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Il Montipanettone di Natale

Creato il 22 dicembre 2012 da Albertocapece

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Anna Lombroso per il Simplicissimus

“Se si candida è sleale. Anche un impegno indiretto sarebbe uno schiaffo ai cittadini”. mi pare che di schiaffi da Monti e dai suoi alleati ne abbiamo presi abbastanza e oggi l’unico atto davvero onesto nei confronti della nazione sarebbe una concorde, condivisa e veloce rinuncia a s endere e/o a ridiscendere in campo, per usare una delle formule più dannose per la democrazia e l’interesse generale. Eh si, mentre Vendola dal recinto dove sublima visioni epiche in accordi elettorali, discettava di fedeltà, mentre Bersani, svegliato da un incubo dopo il successo mediatico delle primarie e dopo aver ottenuto udienza ai vertici dell’Europa, parlava di opportunità, mentre Berlusconi si crogiolava nella festosa condizione di Sansone col parrucchino, nella serena certezza di aver comunque fatto un servizio ai suoi interessi personali e insieme alla destra, e mentre Monti si faceva due conti in attesa degli ordini da fuori – che non gli è bastato l’endorsement in suo favore alla convention aziendale del Ppe, come neppure gli elogi del padronato globale – si votava in Senato il pareggio di bilancio, prezzo non solo simbolico della resa del paese ridotto a ostaggio, a carne da cannone, in imperitura schiavitù.

Cerchiobottismo è un neologismo orrendo quanto quelli che lo praticano, così malgrado bizze, sussurri, malcontenti e esternazioni, tutti concordi intorno alla difesa del loro “posto” e delle loro rendite e posizioni, tutti compatti intorno al sogno di una cosa, che è poi la permanenza al potere, in cambio di un po’ di aroma di tobin tax, di esonero dalle regole, chiamato semplificazione, di un’agenda digitale che ha ancora meno contenuti di quella di Monti, si sono portati a casa l’intangibilità di privilegi e il più neghittoso e infame patto per la rinuncia alla sovranità statale stretto con la cupola sovranazionale.
Al tempo stesso si consumava un altro oltraggio alle regole democratiche: un presidente intento alle acrobazie tra grazia e perdono, agli equilibrismi tra condanna alla galera e condanna alla Santanchè, sanciva la flessibilità – secondo l’ideologia di regime – anche dimostrativa perfino della Costituzione accettando le dimissioni di un presidente del Consiglio “nominato” e “sollevato” in totale disprezzo delle norme.

Non so a voi ma a me monta dentro una sdegnata e incollerita nausea quando sento questi attrezzi consumati parlare di lealtà, dopo che hanno ammesso con parole ed atti di non voler governare senza badante, dopo che hanno rivendicato la continuità con le politiche di Monti su pensioni, sanità, mercato del lavoro, art. 18 e quindi con i patti stretti da Berlusconi e Tremonti, dopo la dichiarata abdicazione a rappresentare gli interessi dei lavoratori e e l’abiura a praticare qualche azione di disturbo dei settori sociali di destra con base proprietaria, e per questo determinati a promuovere la crescita se proprio si deve, purché se ne scarichino i costi esclusivamente sui ceti deboli. E dopo aver dismesso ogni senso di responsabilità, inalberando magari la bandiera anti-tedesca, quella contro i complotti della finanza, per far passare in un clima da “salvezza della patria” misure ancora più dure e forse nuove probabili manovre, che non potranno risparmiare a quel punto neanche i ceti medi.

Giorni fa il “corriere della Sera” si chiedeva : “C’è un’Italia dietro Mario Monti?”, si chiedeva non a caso il Corsera di qualche giorno fa. Che Monti sia un simulacro, uno spauracchio minaccioso come quelli delle processioni di paese, che sia invece un catalizzatore dei ceti proprietari e dei poteri forti, che incarni una specie di spread mediatico che urla che se hai paura del ritorno del boss di Arcore, devi piegarti a chi ci ha reso rispettabili in Europa, comunque quello che rappresenta uscirà vincitore, grazi a un centro-sinistra vittorioso ma indebolito, dall’esterno e dall’interno, costretto dai fatti e dalla sua inconsistenza politica a riconsegnarsi a quella raffazzonata lista della spesa che è l’agenda Monti, ancora più ispirata e condizionata dallo spostamento meccanico della bolla sui debiti sovrani, favorito dal fiscal compact e dal pareggio di bilancio.
Se quelli che ogni tanto dicono di sentir profumo di sinistra, se chi fa del pragmatismo una bandiera, sentenzierà che in politica – Lenin insegna – è necessario fare del compromesso un esercizio inevitabile, se non un’arte, è meglio rispondergli con Lenin: “Un uomo politico deve saper distinguere i casi concreti di quei compromessi che sono inammissibili e dirigere tutta la forza della critica contro questi compromessi concreti…”.

E allo stesso modo bisogna distinguere tra misure impopolari, perché difficili e osteggiate – ma a me non ne viene in mente nessuna – prese per il bene del popolo e misure “commesse” contro e a danno del popolo.
A proposito di candore, poco mancava che l’impudente presidente del consiglio ringraziasse noi disgraziati e la stessa crisi per avergli regalato dei mesi affascinanti: c’è da temere che la sua letterina a Babbo Natale invochi altri baratri, altri stenti necessari, altre emergenze che confermino la sua ineluttabilità, la sua insostituibilità, la sua provvidenzialità. Non ci resta che sperare che affidi la missiva alle poste modernizzare da Passera, non ci resta che sperare nel carbone della Befana. Non ci resta che sperare che sebbene frastornati, sebbene immiseriti, sebbene provati dalle minacce e dai ricatti, non gli facciamo mangiare più il panettone né oggi, né domani, né mai più, che non abbiano mai più Natale.


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