Fine del mondo, fine di un mondo: se a crollare è il tuo mondo – abitudini, vita, nazione, tradizioni, panorama, orizzonte, speranze – la seconda vale quanto la prima perché quando il proprio mondo finisce allora finisce tutto. E sono cose che il cinema sa raccontare benissimo.
Chevet in francese significa più o meno comodino. Le livre de chevet si tiene sul comodino per per sfogliarlo, rileggerlo, accarezzarlo. Come i libri, i film de chevet si amano, si guardano, si sfogliano, si accarezzano, si portano sempre con sé. Recuperate i vecchi film perché parlano di voi, oggi.In viaggio con 11 film de chevet
Meritiamo il lieto fine in 11 film de chevet
Il ritorno di 11 film de chevet
11 film de chevet carichi di speranzaCornuti e traditori in 11 film de chevet
Catastrofi, cataclismi, invasioni aliene, maledizioni … le immagini del cinema sono spesso state in grado di trasformare l’apocalisse in un grande spettacolo.
Ci sono fini del mondo inspiegabili (Last nigth), per colpa dell’uomo (Io sono leggenda), per colpa degli alieni (Ultimatum alla terra) o proprio per colpa nostra (La 25ª ora), delle nostre paure, della nostra autodistruzione (Fino alla fine del mondo).
Poi ci sono le fini dei nostri mondi, del nostro paese che forse non è mai esistito (Underground), di un’età spensierata (Fandango), di un amore (Una donna tutta sola), di uno stato d’animo (Melancholia) , di un’ideologia (Le invasioni barbariche), di un’epoca (Radio America). Per raccontare queste cose il cinema è davvero speciale.
Per prepararvi all’evento gustatevi il catastrofico “2012″ di Roland Emmerich ma non tralasciate le altre 10 fini del mondo : 11 film che vi colpiranno fino in fondo.
Sta fine del mondo è una figata incredibile!
“2012″ di Roland Emmerich
Con John Cusack, Chiwetel Ejiofor, Amanda Peet, Oliver Platt, Thandie Newton
“Indovina un po’? vendono i biglietti” “Allora prendimene tre” “No, non hai capito, per la gente come te non c’è speranza dovresti essere un Bill Gates o un Rupert Murdoch o un magnate russo”
Pensato quasi come un instant movie quando nel 2009 si diffuse la voce della profezia apocalittica dei Maya, “2012″ racconta la fine del mondo prevista per il 21/12/2012. E non poteva essere fatto un film migliore.
Inizia quando nel 2009 un oscuro geologo indiano chiama il suo amico consulente della Casa Bianca per mostrargli le sue terribili scoperte: mai vista tanta attività solare, i neutrini provocano reazioni fisiche (i neutrini provocano reazioni fisiche? ma cosa vuol dire?) … la crosta terrestre si sgretolerà. In pratica una superscazzola o per dirla in termini cinematografici il classico Mc Guffin hitchcockiano che prevede che non sia necessario che l’evento che dà il là al film sia verosimile. Qui non ci si prova neanche a dare una spiegazione credibile agli eventi che si stanno per verificare e se accettiamo la possibilità di una fine del mondo prevedibile scientificamente 3 anni prima allora possiamo credere a tutto.
I potenti del mondo organizzano un piano di salvataggio con gigantesche arche supertecnologiche che prevedono il salvataggio dei politici, dei miliardari (il prezzo del biglietto è di un miliardo di euro a persona) e di qualcuno che si pensa possa tornare utile. Un darwinismo burocratico capitalistico portato all’estremo.
Il film è altamente spettacolare e non ci si fa mancare niente, tutto quello che potete desiderare da una fine del mondo c’è. Fughe in auto più veloci di un terremoto. Gimcane in aereo tra grattacieli che crollano. Intere città esplose o risucchiate dalla terra (comprese Washington e Città del Vaticano). Montagne che si alzano o sprofondano, pianure che si aprono, onde alte 8 chilometri che travolgono addirittura l’Everest. Il tutto con effetti che lasciano a bocca aperta nella loro perfezione realistica. Non c’è niente da dire Roland Emmerich (“Indipendence Day”, “Godzilla”, “The day after tomorrow – L’alba del giorno dopo”) che aveva esordito nel 1984 proprio con un film intitolato “1997, il principio dell’Arca di Noé” è un maestro del genere catastrofico e sa girare i disastri come pochi.
