Riflessioni di Gianni Geraci del gruppo Guado di Milano
Da quando sono tornato non riesco a non ripensare a quello che è successo ad Albano: l'età e l'esperienza dovrebbero avermi vaccinato rispetto a certe emozioni e invece mi sono improvvisamente ritrovato con vent'anni di meno, commosso come quando alla fine degli anni '90 mi commuoveva l'idea che fosse davvero possibile trovare la strada di una autentica «santità omosessuale».
Continuo a ripensare a quello che abbiamo vissuto ad Albano e, tutte le volte, il mio pensiero ritorna alla domanda con cui abbiamo idealmente concluso quell'esperienza, la stessa domanda con cui abbiamo chiuso la parte introduttiva della veglia ecumenica del mattino. «Chi ci separerà dall'amore di Dio?».
Ho allora pensato: «Perché non scegliere questo versetto della lettera ai Romani come versetto guida per le veglie che anche quest'anno, organizzeremo per chiedere a Dio di liberarci dall'omofobia?». Ed è questa la proposta che vi faccio: organizzare le nostre veglie intorno ai versetti conclusivi del capitolo 8 della Lettera ai Romani.
Faccio questa proposta, perché in quei versetti c'è davvero tutto quello che ci serve: dall'esortazione a vincere la paura, al ricordo della nostra fragilità, fino ad arrivare a una delle più belle confessioni di Fede che la scrittura ci propone.
"Chi ci separerà dunque dall'amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Proprio come sta scritto: Per causa tua siamo messi a morte tutto il giorno, siamo trattati come pecore da macello.
Ma in tutte queste cose noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati. Io sono infatti persuaso che né morte né vita, né angeli né principati, né presente né avvenire, né potenze, né altezza né profondità, né alcun'altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore" (Romani 8,35-39)
Mi piacerebbe così ritornare allo spirito con cui è partita questa nuova fase del nostro camminare insieme. Vi ricordate? Un gruppetto di Firenze si era incontrato pochi giorni dopo il suicidio di Matteo, il giovane che si era tolto la vita per gli episodi di bullismo che derivavano dal fatto che i compagni di scuola lo consideravano omosessuale.
Questo gruppetto si è chiesto: «Ma cosa possiamo fare dopo un episodio drammatico e ingiusto come questo?» e hanno deciso di organizzare, il 28 Giugno 2007, una veglia di preghiera per Matteo e per tutti quelli che, come lui, sono vittime dell'omofobia che ci circonda.
Un gruppetto allora ha proposto di pregare per una determinata intenzione e chi condivideva quella stessa intenzione, ha pregato in unità con quel gruppetto di persone, con la stessa fiducia con cui abbiamo seguito la loro intuizione tre anni fa, la stessa fiducia di chi sa che l'essenziale non dipende dalle nostre decisioni, ma dall'amore di Dio che ci accompagna.
Magari le nostre veglie non avranno l'efficacia e le sfumature con cui le abbiamo pensate, magari nessuno le prenderà in considerazione e, almeno in apparenza, lasceranno il tempo che trovano.
Sarebbe un errore però pensare a un fallimento: il piccolo miracolo che ci ha permesso, dopo tanto tempo, di ritrovarci insieme ad Albano a dirci l'un l'altro: «Niente ci potrà mai separare dall'amore di Dio?» è la dimostrazione del fatto che, anche se le persone spesso non ci ascoltano, Dio ha ascoltato la nostra preghiera.
Un abbraccio a tutti.