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“Il mondo deve sapere. Romanzo tragicomico di una telefonista precaria” – Michela Murgia

Creato il 17 dicembre 2011 da Temperamente

“Il mondo deve sapere. Romanzo tragicomico di una telefonista precaria” – Michela Murgia«Ho iniziato a lavorare in un call center. Quei lavori disperati che ti vergogni a dire a gli amici».

Lo spirito di questo libercolo senza pretese, esordio di Michela Murgia, sta tutto nell’incipit e può essere meglio compreso se si ha contezza di come esattamente funzioni la mostruosa macchina truffaldina del Kirby, o se si è reduci da un’esperienza lavorativa simile a quella della nostra Camilla/Michela.

Tralasciando il punto di vista con cui ci si approccia a Il mondo deve sapere, si può passare a un’analisi più dettagliata di un libro che è diventato prima fenomeno di culto – assurgendo a testo-verità sul precariato giovanile – e poi ha ispirato Paolo Virzì per la sceneggiatura del fortunato film Tutta la vita davanti. Assai più fedele al romanzo, per inciso, l’opera teatrale di David Emmer, con Teresa Saponangelo.

Di cosa la Murgia racconti è noto: nel gennaio 2006, l’autrice viene assunta nel call center della multinazionale americana Kirby (un aspirapolvere da tremila euro) e apre un blog, dando vita a un diario in presa diretta di un mese vissuto nell’inferno del «telemarchètting».

Questo è apparentemente un libro ‘furbo’. Verrebbe da pensare che Michela Murgia si sia fatta volontariamente assumere nel famigerato call center al fine di stilare un reportage sotto mentite spoglie; ma – come ella stessa dichiara nella postfazione presente nell’edizione ISBN del 2010 – ci è entrata «per vendere aspirapolveri al telefono, proprio come tutte le altre che stavano lì».

Chiarito questo, altri punti lasciano perplesso il lettore che si approccia al libro carico di aspettative.

La definizione di romanzo del sottotitolo è impropria. Anzitutto si crea l’equivoco che il libro, proprio in quanto opera di fantasia, non presenti al suo interno nulla (o quasi) di vero, facendone decadere l’intento accusatorio, magari per paura di ritorsioni legali. L’operazione di conversione non è però ben riuscita, data la struttura in post e i continui riferimenti al blog stesso.

Michela Murgia getta una luce sul mondo dei Co.Co.pro., dei call center, del precariato a tempo indeterminato, ma lo fa con eccessiva superficialità. Non approfondisce tanti degli aspetti legati alle dinamiche lavorative della filosofia malata che guida la Kirby e interrompe il suo racconto troppo bruscamente, senza preavviso e senza una riflessione finale, per non lasciare l’amaro in bocca. Significativa è però la chiusura: «termina [...] il senso di questo scritto work in progress, visto che il work è cessato e il progress è la mia vita che continua, altrove».

Dietro la prosa fintamente banale, con frasi brevi e giustapposte, il racconto si dilata fino all’eccesso, in modo ripetitivo, procedendo a fatica, alternando motti arguti a frasette stantie; tutti elementi che finiscono per adombrare la godibilità e la brillantezza del testo.

Inoltre, Camilla/Michela è perfino irritante: non riesce ad arginare il suo senso di superiorità su tutto e tutti, eccede nella concezione di sé, non mostra mai un attimo di cedimento, di autentica empatia verso i colleghi (vere vittime del sistema Kirby).

Volendo affidare all’autrice un’amara riflessione conclusiva (germoglio di altre più ampie, ma difficilmente affrontabili in questa sede) sul senso di questo libro, interessante ma non memorabile, scelgo questo passaggio, largamente condivisibile e adattabile a situazioni assai simili: «il precariato in questa situazione è la sola cosa che mi dia speranza [...].  L’unico pensiero positivo di questa situazione è che – appunto – è instabile, transitoria».

Angela Pansini

Michela Murgia, Il mondo deve sapere. Romanzo tragicomico di una telefonista precaria, ISBN Edizioni, 144 pp., euro 9,00


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