Quello che manca quasi completamente è una storia da seguire. Gli eventi si susseguono in maniera prevedibile e i personaggi sono poco più che retoriche macchiette. La star è John Cusack che interpreta il ruolo della persona (anche meno di) normale con famiglia disgregata che nella catastrofe trova il riscatto. Ma quello che succede è talmente poco credibile da impedire qualsiasi empatia col personaggio. Tra l’altro Cusack ha la stessa voce del re dei lemuri di Madagascar mandando a quel paese quel minimo di pathos che restava.
Ma questo non ci importa perché questo film è proprio la fine del mondo che vogliamo vedere. Pulita, asettica, divertente, perfetta, in qualche modo rassicurante.
Muoiono miliardi di persone ma quasi non ce ne accorgiamo e quindi figuriamoci se possiamo preoccuparci per loro.
Quando ci viene detto che oltre all’eroico presidente degli Stati Uniti l’unico capo di stato che rinunzia al suo privilegio per morire pregando per il suo popolo è proprio quello italiano allora siamo proprio sicuri: questo film non può avere un legame con la realtà.
Da vedere dopo aver riempito il sacco dei regali di Babbo Natale per i bambini (quindi dopo il 21/12/2012)
Tutte le altre fini del mondo
In Grey’s Anatomy fare shopping è più comodo anche perché quando arriva la fine del mondo il parcheggio selvaggio diventa la normalità
(Un’apocalisse prevista e inspiegabile, ma che arriva per davvero. E bisognerà organizzarsi.)
Last night di Don McKellar (Canada, 1998). Con Don McKellar, Sandra Oh, David Cronenberg
“Adesso la gente dice sempre ‘I bambini, poveri bambini …’ ma loro non hanno vissuto, dato la vita ai propri figli, guardato i loro amici morire. Io ho investito 80 anni in questa vita. I bambino non sapranno mai cosa si sono perduti”
Da vedere solo dopo aver fatto una cosa che abbiamo sempre desiderato fare ma che abbiamo sempre procrastinato perché tanto c’era tempo.
(La fine del mondo che viene da un altro mondo)
Fate in modo di non meritarvela la fine del mondo che questo non è mica uno dei Rockets
Ultimatum alla terra (The day the Earth stood still) di Robert Wise (USA, 1958). Con Michael Rennie, Hellen Benson, Tom Stevens.
«Klaatu, Barada, Nikto!»
Da vedere dopo aver dato un ultimatum a chi se lo merita
(La fine di un’età che è quella della propria gioventù. La fine di un’epoca e di un’idea di vita.)
…e poi a un certo punto devi lasciarti tutto alle spalle anche se non lo avresti mai voluto
Fandango di Kevin Reynolds, USA 1985. Con Kevin Kostner,
“A quello che siamo, a quello che eravamo … e a quello che saremo”
Da vedere dopo essersi buttati il passato alle spalle, con un brindisi
(fine delle grandi ideologie )
Cheese … moriremo tutti, ma tanto non abbiamo fatto nulla di buono … Cheese
Le invasioni barbariche (Les invasions barbares) di Denys Arcand, 2003, con Remy Girard, Dominique Michel, Stéphane Rousseau, Dorothée Berryman, Louise Portal
“Siamo stati tutto e il contrario di tutto”
Da vedere in riva a un lago in compagnia di amici, parenti, il vostro psicoterapeuta e una cassa di Barolo.
Dopo la fine del mondo i cappelli da cow boy saranno solo un bel ricordo
(fine naturale di un mondo, che si esaurisce con dolcezza e senza rimpianti, senza pessimismo, lasciando posto a un mondo nuovo)
Radio America (A Prairie Home Companion) di Robert Altman, 2006, con Garrison Keillor, Kevin Kline, Meryl Streep, Lily Tomlin, Lindsay Lohan, Woody Harrelson, Tommy Lee Jones, Virginia Madsen, John C. Reilly
“Non ci si deve disperare di fronte alla morte di un uomo vecchio”
Da vedere stringendo in grembo una radio a transistor – quella sì che scaldava il cuore, mica le app!
