2009: Surrogates di Jonathan Mostow
Una piacevole sorpresa, un mix di azione e fantascienza che non trascura però riflessioni non sempre presenti in questo genere di film.
Parte della critica non è stata tenera (“… un film di anticipazione dal gusto paradossalmente vecchiotto” La Repubblica, “…mediocre regista” City, “…il film rimane incerto sulla strada da seguire, e perde ben presto la possibilità di interessare lo spettatore” Comingsoon). Non mancano però giudizi positivi a cui mi allineo: Giancarlo Zappoli (con cui concordo) ad esempio scrive che la pellicola di Jonathan Mostow “sviluppa due percorsi che procedono narrativamente in modo fluido tenendo viva l’attenzione sia di chi ama il thriller con aspetti fantascientifici sia di chi non disdegna riflessioni sociopolitiche. Perché per un verso abbiamo l’ormai ‘solito’ Bruce Willis, poliziotto pronto ad andare oltre le regole… Dall’altro però possiamo seguire un’azione che si dipana all’interno di un interrogativo che, come sempre accade quando la sci-fi è di qualità, non è poi così distante dalla realtà sociopolitica attuale”.
In un suo articolo, Adriano Ercolani giustamente stigmatizza “il cinema commerciale hollywoodiano va sempre più verso l’utilizzo smodato di effetti speciali e spettacolarità troppo spesso gratuita…”: ebbene, ispirato al graphic novel di Robert Venditti e Brett Weldele, Il mondo dei replicanti non è un semplice giocattolone, tutto adrenalina ed effetti speciali. Si contraddistingue per l’opportuna critica all’esasperato consumismo imperante ed alla sempre più vasta dipendenza tecnologica (tipici del mondo odierno), nonché alla paura sempre più diffusa della vita reale e soprattutto al vero e proprio culto che circonda oggi l’apparire (“corpi avatarizzati, levigati e bellissimi diventano l’unico modo di vivere, una sorta di chirurgia estetica estremizzata e terrificante che rispecchia quello che oggi è l’imperativo non genetico, ma tutto mediatico della società, bellezza e perfezione uguale potere”, Pietro Ferraro).
Il film non è esente da difetti. La parte iniziale desta perplessità nello spettatore che trova difficoltà a comprendere cosa stia accadendo (se la cosa è dovuta a una ben calibrata suspense è naturalmente un pregio, ma se responsabile è un sceneggiatura contorta…). Il mondo dei replicanti rimane comunque un inquietante apologo sulla condizione umana impreziosito da una bella fotografia, da una elegante scenografia, da un sapiente montaggio, da una musica che ben accompagna le varie sequenze senza essere mai invadente, da un ritmo sostenuto ma non esasperato, dalla buona interpretazione di un Bruce Willis sempre convincente in siffatti ruoli e di una Rosamund Pike a cui si dà finalmente modo di mostrare di non essere solo un fisico perfetto ma una attrice talentuosa. Della coprotagonista Radha Mitchell non si può non ripetere il negativo giudizio già espresso per Melinda e Melinda o per Silent Hill.
p.s.
Condivido l’osservazione di Gianluca Arnone che rimprovera a Il mondo dei replicanti di effettuare una “critica politica quanto meno ambigua: nel film chi vuole distruggere le conquiste del capitalismo è colpevole quanto chi le ha prodotte”.
premi e riconoscimenti
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