creano un’inspiegabile aura ad alto tasso ferormonico, che va a nozze con l’effetto nudo-sudaticcio imposto dalla stagione.
Così, dopo una giornata di lavoro, sotto un sole targato 40°, e strattonata da due cani da passeggio, incontro nell’ordine:
Il teppista (anche un po’ tamarro)
Uno dei maschi con cui flirtavi da adolescente, quello col fascino e la reputazione da delinquente, che col cervello è rimasto fermo ai 16 anni ma, grazie al cielo, anche col fisico: asciutto, abbronzato, guizzante, tatuato, liscio e tonico. Sodo.
Uno scugnizzo non evoluto, ma assolutamente scopabile.
La temperatura lo autorizza a mostrarsi a petto nudo in giardino, alle prese con le gomme della sua city-bike di ultima generazione, pettinata e tirata a lucido.
Si gira a guardarmi mentre litiga con le valvole dell’aria.
Lo apostrofo: “Brizzi, non sei nemmeno capace di pompare una bicicletta!”
E lui, prontamente: “Sì ma sono capacissimo di pompare te”
Sguardo compiaciuto verso i balconi vicini, alla ricerca di un potenziale pubblico che applauda la prontezza del suo testosterone.
“Fossi in te non ne sarei così convinto” replico fiaccamente, riflettendo sull’elegante abilità di alcuni uomini di saltare a piè pari l’invito a cena.
Il reduce
Ottant’anni, cammina per la strada con la bombola di ossigeno caricata in un trolley: moribondo ma tenace.
Un amico di famiglia, che dopo qualche banale chiacchiera su lavoro e salute, allunga la mano, mi tasta le chiappe e dice: “Orca Eva che culo sodo”.
Sorride con la protesi, godereccio.
Ha fatto la guerra, si vede.
Me ne vado dicendo: “E’ la ciccia bella stagna, caporale!”
Attimi di gioia per lui, ma stavolta sono io a scrutare i balconi intorno per controllare se qualcuno ci ha visto.
Il galante
Parla al telefono in francese, bello come il sole, alto, possente, nero, ben vestito. Potrebbe essere un ivoriano.
Gli passo davanti trascinata dai miei cani, mi fermo a parlare con un paio di signore che si complimentano per il mio libro e si lamentano del tempo.
Lui finisce la telefonata, e poi si muove discreto ai margini della scena.
Attende che io sia sola, mi cammina dietro e mi ferma dicendo: “Volevo solo dirti che sei bellissima, spero di incontrarti ancora, e presto. Io sono Sebastien”.
Se ne va, lasciandomi a gongolare come un’eroina di Jane Austen nelle praterie della Padania.
Il dominante
Mi ferma mentre sto per salire in casa, mi offre una sigaretta.
Lui è un quarantenne piacione con la reputazione del lazzarone sciupa femmine, indefesso.
Benestante, amante dei motori di classe. Estrazione sociale: proletaria.
Dopo avermi fatto chiacchierare amorevolmente, mi porta nel suo box – dove in bella evidenza riposano due auto costose in tutto il loro splendore – e mi riempie una sporta di fagiolini in scatola, passata di pomodoro, marmellate e olio sardo.
Dice: “Tutta questa roba me la portano i miei clienti, io ne ho da vendere”
E poi, compatendomi per la mia scarsa sopportazione del caldo, mi dice: “Settimana prossima ti do le chiavi di casa mia sul piacentino, almeno vai un po’ al fresco. Intanto io devo lavorare.”
Questo è la seduzione più animale e gerarchica del maschio: quello che per farti capire il suo valore di capobranco ti mostra quanto è bravo a procacciarti il cibo e trovarti una dimora adatta alle tue esigenze.
Grandioso.
Avrebbe fatto un lavoro migliore, però, se la borsa da 800 chili piena di vasetti e conserve me l’avesse portata su per le scale, almeno fino allo zerbino dove appare scritto “A desperate housewife lives here”.
Ma non bisogna chiedere troppo, a un maschio dominante soprattutto.