Una serata al bancone di un bar e la vita riparte (fino alla prossima fine del mondo)
(fine del matrimonio vissuta come catastrofica fine della vita, e che invece si tramuta nell’inizio di una diversa e migliore)
Una donna tutta sola (An Unmarried Woman) di Paul Mazursky, 1978, con Jill Clayburgh, Alan Bates, Michael Murphy
“Ho dormito con un solo uomo negli ultimi diciassette anni.”
Da vedere insieme a tutte le amiche single di ritorno.
(fine di un paese che “forse non è mai esistito”, dice Kusturica)
Il paese è alla deriva … Fiato alle trombe!
Underground (Podzemlje) di Emir Kusturica, 1995, con Miki Manojlovic, Lazar Ristovski, Miriana Jokovic, Slavko Stimac
“Con dolore, con tristezza e con gioia ricorderemo la nostra terra, quando racconteremo ai nostri figli storie che cominciano come le fiabe: C’era una volta un paese…”
Da vedere in un seminterrato, seduti su una cassa di fucili.
(pandemia di morbillo geneticamente modificato, quindi, no extraterrestri, ma responsabilità terrestri: filone sopravvivenza alla fine del mondo, il filone più agghiacciante, qui finale di speranza, ma io non ci credo proprio: it ain’t over ’til it’s over)
Io sono leggenda (I Am Legend) di Francis Lawrence, 2007, con Will Smith, Alice Braga, Salli Richardson, Willow Smith
Dopo la fine del mondo non sarà più necessario portarsi il sacchetto per la cacca del cane
“Non è stato Dio a fare questo, siamo stati noi…”
“Se ci siete, se c’è qualcuno da qualche parte, posso offrire cibo, posso offrire riparo, posso offrire protezione. Se c’è qualcuno, chiunque sia, ti prego non sei solo.”
Da vedere con la mascherina per non contrarre un virus geneticamente modificato.
(Paura dell’apocalisse autodistruttiva dell’uomo, dominio della tecnologia, richiamo consistente al rispetto per la natura, del resto si aprivano gli anni Novanta)
E’ normale che la fine del mondo lasci un po’ spaesati
Fino alla fine del mondo (Bis ans Ende der Welt) di Wim Wenders, 1991, con William Hurt, Solvejg Dommartin, Sam Neill, Max Von Sidow, Jeanne Moreau
“Divennero tutti come dei drogati: vivevano per vedere i loro sogni, e quando dormivano sognavano i loro sogni.”
Da vedere a bordo di una stazione spaziale da cui si monitorano gli oceani.
(La fine di dentro, la fine di fuori, la fine contagiosa, la fine scambiata)
Il film è bellissimo. Non basta l’ego di Lars Von Trier a causare la fine del mondo
Melancholia di Lars Von Trier, 2011. Con Kirsten Dunst, Charlotte Gainsburg, Kiefer Sunderland, Charlotte Rampling.
“La terra è malvagia, non c’è bisogno di addolorarsi per lei. Nessuno sentirà la sua mancanza”
Da vedere sotto la minaccia incombente di una depressione cosmica
Buonanotte amore, il mio mondo è finito, dimenticati di me. Ciao!
(La fine dei propri agi, dei propri amori, della propria faccia, della propria città, della propria vita disgraziata. La resa dei conti con le proprie scelte)
La 25ª ora (25th hour) di Spike Lee (USA, 2002). Con Edward Norton, Phillip Seymour Hoffman, Barry Pepper, Rosario Dawson.
“Affanculo io? Vacci tu! Tu e tutta questa merda di città e di chi ci abita.
In culo ai mendicanti che mi chiedono soldi e che mi ridono alle spalle.
In culo ai lavavetri che mi sporcano il vetro pulito della macchina.
In culo ai Sikh e ai Pakistani, che vanno per le strade a palla con i loro taxi decrepiti! Puzzano di curry da tutti i pori; mi mandano in paranoia le narici! Aspiranti terroristi, e rallentate, cazzo!
In culo ai ragazzi di Chelsea, con il torace depilato e i bicipiti pompati, che se lo succhiano a vicenda nei miei parchi e te lo sbattono in faccia sul Gay Channel.
In culo ai bottegai Coreani, con le loro piramidi di frutta troppo cara, con i loro fiori avvolti nella plastica: sono qui da 10 anni e non sanno ancora mettere due parole insieme.
