di Marco Casùla.
Il mito e la struttura del tempo. Chi può sfuggire alla frusta?
Come ebbe inizio il mondo? Quando inizia il tempo? Lo spazio è sempre esistito? Niente male, direi. Sono queste le domande da cui parte il saggio problematico che ha un titolo affascinante ed evocativo: IL MULINO DI AMLETO di Giorgio di Santillana e Hertha von Dechend, il primo uno storico della scienza, la seconda un’antropologa. E le risposte che ci offrono non sono affatto scontate.
Il presupposto necessario è quello di considerare i nostri antenati di un passato lontanissimo non come barbari urlanti che si dipingevano la faccia di blu ma individui pensanti che dovevano aver avuto più conoscenze di astronomia di quanto non ci facciano pensare i loro usi e la loro organizzazione sociale. Considerando i mezzi che avevano a disposizione, sarebbe ragionevole pensare che fossero dotati quanto meno di menti paragonabili alle nostre e capaci di processi razionali.
L’altra domanda è: come si sarebbe comunicato il sapere, se l’uomo arcaico non possedeva un sistema di segni come la scrittura? Sappiamo ora che ciò non poteva che avvenire non altro che con le immagini e con la memoria. Nell’universo arcaico le cose erano segni e segnature l’una dell’altra.
L’interesse agli eventi celesti, sappiamo ancora, formarono la mente degli uomini prima ancora della storia documentata. Ma poiché non esisteva la scrittura la loro conoscenza ai posteri fu tramandata attraverso il mito, giacché questo costituiva l’unica forma di linguaggio tecnico di allora. In effetti tutto il pensiero arcaico è dominato in senso cosmologico i cui echi sarebbero stati ripresi fin nella tarda filosofia classica. Dall’astronomia i Greci ricavarono la matematica e furono gli scienziati arcaici a creare una terminologia del mito, così come regole e fenomeni cosmici erano rappresentati con il linguaggio del mito.
Allora perché Amleto? E cosa c’entra il suo mulino? La storia di Amleto è di origine vichinga, richiama una leggenda irlandese di tradizione celtica e parallela ad altra molto simile di impronta medio-orientale. Il parallelo finlandese, Amleth, è Kullervo nel poema epico, il Kalevala. La similitudine dei buoi che son fatti girare attorno alla macina è conosciuta in oriente quanto in occidente per rappresentare la sfera celeste immaginata come una macina rotante e il polo nord come la boccola entro cui ruota il ferro del mulino. Septemtriones come i sette buoi da trebbia dell’orsa maggiore, Triones da Terere = triturare, trebbiare, macinare.
Gli abitanti della terra abitata sono i pianeti. Qui il termine terra sta per il piano inclinato passante per l’eclittica per i quattro punti dell’anno: Solstizio d’Estate e d’Inverno ed Equinozio di Primavera e Autunno, i loro punti d’intersezione sono chiamati Nodi cioè il Drago e, nella liturgia della chiesa, sono i Quattor Tempora, le astinenze particolari, ovvero i Quattro Pilastri o i Quattro Angoli della Terra. L’indagine del rapporto tra mito e scienza dunque non può che partire da qui. A quei tempi tanto lontani la realtà fisica non poteva essere analitica in senso cartesiano. L’essere in quanto tale è mutamento, ritmo, un moto irresistibilmente circolare del tempo e la fonte principale del mito non poteva che essere l’astronomia. Aristotele sosteneva che gli dei in origine erano astri. E agli astri sono stati dati i nomi degli dei. Prima del 500 ac l’unica realtà era il tempo, Parmenide non aveva ancora scoperto lo spazio.
È il tempo la misura fissa della rivoluzione del cielo. La separazione dei genitori (evirazione) nel mito di Kronos-Saturno che taglia i genitali di Ouranos, il Padre, e li getta in mare da cui nasce Venere – Afrodite rappresenta l’instaurarsi dell’obliquità dell’eclittica, l’inizio del tempo misurabile.
La teoria di come ebbe inizio il mondo sembra comportare lo spezzarsi di un’armonia, una specie di peccato originale cosmogonico per effetto del quale il cerchio dell’eclittica viene inclinato rispetto all’equatore e dal quale nacquero i cicli del mutamento. I mulino è il cielo, la stella polare ne è il perno. Il sorgere eliaco delle stelle (astronomia delle stelle), la linea dell’orizzonte era il telescopio, la cacciata di Adamo ed Eva dal paradiso terrestre, così come la cacciata degli angeli dal Paradiso.
L’analisi poi si sposta sulla trasmissione delle tradizioni e al recupero di una cultura perduta, o meglio ancora, al recupero dal lontanissimo passato di una scienza interamente perduta.
Altra domanda, qual è il serbatoio dei miti e delle favole ? Alla luce di una chiarezza superiore, dunque, chi può sfuggire alla frusta?
Featured image Amleto di Eugène Delacroix (1843).
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