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Il mio amico barista, i miei vicini e l'immigrazione.

Creato il 21 dicembre 2012 da Laperonza

00000000000000000000000000000000000000000aaaa.jpgSabato scorso mi hanno portato la legna per il caminetto. Una quindicina di quintali di rami nodosi, pesanti, scomodi da trasportare e sporchi. Abitando nel centro storico il camioncino del venditore di legna, con varie contorsioni per arrivare alla meta, mi ha scaricato il suo carico legnoso in mezzo alla strada. Va da sé che c’era da sbrigarsi a togliere il tutto prima che qualche veicolo volesse passare. Io, mia moglie e mio figlio grande ci siamo immediatamente messi all’opera ma è apparso subito chiaro che, da soli, avremmo impiegato almeno un’ora. In nostro soccorso sono venuti due vicini marocchini che, maniche rimboccate, hanno lavorato con noi col massimo impegno finché la strada non fosse sgombra. Hanno preso in cambio un solo grazie senz’altro a pretendere.

Questa è la gente che per prima viene danneggiata, e in maniera gravissima, da loro compatrioti che adottano comportamenti inaccettabili. Purtroppo le cronache riportano innumerevoli gesti criminali aventi come soggetto lo straniero. Ma le cronache non riportano i quotidiani gesti di buona volontà e di sforzo per integrarsi che gente come i miei vicini compie. Non si può fare di tutte le erbe un fascio. C’è il buono e il cattivo dappertutto.

L’integrazione è difficile e lo sforzo maggiore va fatto dagli immigrati, non dal paese ospitante. Molti immigrati questo lo hanno capito e lo sforzo lo compiono con umiltà e con abnegazione. Altri no. La convivenza con lo straniero, specie in certi contesti, è particolarmente difficile ma, quando lo straniero prende coscienza dell’impegno che deve necessariamente applicare per essere accettato in un Paese non suo, essa è possibile e, in qualche modo, arricchisce entrambi. Ma quando lo straniero rinuncia, se non rifiuta, ogni minimo sforzo di integrazione, la convivenza è impossibile e il suo comportamento vanifica lo sforzo di chi, invece, vorrebbe integrarsi.

Il mio amico barista mi ha raccontato dell’aggressione che ha subito da parte di un immigrato che gli ha praticamente distrutto il locale e, soprattutto, ha annientato il suo concetto di convivenza con lo straniero. L’episodio, che evito di raccontare per rispetto verso il mio amico fraterno e verso il lettore che, forse, non ne è così interessato, implica però l'annullamento da parte di un singolo delinquente imbecille di tutto lo sforzo che brave persone compiono per integrarsi. Ma per evitare questo servono regole più precise e certe di quelle che abbiamo.

Serve una legge sull’immigrazione più rigida ma più attenta alle persone. Servono regole per l’ottenimento e il mantenimento del permesso di soggiorno. Serve il controllo su chi il permesso di soggiorno ce l’ha. Serve la verifica dello stato di integrazione dell’immigrato. L’immigrato deve essere cosciente delle necessità dell’integrazione e della subordinazione della sua permanenza in Italia ad essa. E serve la certezza che, quando si sbaglia una volta si può avere una seconda possibilità ma non una terza o una quarta. Un pregiudicato non può aggredire il mio amico barista rischiando di ammazzarlo per poi tornarsene liberamente in giro a far danni. E i danni maggiori li fa ai miei vicini che sono ottime persone.

Luca Craia


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