In culo ai Russi di Brighton Beach, mafiosi e violenti, seduti nei bar a sorseggiare il loro the con una zolletta di zucchero tra i denti; rubano, imbrogliano e cospirano. Tornatevene da dove cazzo siete venuti!
Mandare il mondo affanculo davanti allo specchio è tanto liberatorio, ma quello se ne frega e finisce lo stesso
In culo agli Ebrei Ortodossi, che vanno su e giù per la 47a nei loro soprabiti imbiancati di forfora a vendere diamanti del Sudafrica dell’apartheid.
In culo agli agenti di borsa di Wall Street, che pensano di essere i padroni dell’universo; quei figli di puttana si sentono come Michael Douglas/Gordon Gekko[1] e pensano a nuovi modi per derubare la povera gente che lavora. Sbattete dentro quegli stronzi della Enron a marcire per tutta la vita!!! E Bush e Cheney non sapevano niente di quel casino?! Ma fatemi il cazzo di piacere! In culo alla Tyco, alla ImClone, all’Adelphia, alla WorldCom…
In culo ai Portoricani: venti in una macchina, e fanno crescere le spese dell’assistenza sociale. E non fatemi parlare di quei pipponi dei Dominicani: al loro confronto i Portoricani sono proprio dei fenomeni.
In culo agli italiani di Benson Hurst con i loro capelli impomatati, le loro tute di nylon, le loro medagliette di Sant’Antonio, che agitano la loro mazza da baseball firmata Jason Giambi, sperando in un’audizione per I Soprano.
In culo alle signore dell’Upper East Side, con i loro foulard di Hermès e i loro carciofi di Balducci da 50 dollari: con le loro facce pompate di silicone e truccate, laccate e liftate. Non riuscite a ingannare nessuno, vecchie befane!
In culo ai negri di Harlem. Non passano mai la palla, non vogliono giocare in difesa, fanno cinque passi per arrivare sotto canestro, poi si girano e danno la colpa al razzismo dei bianchi. La schiavitù è finita centotrentasette anni fa. E muovete le chiappe, è ora!
In culo ai poliziotti corrotti che impalano i poveri cristi e li crivellano con quarantuno proiettili, nascosti dietro il loro muro di omertà. Avete tradito la nostra fiducia!
In culo ai preti che mettono le mani nei pantaloni di bambini innocenti. In culo alla Chiesa che li protegge, non liberandoci dal male. E dato che ci siamo, ci metto anche Gesù Cristo. Se l’è cavata con poco: un giorno sulla croce, un weekend all’inferno, e poi gli alleluia degli angeli per il resto dell’eternità. Provi a passare sette anni nel carcere di Otisville.
In culo a Osama Bin Laden, a Al Qaeda e a quei cavernicoli retrogradi dei fondamentalisti di tutto il mondo. In nome delle migliaia di innocenti assassinati, vi auguro di passare il resto dell’eternità con le vostre settantadue puttane ad arrostire a fuoco lento all’inferno. Stronzi cammellieri con l’asciugamano in testa, baciate le mie nobili palle irlandesi!
Puoi farti una faccia nuova, ma la 25ma ora non esiste
In culo a Jackob Elinsky, lamentoso e scontento. In culo a Francis Slaughtery, il mio migliore amico, che mi giudica con gli occhi incollati sulle chiappe della mia ragazza. In culo a Naturelle Riviera: le ho dato la mia fiducia e mi ha pugnalato alla schiena, mi ha venduto alla polizia, maledetta puttana!
In culo a mio padre, con il suo insanabile dolore, che beve acqua minerale dietro il banco del suo bar, vendendo whisky ai pompieri inneggiando ai Bronx Bombers.
In culo a questa città e a chi ci abita. Dalle casette a schiera di Astoria agli attici di Park Avenue, dalle case popolari del Bronx ai loft di Soho, dai palazzoni di Alphabet City alle case di pietra di Park Slope e a quelle a due piani di Staten Island. Che un terremoto la faccia crollare, che gli incendi la distruggano, che bruci fino a diventare cenere, e che le acque si sollevino e sommergano questa fogna infestata dai topi.
No… No, in culo a te, Montgomery Brogan. Avevi tutto e l’hai buttato via, brutto testa di cazzo!”
Da vedere dopo aver mandato affanculo il mondo intero, e soprattutto voi stessi