Informazione Scorretta
Quello che è successo nel primo giorno di votazioni per il Presidente della Repubblica sarà uno degli avvenimenti politici che probabilmente rimarrà alla memoria politica del nostro Paese.
La questione riguarda soprattutto un Partito, il PD e le sue decisioni di voto. Già nei giorni precedenti era chiaro come le fratture interne al partito guidato da Bersani stessero venendo al pettine: la sera prima del voto alcuni grandi elettori avevano già annunciato chiaramente che non avrebbero seguito la linea, e avrebbero votato scheda bianca piuttosto che votare Marini.
Marini, un candidato che in una situazione come questa, caratterizzata dalla (a volte anche poco chiara) voglia di cambiamento, era completamente fuori luogo.
Ed infatti si è palesata in tutta la forza la spaccatura interna al Partito Democratico, con i militanti addirittura scesi in piazza per contestare l’inciucio. Marini quindi non è stato eletto grazie agli stessi non-voti del PD. Come ha fatto Bersani a non accorgersi di quello che stava per accadere?
Quello che non avremo mai chiaro sarà se queste scelte siano frutto di totale incompetenza, totale incapacità di vedere che lo stesso PD sarebbe imploso candidando un Marini, oppure se è stata una scelta voluta, non per distruggere il partito come alcuni hanno detto, ma per guidare le elezioni del Presidente della Repubblica e rilanciarsi con un colpo di scena.
L’appoggio dei militanti, ormai è chiaro, è volatile negli umori, ma rimane saldo in un’Italia dove quella che continua imperterrita è la guerra PD-Berlusconi. Troppi militanti ieri in piazza, non protestavano contro la persona di Marini, bensì contro il tentato accordo con il PdL. Ed ecco che potrebbe in questo campo avvenire il riscatto.
E se la scelta fosse stata quella di stremare opinione pubblica e parlamento con un improbabile Marini, per poi presentare più avanti un altro nome? Magari un Prodi, o come avevamo segnalato in un precedente pezzo, la Bonino (forse a questo punto sbagliando, il professore di Bologna pare in vantaggio)? Lo stesso all’incirca successe nel 1996, dove si dovette arrivare alla quarta votazione per appoggiare un candidato non condiviso da eleggere, e pure nel 1992 Forlani, votato dai grandi elettori DC, fu poi “impallinato” in aula.
Di certo lo scontro interno al Pd lascerà profondi strascichi, con le mille correnti interne che ormai volano sulla carcassa del primo partito italiano: da Sel a Renzi tutti sono pronti a raccogliere le spoglie di questo bacino di voti. Purtroppo in queste guerre di partito a rimetterci sono proprio gli italiani, e i militanti di centro-sinistra, svaluteranno per l’ennesima volta se stessi facendo finta di niente e continuando a votare questa messinscena (lo stesso si dica per quelli del PdL). Specialmente se si procederà ad una forzatura eleggendo un candidato odiato da Berlusconi, saremo di nuovo di fronte allo scontro drogato di personalismo creato ad arte dai due maggiori partiti per la propria sopravvivenza, che porterà ad un periodo di riforme in vista delle prossime elezioni. E il gioco ricomincia.
M. Guinness