Il mio bar preferito è uno del centro. Esiste da poco più di un secolo, e da allora è rimasto immutato: stesso pavimento, stessi infissi (decisamente non a risparmio energetico), stessi mobili. Stesso meraviglioso bancone in stile Liberty.
Mi piace staccarmi dal computer e immergermi in questo posto incantato.
Fuori dal mondo, eppure esso stesso il mondo: sempre pieno di gente, di voci, di volti sorridenti. Profumo di caffè, di pasticcini, di cioccolata.
Il più delle volte è un caffè toccata e fuga.
Eccezionalmente, stamattina mi sono ritrovata a scambiare quattro parole volanti con un ignoto signore.
Signore: «Lei sa parlare inglese?»
Scribacchina: «Sì, perché?»
Signore: «Gianni, abbiamo trovato la receptionist per il nostro Bed & Breakfast in Sardegna! Lo stipendio è basso, cara fanciulla, ma vedrà che meraviglia: solo un paio d’ore di lavoro al giorno, qualche telefonata e poi potrà mettersi in bikini e andare in spiaggia. Cosa ne dice?»
Scribacchina: «Dico che un lavoro ce l’ho già, signore»
Il gentiluomo strabuzza gli occhi quando gli dico che lavoro dietro l’angolo, nella redazione di XXX.
Signore: «Mi sta prendendo in giro? Mica l’ho mai vista lì… dica: è stata assunta ieri?»
Scribacchina: «No, sono quasi vent’anni che ci lavoro»
Sì, perché il mio ufficio non è la segreteria: noi «tecnici della parola» ce ne stiamo da un’altra parte. Un po’ nascosti, ma ci siamo. Un po’ come il motore di una macchina.
Signore: «Mi perdoni, forse sto diventando cieco. E comunque, sarebbe stato impossibile non vederla»
Sorrido.
Questo signore avrà tra i settanta e gli ottant’anni.
Mi capita ogni giorno di incontrare signori di questa età. E noto con piacere come siano riusciti a conservare, nel tempo, la galanteria, la gentilezza e i modi di fare di un’altra epoca. Uno squisito modo di porsi che, stando a quel che si sente in giro, ormai è sparito.
Sorrido ancora, stavolta con una punta di malinconia.
Ogni giorno, il mio piccolo mondo – fatto di parole stampate, di pagine elettroniche, di bozze da correggere – diventa più vecchio e affaticato. E’ un mondo dove, nonostante il passare degli anni, io sono sempre «la più piccola»; la nipotina da coccolare, forse anche da proteggere.
Anche questo, come il mio bar preferito, è un posto incantato: fuori dal mondo, fuori dalle sue logiche spietate. Incantevolmente umano e, proprio per questo, estremamente fragile. Vorrei avere tanta forza da essere io, per una volta, il pilastro che lo sostiene.