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Mi affaccio alla finestra di Sabato mattina e, mescolati ai colori della frutta e della verdura, noto anche colori in movimento: sgargianti copricostume, improbabili infradito, fasce per capelli e magliette inopportune, delle donne e degli uomini che vanno alla ricerca dell'affare migliore.
Chi è a piedi e chi cerca di infilarsi in bici. Le auto sono distanti, magari a cercar posto sul lungomare, all'avventura.
I colori che si mescolano sono anche le parole di chi compra e chi vende: uno scambio alla pari, che si chiude col sorriso: non un grido, non una gara. Alla fine della giornata ognuno avrà avuto il suo, ciascuno sarà stato contento. E poi arrivederci a sabato prossimo.
Credo che quando scrissero il Cluetrain Manifesto, gli autori avessero in mente poprio questo: trasferire online le dinamiche di piazza in una logica orizzontale che, in ossequio alle più classiche definizioni di Marketing, producessero valore e bene per tutte le parti in causa: chi compra e chi vende, le Persone, i Cittadini. Proprio come le Persone (chi compra frutta e chi la vende) che in questo momento, sotto i miei occhi sorridenti affacciati al balcone, con il loro vociare, mi tengono compagnia.
Marketing is the activity, set of institutions, and processes for creating, communicating, delivering, and exchanging offerings that have value for customers, clients, partners, and society at large.
Così viene definito il Marketing dall'AMA, l'American Marketing Association.
Non riesco a non vedere in questa definizione la Mission Sociale che ogni Impresa dovrebbe avere. E credo si sia abbastanza svegli per capire che la Social Responsibility che tante Aziende sbandierano, nulla ha a che vedere con un'autentica Mission Sociale ed è, in tanti casi, poco più del lavarsi la coscienza raccomandando, col footer in calce all'e-mail, di non stamparne il contenuto.
Muhammad Yunus, il Banchiere dei Poveri, qualche hanno fa ci ha detto che Si Può Fare, si può avere un Mondo senza Povertà, si può avere un'intera economia basata sull'Impresa con Finalità Sociali, ispirandosi a dei principi:
1. L’obiettivo dell’azienda è il superamento della povertà o la risoluzione di uno o più problemi sociali importanti come istruzione, sanità, accesso alle tecnologie, ambiente e non la massimizzazione dei profitti
2. L’azienda deve raggiungere e mantenere l’autosufficienza economica e finanziaria
3. Gli investitori hanno diritto alla sola restituzione del capitale inizialmente investito senza alcun dividendo
4. Quando una quota di capitale viene restituita, i profitti relativi restano di proprietà dell’azienda che li impiega nell’espansione e nel miglioramento della propria attività
5. L’azienda si impegna ad adotttare una linea di condotta sostenibile dal punto di vista ambientale
6. I dipendenti dell’azienda oercepiranno salari allineati alla media di mercato e godranno condizioni di lavoro superiori alla media
7. E’ importante che tutto questo venga fatto con gioia
Fortunatamente in Italia non viviamo la situazione che ha spinto Yunus a sperimentare un tale tipo di impresa ma, mi chiedo, è davvero assurdo immaginare che ogni Impresa lavori solo per risolvere problemi sociali senza rincorrere il profitto? È così difficile riconoscere che, spesso, questa rincorsa produce danni ancora maggiori per la società?
[Che poi, la povertà contemplata da Yunus, non necessariemente e non solo è quella materiale; c'è anche quella di spirito, no?]
Sarò noioso ma come si fa a non riconoscere all'Impresa Editoriale un ruolo Sociale? Come si fa a non vedere che un tale (eventuale) ruolo risulta inesorabilmente distorto dalla rincorsa al profitto? Come si fa ad accettare di finanziare (le modalità sono un dettaglio in questo ragionamento) un'Impresa diversa da quella che si pone come esclusivo obiettivo la risoluzione di una problema sociale?
Come la vogliamo chiamare la deriva politica che abbiamo in Italia, amplificata da tanti mezzi di informazione, se non un problema sociale? Che riguarda tutti?
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