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il metodo autobiografico in carcere

Creato il 21 agosto 2013 da Girolamo Monaco


In
carcere si scrive molto, si scrivono lettere ai familiari e agli
amici, con calligrafie orribili e assurde regole grammaticali,
scrivono tutti i detenuti, e chi non sa scrivere si fa aiutare, si
scrive per per comunicare e per informarsi, si riciclano i
francobolli e si scrive per uscir fuori con la mente e farsi vivi
alle persone di casa, per esprimere sentimenti e dolori, speranze e
delusioni. Si scrive per raccomandare ed avvisare, per chiedere
informazioni sugli amici e sui nemici, per ricevere indicazioni su
come comportarsi, per accettare o rifiutare un compagno di cella: si
scrive sempre, nel bene e nel male, per il bene e per il male.
Ma
partire da questa pratica, che di fatto è una abilità comunicativa
della persona, da questo momento di lettura e scrittura tutto interno
al carcere e al suo sottosistema, abbiamo provato a pensare momenti
di gruppo dove la pratica della scrittura autobiografica potesse in
qualche modo essere socializzata e aiutare la consapevolezza di
ciascuno e potenziare il senso del valore individuale.



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