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Il mio cinema, fra Mussolini, Sordi e Gorbacëv – riflessione finale

Creato il 03 dicembre 2010 da Palotto

Il mio cinema, fra Mussolini, Sordi e Gorbacëv – riflessione finale

“…Oggi le battaglie che vanno fatte sono altre. Più che mai quella contro il capitale. Questo e il lavoro si sono fronteggiati in una guerra durata settant’anni che alla fine ha visto la vittoria del capitale.

Oggi il capitale trionfante si presenta nella sua forma più feroce, libero da quei vin-coli e quelle limitazioni che ne avevano mitigato le pulsioni allo sfruttamento all’indomani del secondo conflitto mondiale, quando su pressione delle lotte del mondo del lavoro, erava-mo riusciti, bene o male, a edificare una società con una serie di diritti e tutele riconosciute.

Con il crollo dell’Urss è venuto meno il polo che per lungo tempo aveva rappresentato – pur con tutti i suoi limiti – un’alternativa al modello capitalista, ma sopratutto un deterrente per il capitale a forzare troppo la mano in Occidente. Il «pericolo» del comunismo ha rappresentato per le classi dominanti occidentali la ragione principale per concedere alle classi subalterne un tenore di vita tale da disinnescare eventuali tentazioni rivoluzionarie.

La Rivoluzione d’Ottobre ha rappresentato uno straordinario sogno di riscatto. Oggi si liquida quell’esperienza storica con troppo semplicismo. Fu un’esperienza grande e terribile. Furono commessi errori, furono consumate tragedie, ma dietro c’era un’idea di umanità nuova che certo non meritava una fine così ingloriosa, per mano di due cialtroni, due piccoli borghesi come Gorbacëv e sua moglie Raissa, con quegli assurdi cappellini. Hanno distrutto una cosa seria per lasciarci un cumulo di macerie.

E adesso ecco com’è il mondo sotto il pieno controllo del capitale. Ci piace questo mondo? È un bel posto dove vivere? Ci vorrebbe un’altra rivoluzione. Ma chi potrebbe farla? Mi dispiace, ma nei giovani di oggi non ho alcuna fiducia. Sono degli imbelli, non amano combattere e tanto meno rischiare, sono pronti a qualsiasi bassezza purché serva a conservare i loro miserabili privilegi.”

Mario Monicelli



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