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8 gennaio.Stamattina sveglia alle 6,20 si parte alla ricerca dei leoni. Ci affidiamo ad un’organizzazione privata (http://www.uganda-carnivores.org/) gestita da un veterinario tedesco, la dritta ce l'hanno data alcuni amici di Luca incontrati a Kampala nei primi giorni. Non li ringrazierò mai abbastanza. Noi usciamo con una guida ugandese, James. Da una quindicina di anni hanno iniziato a posizionare dei radiocollari ai leoni dei questa zona del parco, ad oggi sono dieci gli animali dotati di collare, ognuno dei quali costa 500 dollari circa. La guida inizia la mattina con una raffica di parole, ci spiega i problemi di convivenza tra gli animali e le popolazioni locali, installate qui intorno da secoli per lavorare il sale, che viene estratto da un paio di laghi.
Capita che i leoni uccidano del bestiame (mucche, capre), e la reazione a volte è il loro avvelenamento da parte della gente stessa, che qui vive molto a fatica, perché non si può coltivare nulla. D’altro canto, il leone fa molto meno fatica ad uccidere una mucca che un capra, più piccole, più lente, per nulla aggressive, se paragonate alle sue prede abituali; quindi il rischio è che impari a procurarsi cibo in questo modo, e questo sarebbe un casino. Inoltre la popolazione locale, che in generale sta aumentando (lui dice che l’Uganda è al primo posto per il tasso di incremento demografico) non riceve alcun indennizzo dal governo (con i soldi che quest’ultimo incassa dai permessi per gli ingressi nel parco) e questo complica ulteriormente le cose.
James ha un’antenna con la quale captare i segnali, ogni animale ha una frequenza diversa così lui sa quale animale è più vicino; inoltre l'uscita con questa organizzazione consente l'uscita dalle piste, cosa che è vietata a tutti gli altri. Andiamo nella stessa zona di ieri. James si ferma ed accende lo strumento collegato all’antenna, che fa girare a destra e sinistra.
Facciamo ancora qualche chilometro, poi ci fermiamo di nuovo. Io, Luca e la guida saliamo sul tetto, ed iniziamo a seguire i diversi segnali che captiamo. Quasi subito usciamo dalla pista, l’erba è alta più o meno come il grano da noi prima del taglio, dobbiamo fare attenzione ad evitare le zone con l’erba un po’ più verde perché potrebbero nascondere terra molle, con il pericolo di “piantarci”.
Procediamo per un momento, poi James posa l’antenna e dice “ormai non devo più cercare il segnale, la vedi?” Io naturalmente non vedo una mazza. Ancora un po' di sforzo e ci arrivo anche io, è una leonessa stesa su un termitaio!
Ci avviciniamo, fino ad arrivare a qualche decina di metri. Lei sonnecchia, e non pare disturbata dalla nostra presenza. Stiamo lì fermi con il motore spento, a fare foto e commentare a bassa voce, non si sa mai. Giriamo larghi intorno al termitaio, James comincia a brontolare nei confronti dell’autista, che “è un taxista di città e non sa guidare qui”. Passiamo di nuovo davanti alla leonessa, ma dall’altro lato, riesco a fotografarla meglio. Che figata, se penso all’ammasso di auto e gente di ieri, per poi vedere un attimo un leone a 100/150 metri!
Si ricomincia a fare girare l’antenna, e ripartiamo sempre viaggiando nell’erba, navighiamo in mezzo agli Ugandan Kob, cugini dei caprioli che qui sono a centinaia, un po’ più lontano si vedono anche i bufali, alla nostra destra c’è una zona un po’ più bassa, infatti l’erba è tutta verde; il panorama è bello, ci sono cespugli rotondi della larghezza di una decina di metri, ogni tanto un albero.
Sono tre i maschi che stiamo cercando, James è sicuro di avere captato il segnale di due di loro, mano a mano che ci avviciniamo aumentano i brontolii verso l’autista il quale, come scopriremo dopo, nel frattempo ha paura dei leoni, tiene il finestrino chiuso, poi lo abbassa per ascoltare le nostre indicazioni sulla rotta da seguire, poi lo tira di nuovo su, e dice a Rose “questi leoni non sono mica capre… io ho paura!”. Dopo una lunga navigazione nella savana James ci dice che siamo arrivati, a terra c’è un bufalo morto, ma io non vedo niente. “Dritto davanti a noi!”, dice lui. Io dico che l’ho visto, ma non è vero. Poi lo vedo, anzi li vedo, sono due maschi!! Entrambi si stanno riposando all’ombra di due cespugli. Questa notte hanno ucciso il bufalo, iniziato a mangiarlo, ora sono sazi e respirano a fatica. Siamo a circa 20 metri. Non ci dobbiamo muovere, né parlare forte, che emozione. Non ho nemmeno paura, anche se in teoria…
Al piano di sotto l’autista suda freddo, anche se non fa ancora così caldo, “Ma cosa ci faccio qui, io voglio tornare dai miei bambini...”. James ci racconta che il bufalo non era nemmeno vecchio, come avviene spesso. Quindi ucciderlo non deve essere stato facile, abitualmente uno dei due leoni salta sulla schiena della preda mentre l’altro lo azzanna alla gola. Quando la vittima cade in terra, uno dei due predatori “lo apre” dall’ano, a quel punto fuoriescono le budella ed il gioco è fatto. E così viene sfatato il mito femminista della sola leonessa che procura il cibo per tutti.
Su un albero poco lontano si sono appollaiati due avvoltoi, ma per un paio di giorni ancora non gli sarà permesso partecipare al banchetto. I due leoni alterneranno riposo ed alimentazione, riposo ed alimentazione.
Ci allontaniamo, facciamo un giro lungo e poi torniamo sulla scena di caccia, questa volta siamo ancora più vicini ad uno dei due, chiamato “Papà”, saremo a circa dieci metri. Sento forte l’emozione, ma non ho paura, probabilmente la prima supera la seconda e la nasconde, perché i motivi per cagarmi sotto ci sarebbero tutti.
Decisamente un momento non degno della lega dei prudenti (che infatti mi espelle pochi giorni dopo, vedi QUI). Facciamo ancora qualche foto, James tira fuori un pezzetto di carta e si segna i dati dell’avvistamento. Così, come se fosse al bar davanti ad un birra, e non seduto sul tetto di un minibus a dieci metri da un leone maschio… Stiamo lì fermi qualche minuto, poi ce ne andiamo, passando ancora un attimo a fare visita all’altro leone, che però è più infrattato con la testa dentro al cespuglio, e non ci degna di un solo movimento. In realtà ci spostiamo di poco, giusto il tempo di arrivare in uno spazio relativamente aperto, abbastanza distante dai cespugli, per scendere con calma dal tetto del minibus dove abbiamo passato l’ultima ora.
A quel punto mi rilasso, e diciamo a James che vogliamo tornare, siamo più che soddisfatti così. Incrociamo parecchi minibus, jeep e mezzi vari carichi di turisti che fanno il giro che abbiamo fatto ieri.
Sapendolo prima, è molto meglio risparmiare i soldi del giro normale, perché in questo, oltre a vedere davvero i leoni, si vedono anche tutti gli altri animali, e meglio perché si è nella savana e non confinati sulle strade. Questa organizzazione è davvero strepitosa.PER CONTATTARLI: la loro base è nella penisola di Mweya, cinque minuti sopra l'imbarco per la navigazione sul canale Kazinga. Ludwig Siefert tel +256(0)791779442 -
James Kalyewa tel +256(0)791492245
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