«Sì, il teatro è crudele, la rappresentazione del mondo o supera in crudeltà la crudeltà stessa della realtà o è soltanto mediocrità di chiacchiere e fallimento di azione.»
Non esiste uno spazio temporale definito, a Euroland i giorni si ammassano veloci, scivolando pesanti uno sull’altro. L’Europa ha perso colore, la guerriglia impera ovunque, le città e i paesi cadono vittime di bande partigiane che non si sa bene da quale parte stiano. Il potere temporale è una cupola d’aria sotto cui solo i cristiani possono respirare, il resto è eresia.
Brendano è monaco a Morimondo, vive di questua e salmi, e non conosce pace. Là fuori, si ripete, c’è la Festa. Non c’è scelta, bisogna andare, conoscere, sperimentare, cercare. In una parola: vivere. Wulferio sarà la festa suprema, vertigine dei sensi e incantamento dell’anima. Leviatano la loro casa. Per le strade si respira odore di morte, la polvere sale densa dalle macerie, la fame uccide chi scampa ai mitragliatori. Si combatte senza tregua, una guerra di nessuno, che di santo ha ben poco. Si riaccendono vecchie supertizioni, i boschi tornano a partotire streghe da bruciare sul rogo, le rappresentazioni sacre attirano il pubblico. Wulferio è teatrante, il più popolare e perseguitato di tutta Euroland. Aldagerio, abate di Conques, mette Brendano sulle sue tracce, incaricandolo di seguirlo, spiarlo e poi infine tradirlo. È sua la testa che la Chiesa reclama con ira.
«Wulferio aveva scoperto l’allegria della spietatezza, la fede a oltranza che mette Dio con le spalle al muro, proprio quando Dio spera che ci si dimentichi di lui… In quel momento decisi che non lo avrei mai tradito.»
La missione di Brendano ha inizio in un parcheggio, dove una distesa di camion attende l’arrivo del dio carburante, dispensatore di vita. Leviathan, un vecchio camion telonato, è la dimora di Wulferio e della sua compagnia di teatranti. L’Imperatore, Tempestaria, Artaldo e Brendano si mettono in viaggio per Gandersheim, alla ricerca di un incontro con Horoswita, badessa del convento, autrice dei testi che Wulferio tanto desidera rappresentare. Perché quello che conta non è la parola, ma la sua rappresentazione, tanto più vera quanto più cruenta.
Brendando ci racconta, in questo suo diario che è fedele racconto dei fatti, di rappresentazioni tanto veritiere da valicare il confine della realtà stessa, corpi nudi offerti agli occhi avidi e lussuriosi di un pubblico spesso grezzo, incattivito dalla guerra. Il sangue che scende sulla schiena morbida di Sacuntala non è finzione, la verginità di Maria si rinnova dopo ogni stupro. Tempestaria chiama la pioggia dal fondo di un catino pieno d’acqua, invoca la neve per purificare il corpo dell’amato Wulferio, riportandolo alla purezza, prima che un’altra rappresentazione vada in scena. C’è violenza nelle pagine raccolte da Brendano, nei suoi appunti precisi, nel suo osservare Wulferio dall’angolo di una stanza di cui lui non raggiunge mai il centro. Conosce il latino Brendano, e questo gli garantisce la vicinanza con il grande teatrante. C’è il martirio, in ogni sua forma, narrato, dipinto, scolpito, scritto, rappresentato e, infine, compiuto.
«Dio è la nostaglia che abbiamo di lui, è questa necessità di distruggerlo per poterlo ritrovare… Tutto il divenire è dolore… L’enigma ci viene continuamente riproposto… Negare l’enigma è negare la vita… tutto è dolore e tutto è un aspetto dell’enigma. Tutto è impregnato della stessa nostalgia…»
La vita umana è solo una rappresentazione, messa in scena per compiacere un unico spettatore supremo: Dio. È per questo che Wulferio lo rende sempre partecipe delle sue rappresentazioni, collocandolo nel punto più alto della scenografia, vigile e attento a cogliere quello che si compie sotto ai suoi occhi. Fino all’ultima, la sola a cui Dio non assiste.
Il mondo è rappresentazione è la prova di un grande scrittore, Ferruccio Parazzoli, che ha messo in scena per noi, i suoi lettori, il viaggio impervio dell’animo umano, dilaniato tra fede e scetticismo. Non è possibile, terminata la lettura, ignorare il tarlo che si insinua nella mente, che cresce pagina dopo pagina fino a non poterlo più mettere a tacere. E se l’uomo fosse davvero l’attore di una rappresentazione divina, inconsapevole protagonista di un disegno supremo e irraggiungibile?
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