Il mondo del menestrello

Da Lerigo Onofrio Ligure @LerigoOLigure
Sulla porta c’è un adesivo con il vecchio logo dell’azienda, nessuno lo ha cambiato da anni, entra senza farci troppo caso e si avvicina alla reception. Al bancone c’è una figura mitologica, metà essere umano e metà silicone, si guardano per un momento, poi si presenta – Ciao io son… – – Ah tu nuovo dei computer! – – Eh? – – Io chiamo te collega. – l’italiano della receptionist si confonde con la lingua che parla, dall’imprecazione che arriva sottovoce si comprende che è slava e al terzo numero sbagliato che non è capace a fare il lavoro per cui è pagata. Dopo un paio di minuti, dal seminterrato sale il Collega. Scheletrico, sguardo arrossato, badge e maglietta sdrucita. Partono le presentazioni, si va in ufficio. L’ufficio è qualcosa a metà tra un rigattiere del secolo scorso e una pattumiera, se si esclude l’assenza di finestre, l’odore e le scrivanie invase di desktop sventrati e seviziati è paragonabile a un girone dell’inferno. – Benvenuto! Mettiti comodo c’è un computer per te li, da qualche parte. – Nell’angolo più remoto dello sgabuzzino, una scrivania è ammucchiata contro il muro, la si riconosce perché c’è una sedia. L’operatore si fa strada nella bolgia, scansa le pile di fogli sulla scrivania butta a terra un residuato tecnologico della prima guerra punica e si lascia cadere sulla sedia. Potrebbe essere già finita la giornata per quanto gli riguarda, ma sono solo le otto e tre quarti. Arriva il Capo. Il Capo è un incrocio tra un Romano de Roma e un latin lover di mezza età, sorride, si guarda intorno e dice – Oh rega’! Datela ‘na sistemata però! – L’Operatore se lo guarda cercando di capire cosa voglia dire, ma è già troppo tardi, il Capo è uscito per tornarsene nel suo pulitissimo ufficio con scrivania in mogano finto e fotografie, all’Operatore non rimane che strappare il poster di un film con Keanu Reeves e cominciare a riportare ordine nel caos. Arriva l’ora di pranzo, incurante del caos e il Collega addenta un panino imbottito, lo divora e poi propone un giro per gli uffici. La fauna del luogo è talmente variopinta da far male agli occhi, si parte con BigBalls, occhialuto e dal pizzetto ispido, che saluta, trema e si rifugia alla postazione. Si passa all’Avvocato, incrocio mitologico fra un uomo e la banda bassotti. Il quale non saluta, non ringrazia e non chiama. Per lui chiamano le segretarie, ringraziano le segretarie e salutano le segretarie. Il cui intelletto è pari alla comprensione dell’utilizzo di un computer: una volta strillano contro il monitor, l’altra contro il mouse, minacciano di uccidere l’intero ufficio IT o meditano il suicidio collettivo. In tutti i casi è una strage. Più avanti nel lungo corridoio del primo piano c’è l’Ingegnere, garbato residuato di tempi fastosi, energico, algido e col carisma di un cetaceo spiaggiato, sembra l’unico a guardare negli occhi gli altri quando parla, ma in realtà cerca di capire se la cravatta dell’interlocutore è firmata o meno. Infine c’è il Pupone a tirare le fila dell’azienda, si stropiccia costantemente il naso e ride come uno scemo adocchiando qualsiasi essere di sesso femminile gli si pari davanti senza curarsi di sembrare discreto. Arriva sera, l’Operatore non ci ha capito molto, si alza dalla scrivania riesce a scalare le pile di macerie e guadagna l’uscita. Chiude la porta e voltandosi si ritrova una sconosciuta alle spalle che lo guarda come un lupo affamato guarda una pecora – Ciao. – sibila in modo serpentesco. – C-ciao. – – Sono Vale. – – Eh? – – Mi serve il tuo aiuto. – il tono è quello di un gatto che fa le fusa, gli occhioni spalancati, l’espressione la qualifica come simile delle segretarie. – Io veramente… – – Vieni un attimo. Tanto tu coi computer… – anche se la Vale non sa neanche il suo nome, ha già deciso che l’Operatore ne sa abbastanza. Di sicuro più di lei, ma ci vuole poco. Il problema è un monitor che non si accende. – Vedi? Non funziona. – L’Operatore guarda il display, si china sotto la scrivania e trova il tower che silenzioso aspetta. Paziente si sporge verso il retro del parallelepipedo, controlla che la spina sia infilata alla presa e preme il tasto di accensione. Un bip anima la macchina, lo schermo si illumina con il logo della Energy Star. La Vale saltella felice – Bravo! Che hai fatto? – – Ho acceso il computer. – fa l’operatore indicando il tasto grande come un pollice. – Ah, ma perché non si accende dallo schermo? – pigola Vale stordita. L’Operatore sospira e avviandosi alla porta le augura una buona serata. – Uh, a proposito, benvenuto! Sono sicura che io e te andremo d’accordo! – la voce della segretaria sembra quasi una minaccia, ma l’Operatore le sorride, affrettandosi a uscire, prima che la Vale possa chiamarlo di nuovo.
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